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Questione dei confini regionali - Wikipedia

Questione dei confini regionali

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Con l'espressione questione dei confini regionali si intende quell'eterogeneo fenomeno politico contemporaneo che scaturisce in Italia dalla richiesta di determinate comunità di ottenere il distacco da una regione e la relativa aggregazione all'altra. In tale fenomeno sono coinvolti tanto gli enti territoriali minori, quali i Comuni e le Province, quanto quelli superiori, quali le Regioni e lo Stato, poiché la Costituzione ne prevede l’intervento. Caratteristica fondamentale di questa realtà sono i Movimenti popolari. Sorgono spontanei, disomogenei e disarticolati nel territorio nazionale. Le motivazioni alla base della richiesta di cambiare regione di appartenenza sono spesso diverse, e non è delineabile una motivazione unificante che semplifichi la questione. Alcuni movimenti o gli stessi Comuni sono mossi da ragioni etniche, linguistiche o culturali, altri da ragioni economiche e geo-amministrative (collocazione migliore per una qualità di servizi pubblici migliori), altri ancora da ragioni politiche (abbandono da parte dell'ente regionale o provinciale), senza dimenticare quei comuni che per evitare la costruzione, ad esempio, di discariche, minacciano di andarsene. Tale fenomeno presenta comunque un elemento comune: i movimenti che lo caratterizzano sono formati da liberi cittadini e non sono riconducibili a nessun partito politico. Al contrario, quasi nella totalità, essi sono, di fatto, osteggiati dalle formazioni politiche tradizionali.

Indice

[modifica] Regioni interessate

Questo fenomeno interessa diverse regioni della Repubblica Italiana. Attualmente sono coinvolte le Regioni Valle d'Aosta, Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Campania, Basilicata e Puglia. Va rilevato che anche in altre Regioni il dibattito sta prendendo piede.

[modifica] Storia

Essendo una realtà eterogenea, che assume caratteri determinati e particolari a seconda delle aree in cui sorge, è difficile contestualizzare tale fenomeno in uno schema storico unitario. Sicuramente il punto iniziale va collocato nella Costituzione italiana del 1948. Grazie ad essa, in particolare, l’articolo 132, nonché la disposizione transitoria XI, è prevista la possibilità di variare l’assetto territoriale degli enti regionali. Il primo caso fu quello molisano, per il quale fu utilizzata la procedura prevista dalla Disposizione Transitoria XI, integrata da una legge costituzionale di deroga con cui si prorogava di altri cinque anni l’efficacia della norma (essendo già passati i cinque anni prescritti dall’entrata in vigore della Costituzione, ne sarebbe stata preclusa l’applicazione). Così si istituì, il 27 dicembre del 1963, la Regione Molise, distaccata dalla Regione Abruzzo. Negli anni successivi (fine anni sessanta) si rileva solamente il caso di Pordenone. Riunificato ciò che rimaneva della provincia di Trieste, si procedette all’istituzione della Regione Friuli-Venezia Giulia. Nel dibattito intorno alla regione istituenda, emerse la richiesta del Friuli Occidentale di costituirsi in una provincia distinta da quella di Udine. In tale progetto i sostenitori della nuova provincia, primo fra tutti il Comune di Pordenone, cercarono di coinvolgere anche i Comuni del Mandamento di Portogruaro, collocati nella Regione confinante del Veneto. Tale territorio era stato, infatti, parte integrante del Friuli per più di mille anni: la sua collocazione era stata cambiata in diverse tornate, per opera di Napoleone, dal 1806 al 1810. Per ragioni di celerità il Parlamento preferì istituire nel 1963 la Regione Friuli-Venezia Giulia senza affrontare il problema pordenonese e portogruarese, anche perché non era stata ancora disciplinata in dettaglio la procedura di distacco-aggregazione prescritta dalla Costituzione.

[modifica] Anni '90

È dal 1989 che inizia a prendere forma in maniera sostanziale la Questione dei Confini regionali. Si cominciò dal Portogruarese, zona di tradizione e lingua friulana, dove sorsero i primi comitati popolari che chiedevano l’aggregazione al Friuli Venezia Giulia: fenomeno evidentemente legato al problema parzialmente irrisolto della provincia di Pordenone (istituita seguitamente alla Regione Friuli, senza che ad essa venisse, però, aggregato il portogruarese). Fu poi interessata l’area dolomitica veneta, dove Cortina d'Ampezzo e i Comuni ladini confinanti rivendicavano la riunificazione alla provincia di Bolzano, da cui erano stati staccati durante l’epoca fascista. Seguirono i Comuni “ferraresi” che erano però compresi nel Veneto (tra questi il Comune di Occhiobello). Fu la volta dei comuni romagnoli della Valmarecchia nelle Marche e dei Comuni (alcuni di essi francofoni), che dal Piemonte tendevano verso la Valle d’Aosta. Tra il Piemonte e la Liguria si proponevano reciprocamente sia movimenti politici liguri favorevoli all’aggregazione al Piemonte, che viceversa, tra questi ultimi vanno menzionati i comuni dell'Oltregiogo passati alla provincia di Alessandria nel 1860.

Altra zona calda era quella tra Liguria e Toscana: si proponeva una attrazione tra le province della Spezia e di Massa Carrara. E sempre in Toscana, Comuni interessati da movimenti popolari favorevoli all’aggregazione all’Emilia-Romagna (è il caso di Firenzuola). Altro polo attrattivo era rappresentato dal Molise, dove dalle aree circostanti sia campane che pugliesi si levava l’interesse all’aggregazione alla regione molisana. Sorsero interessanti progetti, alcuni tesi a rifondare la Regione Molise, trasformandola nella Regione del Molisannio. Nel progetto era coinvolta la provincia sannita di Benevento. Tale nuova prospettiva non trovò, però, un valido riscontro politico. Al momento c'è chi spera ad una riaggregazione del Molise alla regione Abruzzo, voluta anche per risparmiare sui costi delle due giunte regionali, oltreché al fatto che i molisani e gli abruzzesi hanno la stessa storia e le stesse tradizioni. Sempre riguardo all'Abruzzo, vi è chi auspica un ritorno alla provincia de L'Aquila dei comuni che nel 1927 furono ceduti per la costituzione della provincia di Rieti. Molti abitanti di detti comuni si sentono ancora abruzzesi. Si ricorda inoltre il comune perugino di Monte Santa Maria Tiberina, per secoli aggregato ad Arezzo, nonché i comuni della Romagna Toscana attualmente in provincia di Forlì-Cesena, ma secolarmente legati alla Toscana e a Firenze, benché di tradizione romagnola. Da quando, nel 1970, fu introdotta la legge sui referendum che disciplinava la procedura per il distacco-aggregazione di uno o più comuni da una regione all’altra, le condizioni poste a carico dei Comuni richiedenti il referendum consultivo per il passaggio di regione rendevano di fatto impossibile accedere alla procedura. Si prescriveva che il Comune, o i Comuni interessati, producessero una delibera con la quale richiedere l’indizione del referendum, corredata da tante delibere di comuni e/o province di entrambe le regioni interessate che rappresentassero un terzo della popolazione regionale. In seguito, si sarebbe tenuto il referendum in entrambe le regioni. Tali condizioni risultavano insormontabili, precludendo da subito la possibilità di procedere al referendum. Così, si ebbe uno smorzamento dell’interesse delle popolazioni coinvolte, tale che la Questione dei Confini regionali sembrava destinata a scomparire.

[modifica] Unione Comuni Italiani per cambiare Regione

Tra il 1991 e il 1992, a causa dell’impossibilità di tenere il referendum previsto dall’articolo 132, comma secondo, il Movimento Provincia di Pordenone Portogruaro richiese che si effettuassero dei referendum consultivi di carattere comunale con cui si chiedeva alla popolazione cosa ne pensasse di entrare a far parte del Friuli Venezia Giulia, referendum che si tennero poi in diversi Comuni del Portogruarese. Il risultato fu un plebiscito a favore dell’aggregazione alla regione confinante. Sia la classe politica locale che quella nazionale cercarono di “smorzare” la questione. Nel 1995, nacque a Trieste l'Unione Comuni Italiani per cambiare Regione. Fu la prima forma di organizzazione nazionale di un problema disarticolato quale era quello della Questione dei Confini regionali che interessava parte del paese. L’associazione raccoglieva solo parte di quelle realtà interessate al cambio di regione, ma fu sufficiente, comunque, per non far dimenticare la problematica alla politica nazionale. Per quasi un decennio, la Questione dei Confini sembrò dimenticata. In realtà, l’Unione lavorava affinché la normativa cambiasse, si semplificasse. Lo svantaggio di tale associazione era evidente. Non godendo di un appoggio partitico forte (tendeva, anzi, ad essere osteggiata da buona parte del mondo politico tradizionale) e non godendo di un appoggio popolare rilevante (le aree interessate sono poche), le fu sempre difficile trattenere un dialogo prolifico con la classe parlamentare. Importanti sono stati gli incontri avuti con la Commissione Bicamerale di Camera e Senato presieduta dall’onorevole D’Alema, in cui è sembrato possibile ridisegnare in maniera più semplificata e dettagliata l’articolo 132, comma secondo, della Costituzione. In seguito, la Bicamerale è stata affossata e con essa tutte le innovazioni che auspicava. Il disegno di legge Fontanini, che mirava all’abrogazione della parte della norma che prescrive il necessario corredo di delibere, chiariva che l’area interessata a consultazione popolare sarebbe stata quella del Comune interessato. Il disegno di legge fu approvato a larga maggioranza dalla Camera. Al Senato si scontrò direttamente con politici che per varie ragioni erano contrari alla modificazione dei confini regionali, con particolare riguardo ad un senatore veneto che vedeva di mal grado l’eventuale uscita del Portogruarese dalla Regione Veneto.

[modifica] La Riforma Costituzionale del 2001

Nel 2001, con il governo Amato, il centrosinistra si preparò a varare la riforma del titolo quinto della Costituzione (Regioni e Autonomie locali), a cui appartiene l’articolo 132. Il comma secondo dell’articolo 132 viene semplificato e chiarito. Viene delimitata l’area in cui si tiene il referendum consultivo nel Comune interessato e non si danno più margini dispositivi al legislatore, ed in particolare alla legge sui referendum, in merito alla previsione del corredo di delibere. Si profilò, a questo punto, l’illegittimità costituzionale del comma secondo dell’articolo 42 della Legge 25 maggio 1970, n. 352 sui referendum. Si noti, infatti, che la riforma costituzionale non elimina automaticamente le normativa ordinarie: è necessario l’intervento della Corte Costituzionale. Fu proprio il Comune di San Michele al Tagliamento, comune del Portogruarese, ad intraprendere questa strada. Tale comune presentò all’Ufficio Centrale dei Referendum presso la Suprema Corte di Cassazione esclusivamente la delibera del proprio consiglio, senza il corredo previsto dalla legge ancora vigente. L’Ufficio respinse la richiesta in base alla legge ordinaria e il Comune avanzò ricorso. Intervenne, a questo punto, la Corte Costituzionale con la Sentenza n. 334 del 2004, dichiarando l’illegittimità costituzionale di parte del succitato articolo 42 della legge sui referendum. San Michele al Tagliamento votò per il passaggio al Friuli.

[modifica] Problemi tecnici

Il referendum per cambiare regione prevede il doppio quorum: il primo richiede che voti la maggioranza più uno degli elettori, il secondo chiede che i SÌ siano la maggioranza più uno dei votanti. Ora, il problema principale per un referendum come questo è l’individuazione del corpo elettorale. Con l’introduzione del voto degli Italiani all’estero (gli elettori iscritti nell’A.I.R.E.) anche per le consultazioni elettorali e referendarie locali si è ampliato automaticamente e indefinitamente il corpo elettorale, sollevando non pochi problemi “tecnici”. Infatti, per le consultazioni elettorali nazionali (elezioni di Camera e Senato) vengono predisposti dei Seggi elettorali nei consolati italiani esteri, così da permettere agli elettori A.I.R.E. il voto. Nelle consultazioni locali, come è logico, non è prevista l’istituzione di questi Seggi nei consolati. Ciò comporta l’obbligo, per questi elettori, di spostarsi nel comune in cui si è iscritti per votare, sollevando problemi di varia natura facilmente intuibili (costo spostamento, informazione, etc.). Risulta altamente probabile che questi elettori non si rechino alle urne, ma vengono conteggiati lo stesso al fine della determinazione del quorum. La loro assenza viene quindi a qualificarsi quale voto passivo, o più comprensibilmente, negativo, rilevando un risultato condizionato da fattori che non danno una reale lettura del risultato referendario.

[modifica] Il primo referendum e la storia recente

È proprio il comune apripista di San Michele al Tagliamento che fallisce il risultato. Nonostante la maggioranza della popolazione residente avesse votato a favore del passaggio in Friuli, raggiungendo entrambi i quorum, il peso passivo delle assenze degli iscritti all’A.I.R.E. si rivela determinante per il fallimento del referendum. È proprio da un piccolo comune delle Dolomiti bellunesi, Lamon, che si riapre la Questione dei Confini regionali. Infatti, nell’ottobre 2005, questo comune tiene il referendum per il passaggio alla provincia di Trento, ottenendo un risultato plebiscitario. Vengono raggiunti entrambi i quorum. L’organizzazione del Comitato locale, che promuove una campagna elettorale "internazionale", riesce a far tornare dall’estero parecchi elettori A.I.R.E. Il fenomeno innescato da questo piccolo comune è stato poi ribattezzato "Terremoto di Lamon" a causa della dimensione imprevista che ha assunto a livello sia regionale che nazionale. Dopo questo comune, è la volta di altri comuni del Portogruarese: vanno a votare il 26 e 27 marzo 2006 i Comuni di Teglio Veneto, Gruaro, Cinto Caomaggiore e Pramaggiore. Teglio, Gruaro e Pramaggiore passano il primo quorum ma non il secondo, Cinto li passa entrambi. Segue Savignano Irpino in Campania, che chiede di passare dalla provincia di Avellino alla provincia di Foggia. Anche questo comune non raggiunge il quorum necessario. Segue nell’ottobre 2006 il referendum per il passaggio al Trentino di un altro comune dolomitico: Sovramonte. Contemporaneamente va a votare Noasca, comune piemontese che bussa alle porte della Valle d’Aosta. Entrambi i comuni riescono nell’intento di raggiunger entrambi i quorum. Seguono severe dispute in Veneto, che vede il Presidente della Regione assumere atteggiamenti minacciosi. Addirittura convoca un gruppo di Saggi per preparare l’ingresso di tutto il Veneto in Trentino Alto Adige. In Valle d’Aosta il Presidente aveva già dichiarato la sua contrarietà all’ingresso del piccolo comune. Il 17 e 18 dicembre va a votare la Valmarecchia. I comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello, sono il primo caso di Comuni che tengono un referendum unificato: o tutti o nessuno. I SÌ vincono e vengono raggiunti entrambi i quorum[1]. Nel 2007, si è tenuto il 18 e 19 marzo, un referendum nel Comune di Carema (Piemonte), per passare in Valle d’Aosta: hanno vinto a stragrande maggioranza i SÌ. A sua volta, l’Altopiano di Asiago in Veneto, il 6 e 7 maggio, ha affermato, con maggioranza schiacciante, di voler passare in Trentino. Sempre in Valmarecchia il 25 e 26 giugno 2007 hanno votato anche i comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dove anche qui, com'è successo per i 7 comuni che hanno votato il 17 e 18 dicembre 2006, il risultato è stato positivo nonostante l'elevato quorum richiesto dal referendum. Esito negativo per mancato raggiungimento del quorum c'è stato il 9 e 10 marzo 2008 nei due comuni della Valconca, Mercatino Conca e Monte Grimano Terme, dove nel primo comune il quorum non è stato raggiunto per soli 10 voti mentre nel secondo non ha votato nemmeno il 50% degli aventi diritto al voto. Sempre il 9 e 10 marzo 2008 c'è stato il referendum a Pedemonte, nel vicentino, per passare sotto il Trentino. Su 811 iscritti alle liste elettorali ci sono stati 414 sì, il quorum è stato raggiunto per soli 8 voti, nonostante abbiano fatto votare i circa 50 degenti della casa di riposo, dei quali solo il 10% circa è originario di Pedemonte.

[modifica] Comuni chiamati al referendum

Data Stemma Comune Popolazione (ab.) Da A Quorum  %
29-30 maggio 2005 San Michele al Tagliamento 11 848 Veneto
(Provincia di Venezia)
Friuli-Venezia Giulia
(Provincia di Pordenone)
NO 44,5
30-31 ottobre 2005 Lamon 3 247 Veneto
(Provincia di Belluno)
Trentino-Alto Adige
(Provincia di Trento)
SI 57,2
26-27 marzo 2006 Pramaggiore 4 470 Veneto
(Provincia di Venezia)
Friuli-Venezia Giulia
(Provincia di Pordenone)
NO 44,6
Gruaro 2 756 NO 46,0
Teglio Veneto 2 215 NO 43,4
Cinto Caomaggiore 3 231 SI 58,8
11-12 giugno 2006 Savignano Irpino 1 242 Campania
(Provincia di Avellino)
Puglia
(Provincia di Foggia)
NO 39,3
8-9 ottobre 2006 Sovramonte 1 611 Veneto
(Provincia di Belluno)
Trentino-Alto Adige
(Provincia di Trento)
SI 64,7
8-9 ottobre 2006 Noasca 190 Piemonte
(Provincia di Torino)
Valle d'Aosta SI 53,1
17-18 dicembre 2006
Referendum ad esito unificato
con risultato vincolato
al computo complessivo
dei votanti dei 7 comuni
Casteldelci 489 Marche
(Provincia di Pesaro e Urbino)
Emilia-Romagna
(Provincia di Rimini)
SI 83,91

SI


16,09 NO

Maiolo 820
Novafeltria 7 145
Pennabilli 3 144
San Leo 2 978
Sant'Agata Feltria 2 348
Talamello 1 125
18-19 marzo 2007 Carema 755 Piemonte
(Provincia di Torino)
Valle d'Aosta SI 68,1
6-7 maggio 2007
Referendum ad esito unificato
con risultato vincolato
al computo complessivo
dei votanti degli 8 comuni
Asiago 6 550 Veneto
(Provincia di Vicenza)
Trentino-Alto Adige
(Provincia di Trento)
SI 59,5
Conco 2 262
Enego 1 909
Foza 733
Gallio 2 424
Lusiana 2 876
Roana 4 082
Rotzo 607
24-25 giugno 2007 Montecopiolo 1 266 Marche
(Provincia di Pesaro e Urbino)
Emilia-Romagna
(Provincia di Rimini)
SI 57,9
Sassofeltrio 1 312 SI 50,7
28-29 ottobre 2007
Referendum ad esito unificato
con risultato vincolato
al computo complessivo
dei votanti dei 3 comuni
Cortina d'Ampezzo 6 150 Veneto
(Provincia di Belluno)
Trentino-Alto Adige
(Provincia di Bolzano)
SI 53.70
Livinallongo del Col di Lana 1 436 SI 67.58
Colle Santa Lucia 403 SI 55.83
9-10 marzo 2008 Pedemonte 788 Veneto
(Provincia di Vicenza)
Trentino-Alto Adige
(Provincia di Trento)
SI 51,05
9-10 marzo 2008 Sappada 1 328 Veneto
(Provincia di Belluno)
Friuli-Venezia Giulia
(Provincia di Udine)
SI 71.72
9-10 marzo 2008 Monte Grimano Terme 1 155 Marche
(Provincia di Pesaro e Urbino)
Emilia Romagna
(Provincia di Rimini)
NO 49,67
9-10 marzo 2008 Mercatino Conca 1 030 Marche
(Provincia di Pesaro e Urbino)
Emilia Romagna
(Provincia di Rimini)
NO 58,44

[modifica] Note

  1. ^ Referendum popolare alta Valmarecchia, Comitato Promotore UnaValmarecchia

[modifica] Collegamenti esterni

Static Wikipedia March 2008 on valeriodistefano.com

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