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Hugo Chávez - Wikipedia

Hugo Chávez

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Collabora a Wikiquote « Simón Bolívar, padre della nostra Patria e guida della nostra Rivoluzione, giurò di non dare riposo alle sue braccia, né dare riposo alla sua anima, fino a vedere l'America libera. Noi non daremo riposo alle nostre braccia, né riposo alla nostra anima fino a quando non sarà salva l'umanità »
(Hugo Chávez, Discorso alla sessione per il 60° anniversario dell'ONU, 15 settembre 2005)

Hugo Rafael Chávez Frías

Hugo Rafael Chávez Frías (Sabaneta, 28 luglio 1954) è un politico venezuelano. È l'attuale presidente del Venezuela.

Come leader della Rivoluzione Bolívariana Chávez promuove la sua visione di socialismo democratico, integrazione dell'America Latina e anti-imperialismo. È inoltre un fervente critico della globalizzazione neoliberista e della politica estera statunitense.

Chávez fondò il Movimento Quinta Repubblica dopo aver organizzato, nel 1992, un fallito colpo di stato contro l'allora presidente Carlos Andrés Pérez. Chávez fu eletto presidente nel 1998 grazie alle sue promesse di aiuto per la maggioranza povera della popolazione del Venezuela e fu rieletto nel 2000 e nel 2006. In patria Chávez ha lanciato le Missioni Bolívariane, i cui obiettivi sono quelli di combattere le malattie, l'analfabetismo, la malnutrizione, la povertà e gli altri mali sociali. In politica estera si è mosso contro il Washington Consensus sostenendo modelli di sviluppo economico alternativi, richiedendo la cooperazione dei paesi più poveri del mondo, specialmente di quelli sudamericani.

Indice

[modifica] Biografia

Chávez nacque a Sabaneta, nello stato di Barinas. Suo padre, Hugo de los Reyes Chávez, era un maestro rurale che, a causa delle ristrettezze economiche, per mantenere la numerosa famiglia fu obbligato ad affidare due dei figli, il piccolo Hugo ed il fratello maggiore, alla nonna paterna Rosa Inés, che viveva anche lei in Sabaneta, in una tipica casetta da indio fatta di paglia e fango secco.

All'età di diciassette anni si arruolò nell'Accademia Venezuelana di Arti Militari. Dopo la laurea in Scienza e Arti Militari Chávez svolse per alcuni mesi il servizio militare. In seguito si dedicò allo studio delle Scienze poitiche all'Università Simon Bolívar di Caracas, che tuttavia lasciò senza ottenere una laurea[1].

Durante gli anni degli studi Chávez e i suoi compagni svilupparono una dottrina nazionalista di sinistra che chiamarono “Bolívariana”, ispirata dalla filosofia Panamericanista del rivoluzionario venezuelano dell'800 Simón Bolívar, dall'influenza del presidente peruviano Juan Velasco Alvarado e dal pensiero di vari ideologi comunisti e socialisti tra cui Marx e Lenin[2]. In questi anni, inoltre, si dedicò ad attività culturali ed eventi sportivi, giocando a baseball e softball, arrivando fino ai campionati nazionali, e scrivendo poesie, racconti e opere teatrali[1].

Di Simón Bolívar assorbì il pensiero, soprattutto sul concetto di integrazione e costruzione della sognata e mai realizzata “Gran Colombia”: Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia. Ma già da cadetto aveva subito il fascino del Libertador Simón Bolívar, a cui per altro era intitolato il suo corso. Di indole ribelle, si mise spesso nei guai per non condividere le azioni di repressione dell'Esercito, in quei tempi utilizzato come estensione della Polizia. Nacque così la ideologia “Bolívariana”, che inizialmente si sviluppò all'interno delle Forze Armate, dando vita già dal 1983 al “Movimiento Bolívariano MBR-200”, costituito per la maggior parte dai cadetti della promozione “Simón Bolívar” che uscì dalle scuole militari nel 1975.

Promosso al grado di colonnello nel 1991, l'anno seguente, il 4 febbraio 1992, fu protagonista di un colpo di stato da parte delle forze militari che tentò di rovesciare il legittimo presidente Carlos Andrés Pérez. Il golpe fallì causando, secondo le voci ufficiali del Ministero della Difesa, 14 morti e 53 feriti e Chávez fu arrestato ed imprigionato. Il suo arresto suscitò un ampio movimento popolare che ne chiedeva la liberazione: riacquistò la libertà nel 1994 grazie a un'amnistia, ma dovette abbandonare le Forze Armate.

La sua traiettoria politica cominciò a prendere corpo già durante gli anni nel carcere di Yare in Valles del Tuy e proseguì fino all'elezione alla Presidenza del Venezuela, nel 1998.

[modifica] Vita privata

Chávez è stato sposato due volte e attualmente è separato dalla sua seconda moglie, Marisabel Rodríguez de Chávez. Ha quattro figli (Rosa Virginia, María Gabriela, Hugo Rafael e Rosinés) a cui ha sempre tenuto a garantire la massima privacy e riservatezza. La separazione con Marisabel, avvenuta subito dopo il golpe dell'11 aprile, sembra sia stata decisa soprattutto per proteggere la famiglia, date le passate vessazioni subite dai figli ai tempi della scuola[citazione necessaria]. Ha affermato di masticare foglie di coca ogni giorno.[3]

[modifica] La famiglia

La famiglia Chavez ha fatto un notevole salto di qualità nello stile di vita, logica conseguenza dell'incarico presidenziale a Hugo. Prima vivevano in una umile casa, ora possiedono incarichi e fattorie nello stato di Barinas, una delle terre più fertili del paese: ben tremila ettari di terreno, che i Chavez hanno comprato a basso prezzo dai vecchi proprietari, timorosi di essere sottoposti ad esproprio grazie alla riforma agraria e agli inviti del partito bolivariano ai contadini di occupare i terreni considerati troppo grandi o abbandonati. Non sono mancate le denunce contro il governatore di Barinas (il padre di Hugo, Hugo de los Reyes Chavez) per abuso di potere e corruzione.

Il fratello maggiore Adan è ministro dell'educazione, Narciso è plenipotenziario (ossia responsabile degli accordi tra Cuba e Venezuela), Anibal è sindaco di Sabaneta (città natale della famiglia), Argeny è segretario di stato a Barinas (incarico creato appositamente per lui nella regione venezuelana), Adelis è consigliere d’amministrazione di una banca privata che gestisce i fondi del governo (la Sofitasa).[4]


[modifica] La polemiche con la Stampa Italiana

Il Presidente Chavez non gode di un buon rapporto con la stampa italiana. In diverse occasioni la stampa italiana, anche quella reputata di sinistra, ha attaccato il presidente Venezuelano.

Il quotidiano La Repubblica ha sostenuto che le spese del Presidente a Palazzo Miraflores sarebbero aumentate del 1500% dal suo primo mandato. Verrebbero spesi 1000 dollari al giorno per preparare i pasti del Presidente, 250 mila dollari sarebbero stati spesi per i vestiti e le scarpe, 40 mila per i suoi profumi. Per i viaggi sarebbero spesi 5 milioni di dollari l'anno, mentre per i ricevimenti a Palazzo 2 milioni di dollari.[4]

Il Presidente Chavez, venendo a conoscenza di un articolo del quotidiano italiano La Repubblica (10 giugno 2007, pagina 19) che parlava di lui e delle spese sostenute a palazzo, ha risposto in televisione durante la trasmissione "Alò Presidente" (suo programma televisivo personale, che dura anche parecchie ore) dicendo testuali parole: <<In Italia, un quotidiano ritenuto di sinistra, parla di Chavez, non si sa quanti milioni di dollari, quanta ricchezza possiede, paia di scarpe a non finire, e tre o cinque, tre orologi rolex d’oro e collane d’oro, io se indosso una collana d’oro, la porterò fino al giorno in cui moriro! (Tira fuori la collana, non certo d’oro, ma un semplice laccio di cuoio, cui é appesa l’immagine della madonna, in venezuelano detto escapulario). El escapulario che ha piú di cento anni e che indossava durante le battaglie Pedro Perez Delgado, l’ultimo uomo a cavallo, Questa é la mia collana d’oro, la vergine del Socorro>>[5]

Un altro 'attacco' all'amministrazione di Chavez è stato portato addirittura dal quotidiano Liberazione. Quest'attacco ha finito addirittura per suscitare le ire dei lettori stessi. [6]

[modifica] La nuova costituzione

Conquistatosi un vastissimo consenso presso le fasce popolari, nel 1997 Chávez creò un partito politico, il Movimento Quinta Repubblica (o MVR) alla guida del quale vinse le elezioni presidenziali del 6 dicembre 1998 con il 56,2% dei voti. La sua campagna elettorale era basata sul progetto di una nuova costituzione che potesse permettere una rifondazione del paese, passando dalla "Quarta Repubblica", quella nata con il "Patto di Punto Fijo" , alla "Quinta Repubblica". Il nome "Quinta Repubblica" ha infatti questo significato: nuova costituzione e nuovo ordinamento giuridico. Altri temi della sua campagna, come la lotta alla corruzione ed al degrado morale del paese vennero sempre subordinati all'idea di una nuova Carta Costituzionale e del conseguente rinnovamento dei poteri dello stato.

Subito dopo il "giuramento da presidente", avvenuto il 2 febbraio 1999, Chávez iniziò la realizzazione del suo programma di governo indicendo un referendum, primo nella storia del Venezuela, per chiedere al popolo il consenso alla stesura di una nuova costituzione. I voti a favore superarono l'80%. Anche la seconda votazione per l'elezione dei membri dell'Assemblea Costituente fu un successo: i venezuelani gli diedero addirittura 120 seggi su 131, e l'MVR ottenne più del 60% dei voti.

L'insediamento dell'Assemblea Costituente, essendo "Originaria", determinò automaticamente il decadimento temporaneo di tutti i poteri in vigore. Durante il periodo dell'Assemblea, il potere esecutivo, per far fronte alla disastrosa situazione socioeconomica in cui versava il Venezuela (oltre l'87% della popolazione viveva in condizioni di povertà e circa il 47% di povertà critica), chiese ed ottenne il potere legislativo, come previsto dalla "Ley abilitante".

Nel dicembre del 1999, nacque la nuova costituzione, confermata da un altro referendum. Tra i punti più significativi:

  • l'attenzione ai diritti umani[citazione necessaria],
  • il passaggio della struttura dello stato da una democrazia rappresentativa ad una nuova forma chiamata "Democrazia Participativa y Protagonica".
  • l'istituzione del "referendum revocatorio" per tutte le cariche elettive, presidente compreso, nella seconda metà del mandato;
  • la modifica del nome dello stato del Venezuela in "Repubblica Bolívariana del Venezuela"
  • la modifica della durata del mandato presidenziale da cinque a sei anni, con possibilità di una sola rielezione.

Approvata la nuova costituzione, tutte le cariche pubbliche elettive dovettero essere sottoposte al voto popolare ed anche Chávez, rimesso il suo mandato, si ricandidò alle nuove elezioni presidenziali. Confermato a larga maggioranza (59,5% dei voti) il 30 luglio del 2000, Chávez, a capo del nuovo parlamento (rinominato "Assemblea Nazionale") diede avvio all'attuazione della nuova costituzione. Chávez chiamò questa fase Rivoluzione Bolívariana Pacifica.

[modifica] La politica di Chávez

[modifica] Socialismo democratico

Hugo Chávez (a sinistra) e Lula (a destra)
Hugo Chávez (a sinistra) e Lula (a destra)
Chávez, Kirchner e Lula a Brasilia
Chávez, Kirchner e Lula a Brasilia

Il 30 gennaio 2005, parlando al Convegno internazionale del Social Forum a Porto Alegre, in Brasile, Chávez offrì il suo aiuto alla causa no-global, dichiarandosi, inoltre, favorevole a un socialismo patriottico e democratico che "deve essere umanista e deve mettere gli esseri umani e non le macchine in condizioni di superiorità nei confronti di tutto e di tutti", concetto ribadito anche nella successiva riunione del suo governo, svoltasi nel febbraio del 2005.

L'azione di Chávez in realtà non risponde a un'ideologia ben definita e coerente: in generale il suo pensiero accoglie elementi del nazionalismo e del socialismo ed ha come riferimento principale la figura di Simón Bolívar.

È bene tener presente che quando Chávez parla di "Pueblo" non si riferisce al popolo in generale, poiché il Venezuela risulta diviso in "ciudad" (città), "barrios" (quartieri), "pueblos" e "ranchitos" (molto simili alle favelas brasiliane). Il Pueblo costituisce una parte ben definita della popolazione, che insieme ai ranchitos, in cui vivono ex immigrati clandestini di origine cilena, colombiana e boliviana, costituiscono una considerevole fetta di popolazione. Chávez ha promosso una serie di attività volte al recupero di alcune zone abitate, migliorando la situazione di numerose comunità indigenti.

Se per gli oppositori interni ed esterni e per gran parte dei media internazionali il governo di Chávez s'incentra su di una lotta costante contro le fasce più alte della popolazione, indistintamente da come abbiano costruito la loro ricchezza, secondo altri osservatori e studiosi delle problematiche del Sud America, la politica chaviana mira al risanamento delle condizioni socioeconomiche disastrose della stragrande maggioranza dei venezuelani

[modifica] La politica estera

Chávez iniziò ad operare per il rafforzamento dell'OPEP (l'Organización de Países Exportadores de Petróleo; l'acronimo inglese è OPEC), anche grazie al miglioramento delle relazioni diplomatiche con tutti i paesi membri (dove si recò personalmente).

A livello continentale Chávez domanda un'integrazione dei paesi latino-americani da effettuarsi anche mediante l'ALBA (Alternativa Bolívariana para América Latina y el Caribe) costituita in contrapposizione all' ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe) voluta dagli USA. Inoltre l'amicizia tra Venezuela e Cuba (che vede ad esempio lo scambio tra la fornitura di petrolio venezuelano a prezzi vantaggiosi ed il supporto della competenza medica cubana nell'ambito dei piani di miglioramento delle condizioni sanitarie del Venezuela ed altri paesi sudamericani) viene vista con sospetto dagli Stati Uniti ed utilizzata dall'opposizione per discreditare Chávez.

[modifica] La politica interna

La sua politica interna è definita spesso "populista" dai suoi avversari ed oppositori (è stato paragonato persino a Hitler e Mussolini) ed etichettata come "Castro-comunista" nonostante le evidenti e sostanziali differenze espresse anche dal testo della nuova Costituzione Bolívariana.

Vengono spesso sottolineate, dalla stampa internazionale e da quella nazionale ostile al nuovo corso chavista, le misure prese dal presidente venezuelano per consolidare il proprio governo, come una legge che punisce severamente l'uso dei media privati per calunnie ed istigazioni alla violenza contro il governo, tutt'altro che infrequenti sui canali televisivi privati e sulla carta stampata in Venezuela. È stata inoltre cambiata la composizione della Corte Suprema con la nomina di 17 nuovi magistrati più vicini all'esecutivo ed includendone uno che ha recentemente suggerito un emendamento alla Costituzione che permetterebbe al leader Bolívariano di prolungare il proprio mandato presidenziale. Tuttavia, i sostenitori del governo sottolineano che la Corte Suprema precedentemente in carica era la stessa che ratificò passivamente il colpo di Stato dell'aprile del 2002.

Chávez cita spesso anche Ezequiel Zamora, il cui slogan era “tierra y hombres libres” e per questo cerca di consolidare una vasta riforma agraria.

In 7 anni di governo Chávez un milione e 406 mila venezuelani hanno imparato a leggere e scrivere in un anno e mezzo, e nel giro di poco tempo, agli stessi ritmi, il paese potrà dichiararsi libero dall'analfabetismo e tre milioni di venezuelani prima esclusi a causa della povertà, sono stati inseriti nell'educazione primaria, secondaria ed universitaria. Diciassette milioni di venezuelani (quasi il 70% della popolazione) ricevono, per la prima volta nella storia del Venezuela, assistenza medica e medicinali gratuiti e, in pochi anni, nelle intenzioni governative tutti i venezuelani avranno accesso gratuito all'assistenza medica. Si somministrano più di 1 milione e 700 mila tonnellate di alimenti a prezzi modici a 12 milioni di persone (quasi la metà dei venezuelani), un milione dei quali li ricevano gratuitamente, in forma transitoria. La questione è centrale in un Paese come il Venezuela dove le persone sottonutrite sono cresciute dal 1992 al 2003 del 7%, raggiungendo la cifra di 4,5 milioni[citazione necessaria]

I problemi sociali ed economici del Paese non si possono tuttavia dire risolti. Se il tasso di disoccupazione rimane all'8,9% (2006), la popolazione sotto la soglia di povertà, per quanto sia diminuita, è ancora pari al 37,9% nel 2005.

L'opposizione afferma anche che 248 cittadini siano sotto processo per delitti di carattere politico, quali aver organizzato le manifestazioni dell'opposizione o aver apertamente dissentito da Chávez e dai suoi metodi. Queste affermazioni vengono respinte dai chavisti, che in alcuni casi affermano trattarsi piuttosto di golpisti coinvolti nei vari tentati complotti per il rovesciamento del governo legittimo.[citazione necessaria] Il 2 marzo 2007 ha dichiarato che sarebbe necessario l'insegnamento del socialismo nelle scuole e abolire l'ora di religione.[citazione necessaria]

[modifica] Il contesto politico

Tra tutte le leggi promulgate fino ai primi mesi del 2002, alcune diedero luogo a reazioni particolarmente forti da parte dell'opposizione. Una di queste riguardò la regolamentazione della pesca a strascico, da sempre attuata sotto costa, su larga scala e senza alcun controllo da parte delle istituzioni, con l'inevitabile distruzione dell'habitat, ed a svantaggio della maggioranza costituita dai piccoli pescatori. Il governo, per placare le reazioni dell'opposizione non riuscì a proibire definitivamente questo tipo di pesca, ma la limitò ad oltre le sei miglia nautiche dalle coste.

Hugo Chávez
Hugo Chávez

La legge in assoluto più contrastata fu la cosiddetta riforma agraria; in Venezuela esistono vasti latifondi (fino a casi limite di 240.000 ettari): il 10% della popolazione detiene l'80% del territorio e senza che molti proprietari siano in grado di esibire i relativi titoli di proprietà.[citazione necessaria]

Queste leggi, assieme alla nazionalizzazione delle risorse petrolifere (con il conseguente aumento del gettito derivante dallo sfruttamento dell'"oro nero" venezuelano da redistribuire alla popolazione tramite nuove forme di stato sociale come salute, istruzione, servizi); la nuova politica estera di equidistanza e solidarietà con alcuni stati del Sud America ed il conseguente sottrarsi alla storica subordinazione economica e politica agli USA, furono i presupposti per il golpe del 2002.

[modifica] Il primo tentativo di sciopero

La Confederación de Trabajadores de Venezuela (CTV), Confederazione dei lavoratori, retta da parecchi anni da Carlos Ortega Carvajal, in base alla nuova costituzione entrò a far parte delle istituzioni la cui dirigenza era sottoposta ad elezioni. Durante lo spoglio dei voti scomparvero grandi quantità di schede e furono date alle fiamme alcune urne[citazione necessaria], rendendo impossibile il completamento del conteggio dei voti: il comitato elettorale non poté decretare la vittoria, che fu però reclamata da Ortega che si dichiarò vincitore.

Nel dicembre del 2001 gli industriali cercarono di pilotare uno sciopero generale della CTV chiudendo le fabbriche ed impedendo ai lavoratori di entrare, ma assicurando loro i salari, promessa che non fu mantenuta. Lo sciopero ebbe scarso successo.

Nel febbraio del 2002 Chávez sostituì i dirigenti della PDVSA, la compagnia petrolifera nazionale, con persone affini al suo progetto politico il che provocò la protesta interna di gruppi di impiegati e dirigenti che vedevano nella decisione di Chávez la violazione dei principi di meritocrazia. Il governo considerava inconciliabili le differenze ideologiche tra il proprio progetto di gestione dell'azienda e quello della dirigenza della PDVSA: il primo mirava ad una riforma profonda del funzionamento dell'impresa che incrementasse l'utilizzo delle plusvalenze petrolifere in piani sociali, mentre il secondo voleva che PDVSA utilizzasse i profitti petroliferi per finanziare l'espansione dell'attività aziendale.

[modifica] Lo sciopero alla PDVSA

La televisione di stato rese pubblica la registrazione di una telefonata tra Ortega e l'ex Presidente Carlos Andrés Perez, profugo dalla giustizia rifugiatosi negli USA, nella quale Perez diceva ad Ortega di organizzare uno sciopero generale e di portarlo alle estreme conseguenze, di prendere contatto con Carmona Estanga, attuale presidente di Fedecamara e di concordare le azioni con lui. Un altro fatto che ebbe notevole peso sugli avvenimenti dell'11 aprile 2002 fu una riunione presso la sede della Conferenza Episcopale Venezuelana in cui erano presenti, oltre ai componenti dell'alta gerarchia ecclesiastica, anche i vertici della CTV con Carlos Ortega in testa, Fedecamara con Carmona Estanga e vari personaggi dell'opposizione. La seduta si chiuse con un inno alla democrazia, che delineò la composizione delle forze promotrici del golpe contro Chávez.

Il 7 aprile, il presidente Chávez annunciò il licenziamento degli alti dirigenti e le proteste degli oppositori si intensificarono. Il 9 aprile la CTV e la Confindustria, con l'appoggio della Chiesa cattolica, delle televisioni e dei partiti politici di opposizione, annunciarono uno sciopero generale di ventiquattro ore in sostegno dei dirigenti della PDVSA.

L'11 aprile fu organizzato un corteo di centomila persone che avrebbe dovuto dirigersi verso la sede della PDVSA, ma che un'arringa di Ortega deviò verso il palazzo di Miraflores, sede della Presidenza per cacciare «quel traditore di Chávez», dando alla marcia, fino a quel momento pacifica, ben altro scopo. La marcia, alle 12,30 dell'11 aprile 2002, riprese con in testa i sindaci scortati dalle loro polizie armate e motorizzate, ma senza che da quel momento si avesse più traccia di Ortega e dei suoi colleghi, scomparsi nel nulla.

Già dalla notte attorno a Miraflores erano radunati migliaia di sostenitori di Chávez, in sentore di ciò che poteva accadere. Il corteo non arrivò a contatto con i simpatizzanti di Chávez perché dei cecchini appostati nei palazzi circostanti cominciarono a sparare dapprima sui sostenitori di Chávez, poi sulle prime file del corteo.

La gente segnalò alcuni cecchini sul terrazzo di un palazzo nei pressi di Miraflores, la Guardia Nazionale entrò nel palazzo ed arrestò cinque persone armate di fucili di precisione, con documenti falsi, qualcuno di origine colombiana. Imprigionati, furono successivamente liberati dagli insorti e di essi si persero le tracce. La polizia metropolitana cominciò a sparare sulla gente che si trovava sul famoso ponte Laguno e che prese a scappare tentando di mettersi al riparo nei palazzi circostanti.

Le televisioni private solidali ai golpisti sostennero l'idea di scontro provocati dai sostenitori di Chávez (e questa versione, in un primo tempo, fu ripresa anche dai media internazionali), ma le innumerevoli riprese effettuate nella zona dimostrarono che gli scontri a fuoco non erano tra i componenti delle due marce, ma era la polizia metropolitana a sparare contro i sostenitori di Chávez. I primi caduti si ebbero verso le 15,00. Dalla testimonianza di un giornalista della CNN, Otto Neustald, si seppe che un gruppo di alti militari, verso le ore 11,30 eseguirono una registrazione di prova del loro pronunciamento in cui disconoscevano l'autorità del Presidente parlando dei primi morti e addossandone la responsabilità a Chávez. Questo pronunciamento, registrato prima delle 12,00, fu mandato in onda dopo le prime reali uccisioni.

I militari dissidenti si erano riuniti in Fuerte Tiuna, presidio militare di Caracas, assieme a Carmona Estanga, ad una schiera di sostenitori e ad una nutrita rappresentanza di militari USA. I militari insorti minacciavano Chávez, ancora a Miraflores, intimandogli di arrendersi, pena il bombardamento del palazzo (come avvenne con Juan Domingo Peron). Il Generale Rosendo faceva parte del complotto, ma fino all'ultimo ingannò Chávez, che lo credette un fedele alleato.

In un ultimo tentativo di evitare il peggio, Chávez cercò di attuare il "Plan Avila", un piano di emergenza (attuato anche per la visita di papa Giovanni Paolo II) che, grazie alla presenza di mezzi blindati attorno al palazzo, avrebbe permesso la difesa delle istituzioni. Invece, proprio Rosendo fece arrivare con ritardo l'ordine di applicare il "Plan Avila". I blindati, poi, usciti da Fuerte Tiuna, furono fatti subito rientrare da un contrordine lanciato dai cospiratori. Nel frattempo da Maracay Baduel era pronto ad inviare mezzi e uomini a Caracas e così mezzi blindati da Maracaibo.

[modifica] Chávez si consegna ai golpisti

A questo punto Chávez, per evitare la guerra civile, decise di consegnarsi ai golpisti chiamando proprio Rosendo affinché lo accompagnasse a Fuerte Tiuna, dove verso le 23,00 dell'11 aprile, fu arrestato e posto in isolamento, in attesa di decidere sulla sua sorte.

Chávez riuscì a mettersi in contatto con la moglie ed un amico con un cellulare passatogli di nascosto da un ufficiale. Cominciò l'afflusso di gente dai ranchos di Caracas che chiedeva la liberazione di Chávez verso Fuerte Tiuna che fu circondato da oltre 600.000 persone. La stessa notte Chávez venne trasferito da Fuerte Tiuna a Turiamo, una base navale nel Nord-Est della Costa dello Stato di Aragua e da lì fu poi trasferito all'isola La Orcila, sede di una base logistica della Marina Militare.

Il 12 aprile fu data la notizia del ritiro di Chávez e subito dopo Carmona Estanga si autoproclamò Presidente del Venezuela. Il Parlamento in carica fu sciolto, furono destituiti tutti gli altri poteri, fu dichiarato l'abbandono dell'OPEP da parte del Venezuela, fu ripristinata la vecchia costituzione e dal nome ufficiale della nazione venne cancellata la parola "Bolívariana".

Immediatamente gli USA si affrettarono a riconoscere il nuovo governo, seguiti a breve intervallo dalla Spagna, dove il quotidiano El País, legato tramite il gruppo "Prisa" ad alcuni media venezuelani, giustificò il colpo di Stato. I media venezuelani ebbero un ruolo determinante sia nell'organizzazione che nell'esecuzione del golpe e dato che tutti erano convinti della sua definitiva riuscita, si sbilanciarono in interviste, trasmesse su tutte le reti, dove parlavano del lavoro organizzativo dei militari e civili artefici dell'evento.

[modifica] Il ritorno di Chávez al potere

Il 12 aprile a Caracas cominciarono seri disordini con saccheggi di negozi (soprattutto di quelli considerati appartenenti a lobbies anti-Chávez[citazione necessaria]). Nei giorni 12 e 13 la polizia uccise più di 200 persone, gli ospedali accolsero centinaia di feriti.

La gente, come già accaduto a Caracas, circondò anche la base dei paracadutisti del generale Baduel a Maracay chiedendo a gran voce il ritorno di Chávez. Lo stesso avvenne in molte altre località; si calcola che in tre giorni più di sei milioni di persone siano scese per le strade a difendere Chávez ed il suo governo[citazione necessaria].

Nella notte del 13 aprile l'allora vescovo di Caracas, Antonio Ignacio Velasco Garcia, fu inviato all'isola La Orchila con un jet privato probabilmente di proprietà dei Cisneros, dove avrebbe dovuto convincere Chávez a firmare la rinuncia e partire con lo stesso jet verso un'ignota destinazione, forse Cuba. Durante l'incontro arrivarono tre elicotteri per riportare Chávez a Miraflores.

Con il rientro di Chávez, e il suo ritorno al potere il 14 aprile, gli scontri ed i saccheggi cessarono. Il golpe fallì, dunque, grazie al vastissimo appoggio popolare ed all'esiguità del gruppo dei militari golpisti, formato soprattutto da alti ufficiali, mentre il grosso delle forze armate venezuelane, guidate dal generale dell'esercito Raúl Isaías Baduel era rimasto fedele a Chávez ed alla nuova costituzione.

[modifica] Il rapporto con i media

Da quando Chavez venne eletto per la seconda volta Presidente del Venezuela, il numero di canali legati al governo sono stati aumentati da due (Venezolana de Televisión e ANTV) a cinque (più i canali Vive, Telesur e la recente Televisora Venezolana Social). I più importanti canali privati nazionali, non soggetti al controllo governativo, che trasmettono via antenna sono Televen, Venevisión (vengono esclusi dalle critiche governative i vari canali di sola musica come Puma TV - in via d'acquisto da parte del governo - e di solo sport come Meridiano Televisión), mentre quelli che trasmettono via cavo sono Globovision, Canal de Noticias (entrambe televisioni di solo notizie e di approfondimento, ma in opposizione al governo) ed in ultimo RCTV.

Forti sono le critiche per la legge per la tutela dei minori e di responsabilità dei media, emanata in seguito al tentativo di golpe del 2002, che vieta la trasmissione di immagini violente prima delle dieci di sera. Ciò riduce la possibilità d'informazione ai cittadini venezuelani in caso di scontri violenti tra polizia e cittadinanza stessa. In seguito a queste nuove leggi di tutela, i canali come Televen e Venevisión, per il loro rigoroso rispetto, ora vengono ben considerati dal governo.

[modifica] La relazione degli osservatori europei sulle elezioni del 2006

Nelle ultime elezioni presidenziali del 3 dicembre 2006, la commissione di Osservazione Internazionale dell'Unione Europea verificò l'andamento della propaganda mediatica televisiva pre-elettorale: [7]

Le norme pubblicate per il CNE nel luglio 2006 dichiarano che "i media di comunicazione pubblici e privati daranno copertura informativa completa e bilanciata dei fatti in relazione alla campagna elettorale. Con effetto, osserveranno un rigoroso equilibrio per quanto riguarda spazi e gerarchia delle informazioni relative alle attività di sviluppo per tutti i candidati e candidate, organizzazioni con fini politici, gruppi di elettrici ed elettori a livello nazionale".

La maggioranza dei media, privati e pubblici, non hanno rispettato le norme del CNE, offrendo un informazione di parte e appoggiando apertamente uno dei principali candidati. In tal proposito il CNE non ha effettuato alcuna sanzione ne rimprovero, nonostante fosse legittimato per legge. Nella relazione leggiamo che nella copertura informativa nel canale di stato, VTV, c'è stato un ampio squilibrio a favore del candidato Hugo Chávez. Tuttavia le autorità elettorali aprirono un'indagine amministrativa per chiarire la possibile violazione delle norme elettorali da parte del canale governativo Telesur per aver divulgato dei risultati di un sondaggio durante la giornata del voto.

Televisione Chavez Rosales
VTV 86% 14%
RCTV 69% 29%
Globovision 65% 35%

Per quanto riguarda i canali Televén e Venevisión, la relazione dichiara che esse hanno dedicato minor tempo che altri canali alla campagna elettorale, dando un servizio d'informazione politica e tono critico molto basso. Nonostante tutto, da un punto di vista quantitativo, entrambe hanno favorito apertamente il presidente uscente.

Nella relazione non vengono citati i dati riguardanti i canali televisivi del governo Vive e Telesur, i quali non sono stati controllati dagli osservatori.

Gli osservatori hanno notato la drastica riduzione delle catene presidenziali e la discontinuità del programma televisivo Aló Presidente a partire dalla data di inizio della missione europea del 15 novembre.

Per quanto riguarda i quotidiani nazionali analizzati, Últimas Noticias e, particolarmente, Vea hanno favorito apertamente la campagna di Hugo Chávez , mentre El Nacional, El Universal ed El Nuevo País si sono caratterizzati per le critiche al governo uscente. El Mundo invece è stato il quotidiano più equilibrato.

[modifica] La fine della concessione a RCTV

RCTV, il canale più antico del Venezuela (oltre 50 anni di trasmissioni) è stato recentemente "oscurato" dalle frequenze nazionali, non essendogli stata rinnovata la concessione di trasmissione. L'emittente è stata accusata di continua violazione della legge di responsabilità civile dei media (che limita pornografia e violenza), di aver appoggiato il golpe del 2002, di campagna persistente mirata al rovesciamento violento del governo e di essere finanziati da un paese straniero (e precisamente dalla CIA). Nonostante la gravità di tali affermazioni, racconlte anche in libri come Il codice Chavez di Eva Golinger, non è stata effettuata alcuna denuncia nei confronti del canale o dei suoi dipendenti. Di conseguenza, l'emittente è stata in grado di effettuare una difesa processuale del suo operato e l'autorità giudiziaria non ha potuto verificare la fondatezza delle accuse.

La data prevista per la revoca delle frequenze era stata fissata per il 27 maggio 2007, subito contestata e portata di fronte al Tribunale Supremo di Giustizia. Nonostante la Corte Suprema di Giustizia non avesse ancora formulato sentenza al ricorso di RCTV, il Presidente Hugo Chávez ufficializzò mediante decreto (11 maggio 2007) il passaggio della concessione delle frequenze alla Televisora Venezolana Social (TEVES), la nuova rete di servizio pubblico del Venezuela che iniziò le sue trasmissioni il 28 maggio 2007.

Il canale, in mancanza di frequenze e della propria strumentazione (ripetitori televisivi) per trasmettere via antenna (materiale confiscato dal governo), non riuscì a trasmettere né via cavo né via satellite fino al 20 luglio 2007 (traguardo raggiunto dopo numerose difficoltà burocratiche).

Durante questo periodo l'emittente trasmise attraverso la rete informatica con un suo programma, il notiziaro "L'observador" tramite Youtube.

Il Presidente Chavez, nei confronti del canale RCTV, non risparmiò di commentare l'oscuramento:

Collabora a Wikiquote « L'unica forma in cui la concessione non finisca è che domenica 27 a mezzanotte Hugo Chavez non sia presidente del Venezuela! È l'unica forma »
Collabora a Wikiquote « Se con questo stiamo limitando la libertà d'espressione, al contrario! Finisce la tirannia che ha tenuto questo gruppo economico in quel canale, perché lì hanno esercitato una vera tirannia »

Forti sono state le contestazioni contro l'oscuramento dello storico canale venezuelano, con cortei e manifestazioni (specialmente da parte di studenti universitari). Il clima della protesta degenerò in seguito agli scontri verificatisi tra dimostranti e Guardia Nacional e della Polizia Metropolitana. I tafferugli sono stati documentati da una troupe peruviana, guidata dalla giornalista Anuska Buenaluque. La troupe peruviana riprese le immagini finché non ci fu il tentativo di sequestro della telecamera da parte di alcuni agenti della Guardia Nacional e il successivo uso delle armi in dotazione per le operazioni di ordine pubblico contro la giornalista e il cameraman (entrambi lievemente feriti con proiettili di gomma).

Il reportage è stato successivamente trasmesso dal canale peruviano América Televisión nel programma "Cu4rto poder" ("Quarto potere") e su Youtube [8]. L'unico canale a trasmettere i disordini e le manifestazioni a Caracas è stato un canale privato, Globovision (violando peraltro la legge per la tutela dei minori e della responsabilità civile dei media che limita la tramissione di immagini violente), mentre i canali governativi e i rimanenti di opposizione (Televen, Venevision, ecc.) hanno ignorato gli scontri e continuato a trasmettere la normale programmazione.


Aḥmadinejād ha dato un caldo benvenuto al presidente venezuelano Chavez nella sua visita a Tehrān nel 2004. Al momento della visita, Chavez è stato accolto con l'inaugurazione di una nuova statua di Simon Bolivar, l'eroe nazionale venezuelano, nel parco Goft-o-gou di Tehrān.
Aḥmadinejād ha dato un caldo benvenuto al presidente venezuelano Chavez nella sua visita a Tehrān nel 2004. Al momento della visita, Chavez è stato accolto con l'inaugurazione di una nuova statua di Simon Bolivar, l'eroe nazionale venezuelano, nel parco Goft-o-gou di Tehrān.


[modifica] Referendum del 2004

Nel 2004 si avviò la raccolta firme per attivare un "Referendum Revocatorio" o "Referendum Ratificatorio" per una destituzione popolare del Presidente in carica (il tutto permesso dalla Costituzione Bolívariana del 1999 voluta dal Presidente Chávez).

L'opposizione presentò 3,4 milioni di firme per sollecitare il referendum, ma il processo di accettazione fu lungo e complicato. L'opposizione accusò il Consiglio Nazionale Elettorale di parzialità e di azioni irregolari del processo d'accettazione.

Il 3 giugno 2004, il Presidente del CNE Francisco Carrasquero comunicò che le firme erano sufficienti per l'attuazione del referendum. Il giorno di voto fu fissato per il 15 agosto 2004, quattro giorni prima che il Presidente compisse i primi 4 anni di mandato.

L'opposizione necessitava di 3,7 milioni di voti, ossia il numero di voti che il Presidente Chávez ottenne nella sua rielezione del 2000. Il voto avvenne tramite macchinette elettroniche, con prima il proprio riconoscimento tramite lettura dell'impronta digitale del cittadino per evitare doppi voti. Questo sistema venne criticato da parte dell'opposizione che riteneva l'uso di tale tecnologia un sistema che non assicurava la segretezza del proprio voto.

Il risultato elettorale CNE, escludendo i voti nulli, fu di 59,06% dei voti per il NO, mentre il 40,64% per il SI, confermando il Governo del Presidente Chávez:

Voto votanti %
NO 5.619.954 58,91 %
SI 3.872.951 40,60 %
Nulli 47.064 0,49 %

A Caracas, immediatamente dopo la pubblicazione dei risultati, ci furono varie manifestazioni contro il Presidente Chávez. Durante le manifestazioni, dalla parte dell'opposizione venne uccisa una donna a colpi di pistola. Secondo i chavisti, la tattica della destra in occasione del referendum è stata quella di delegittimare le istituzioni venezuelane e i risultati del voto, in modo da far credere che vi fosse una situazione di "caos" e giustificare così un intervento internazionale guidato dagli Stati Uniti, volto a rovesciare i risultati del voto popolare.

Tra gli osservatori internazionali, il più considerato fu il Centro Carter (organizzazione senza fine di lucro fondata nel 1982 dall'ex presidente degli USA Jimmy Carter). Nonostante le accuse dell'opposizione alla presenza di brogli elettorali, Jimmy Carter definì il voto un "esempio di democrazia" ed invitò la cittadinanza ad accettarne il risultato.

Ciò considerato, e vista anche la netta prevalenza dei NO, l'opposizione dopo qualche settimana fece cessare le contestazioni.

[modifica] Lista Tascon

Durante il periodo delle firme, il Presidente Chávez, in un suo incontro pubblico, disse testuali parole:

Collabora a Wikiquote « Colui che firmerà contro Chávez, il suo nome sarà registrato per la storia, perché dovrà mettere il suo nome, cognome, la sua firma, numero di carta d'identità e impronta digitale[citazione necessaria] »

Il 20 marzo del 2004, il Ministro della Salute e dello Sviluppo Sociale Roger Capella, ai microfoni della televisione nazionale, fa la seguente dichiarazione:

Collabora a Wikiquote « Un traditore non deve stare in un posto di fiducia. E questo stato ha una politica di corrispondenza con il Governo che si ritrova, dove non c'è spazio per i traditori. Quanti siano, chi ha firmato è fuori! »

In seguito al deposito delle firme necessarie per attuare il referendum, l'intera lista dei firmatari venne pubblicata da un deputato, tale Luis Tascon, attraverso il suo sito internet. L'invito del deputato Tascon e dello stesso Presidente Chávez (attraverso il suo programma "Alò Presidente") fu diretto a tutti i cittadini, consigliando loro di scaricare la lista e verificare direttamente da casa se il proprio numero di carta d'identità era presente senza aver firmato. Una sorta di autocontrollo popolare di verifica dei brogli.

L'opposizione afferma che alcune delle persone che firmarono per il referendum, si ritrovarono senza lavoro, licenziati, che abbiano subito interferenze nelle proprie azioni economiche e addirittura maltrattati per via della lista pubblicata dal deputato. Sia l'opposizione che vari organismi sui diritti umani ritenuti imparziali hanno avviato azioni legali contro queste situazioni. Le medesime accuse da parte dell'opposizione furono rigirate contro dalla parte politica legata al Presidente Chávez, che accusava le imprese private di licenziare coloro che non fossero all'interno della lista.

Nell'aprile del 2005, il Presidente Chávez mandò a "sotterrare" l'uso della lista, con questa dichiarazione:

Collabora a Wikiquote « Sotterrate la lista di Luis Tascon! Sicuramente ha compiuto una pagina importante in un momento determinante, ma ormai fa parte del passato[citazione necessaria] »

Si nutre un forte sospetto nei confronti del neo Vice-Presidente, Jorge Rodríguez Gómez, Presidente del CNE (Centro Nazionale Elettorale) all'epoca del Referendum. L'organo che aveva la possibilità di dare la lista dei firmatari per il referendum al deputato Tascon poteva essere solo lo stesso organo di controllo elettorale. Tale collaborazione avrebbe fatto diventare ministro del "Despacho de la Presidencia" la sorella di Jorge Rodríguez, Delcy (dal 2007 è diventata Coordinatrice Generale della Vicepresidenza, annuncio pubblicato dalla risoluzione numero 121 della Gazzetta Ufficiale del 2 febbraio 2007, sotto designazione dello stesso fratello Jorge).

[modifica] Programma Maisanta

In seguito alla Lista Tascon nasce un programma informatico, chiamato Batalla de Santa Inés Versión 1.10 "Maisanta", un database gestito da un software che permette di conoscere se un cittadino venezuelano ha firmato o no per il referendum del 2004. Vengono inoltre resi noti in seguito alla ricerca i vari dati riguardanti il cittadino, come l'indirizzo di casa e il seggio dove andrà a votare. Tutto legale, visto che direttamente dal sito del CNE, muniti del numero di carta d'identità (es. selezionare "V" e digitare 3693693), si può tranquillamente accedere a questi dati.

Il nome deriva da un progetto chiamato appunto "Comando Maisanta", considerato dal Governo un espressione organizzativa in tutti gli ambiti geografici nazionali della forza bolivariana, per l’attuazione strategico-operativa della Missione Florentino, una missione che guida la rivoluzione, orientata per assicurare il trionfo elettorale del referendum nazionale del 2004, quando si redatterà (in accordo al immaginario collettivo del popolo venezuelano) la disfatta dell’oligarchia nazionale e straniera per il popolo sovrano nella Battaglia di Santa Ines, magistralmente diretta dal generale Ezequiel Zamora. Le direttive strategiche della missione sono: incorporare la base di ricerca del voto; evitare i brogli; consolidare quello che si ha; attrarre gli indecisi; neutralizzare la crescita dell’avversario; isolare i golpisti; incorporare gli esclusi politici. Una missione che il Governo attua per andare contro l’opposizione e per vincere le elezioni.

[modifica] 2006: l'anno della rielezione

Schafik Hándal, Hugo Chávez, Fidel Castro ed Evo Morales, all'Havana nel 2004
Schafik Hándal, Hugo Chávez, Fidel Castro ed Evo Morales, all'Havana nel 2004

Dopo le vittorie dei chavisti nelle elezioni per i governatori degli Stati (ottobre 2004), nelle amministrative del 2005 e nelle elezioni per l'Assemblea Nazionale (sempre nel 2005), Chávez compie a maggio 2006 una serie di visite ufficiali in Europa, Italia compresa, incontrando papa Benedetto XVI ed il neoeletto presidente della Camera Fausto Bertinotti, e parlando alla FAO a Roma.

Il 20 settembre del 2006, intervenendo all'Assemblea delle Nazioni Unite, definisce il presidente statunitense Bush «il diavolo in persona» (tanto da farsi il segno della croce all'arrivo del presidente USA).[9][10]

Il 3 dicembre del 2006 si svolgono le elezioni presidenziali, considerate da Chávez alla vigilia come un avvenimento cruciale per la storia del Venezuela, in quanto in gioco c'è il futuro stesso della Rivoluzione Bolívariana da lui portata avanti da quando è presidente. La campagna elettorale è stata caratterizzata da una forte polarizzazione sociale e politica, culminata, a pochi giorni dal voto, da due enormi manifestazioni, l'una di sostegno al candidato unico delle opposizioni, Manuel Rosales, governatore del ricco Stato petrolifero di Zulia, l'altra, più partecipata, organizzata dal movimento Bolívariano, in appoggio di Chávez: in entrambi i casi centinaia di migliaia di persone hanno invaso le vie di Caracas.

I risultati elettorali vedono la rielezione di Chávez, che cresce al 62,87% (con 7.274.331 voti), come Presidente della Repubblica, mentre Rosales si ferma al 36,88% (4.266.974 voti). Chávez risulta essere il più votato presidente dal 1958, in una tornata elettorale che ha visto un netto calo dell'astensionismo (meno del 25%) rispetto ai voti precedenti. È la prima campagna elettorale nella quale Hugo Chávez si presenta con un programma apertamente socialista, che denomina Socialismo del XXI secolo.

È la seconda volta nella storia che un candidato e un partito apertamente socialista (in senso anticapitalista) trionfano in elezioni libere e certificate da molteplici centri di osservazione internazionali, tra i quali l'Unione Europea[citazione necessaria]. La prima volta era toccato a Salvador Allende in Cile, il 4 settembre 1970. L'opposizione ha ammesso la sconfitta, auspicando dialogo con il rieletto Presidente. Nei discorsi successivi alla vittoria, Chávez ha affermato che con le elezioni si è aperta una nuova fase della Rivoluzione Bolívariana, che consiste nella costruzione di "un socialismo costruito dal basso, dall'interno". Lo scontro con i riformisti del movimento Bolívariano, che vogliono un passaggio lento e graduale verso il socialismo, appare aperto: secondo Chávez la forza e l'organizzazione delle masse impongono un'accelerazione del processo rivoluzionario.

Chávez ha poi dichiarato guerra alla burocrazia statale e dei partiti, che a suo dire hanno portato avanti negli anni una vera "contro-rivoluzione", col sabotaggio delle decisioni governative. Ferma appare poi la sua volontà di sconfiggere la corruzione dilagante nell'apparato statale. L'8 gennaio 2007, in occasione del giuramento come Presidente del Venezuela, ha annunciato di voler nazionalizzare, attraverso una legge, tutte le industrie privatizzate negli anni novanta dai precedenti governi: tra queste, le aziende nazionali delle telecomunicazioni e dell'energia elettrica. L'obiettivo è stabilire "la proprietà sociale sui settori strategici". A questi annunci, hanno fatto seguito le proteste del presidente USA George W. Bush e il crollo della Borsa statunitense (-18%).

[modifica] La proposta di rielegibilità fino al 2031

Destò scalpore quando nel maggio 2006 Chávez propose di decretare un referendum per poter essere rieletto fino al 2031 se l'opposizione avesse urlato ai brogli alle elezioni di dicembre:

Collabora a Wikiquote « Se escono con qualunque "marramucia" (trappola), dandoci degli imbroglioni, disconoscendo il trionfo o ritirandosi prima delle elezioni, allora convocherò un referendum attraverso decreto per chiedere ai venezuelani se accettano che possa rimanere rieletto fino al 2031. »
(Hugo Chávez)

Dure le critiche dell'opposizione, che durante la campagna elettorale del 2006 pubblicarono in diversi manifesti le parole del Libertador Simón Bolívar:

Collabora a Wikiquote « La continuazione dell'autorità in uno stesso individuo in maniera frequente è stata la fine dei governi democratici. Le ripetute elezioni sono essenziali nei sistemi popolari, perché non c'è niente di più pericoloso come lasciar permanere per lungo tempo il potere nello stesso cittadino. Il popolo si abitua ad obbedirgli e lui si abitua a comandarlo; da dove si origina l'usurpazione e la tirannia. »

Nei paesi del "primo mondo", la situazione è varia. Negli Stati Uniti, ad esempio, il presidente non può restare in carica per più di due mandati consecutivi, mentre in alcuni paesi europei (tra cui l'Italia, la Francia e la Germania) non c'è limite alla rielezione di un presidente.

[modifica] Verso il Partito Socialista Unito

In una dichiarazione successiva alle elezioni, Hugo Chávez ha proposto di unificare i partiti del movimento Bolívariano nel Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), che a suo parere dovrà nascere dalla base dei partiti pre-esistenti, a partire dalle squadre e dai battaglioni elettorali, che erano stati determinanti per la vittoria della sinistra nel referendum revocatorio del 2004 e nelle elezioni presidenziali del 2006.

Nelle intenzioni di Chávez, il nuovo soggetto politico non dovrà risultare dalla semplice aggregazione dei partiti già esistenti, né riproporre lo schema di una burocrazia che lo stesso Chávez considera auto-referenziale e "contro-rivoluzionaria". Significativo è che l'appello di Chávez per il nuovo partito si è rivolto direttamente alla base militante del movimento, "scavalcando" così quelle leadership burocratiche contro cui ormai Chávez si scontra apertamente. Il nuovo partito dovrà essere, secondo il presidente, "autenticamente democratico", con un'elezione dei leader direttamente da parte della base militante.

Il processo di iscrizione al nuovo partito ha assunto rapidamente un carattere di massa, con il reclutamento di milioni di venezuelani.[11]

[modifica] La crisi con la Colombia

Il primo Marzo del 2008 le forze armate colombiane hanno compiuto un'azione in violazione della sovranita dell'Ecuador volta all'eliminazione di esponenti delle FARC mentre il presidente Chavez era impegnato a trattare con le FARC stesse la liberazione dell'ostaggio Ingrid Betancourt. Risultato dell'operazione è stato l'assassinio di Raul Reyes, il numero due delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc). All'azione militare colombiana ha seguito un'immediata risposta da parte di Ecuador e Venezuela. Il Venezuela ha schierato il suo esercito al confine con la Colombia e ha interrotto le relazioni diplomatiche, stessa cosa ha fatto il presidente dell'Ecuador Rafael Correa. Condanne dell'azione voluta da Álvaro Uribe, presidente della Colombia sono stat pronunciate da un po' tutti i paese del sud america e addirittura da alcuni paesi europei. Il solo paese che ha difeso l'operato dell'esercito colombiano è stato gli Stati Uniti. La crisi si è conclusa con il Vertice di Rio di Santo Domingo, dove i tre presidenti hanno dichiarato chiusa la crisi.

[modifica] Altri progetti

[modifica] Note

  1. ^ a b Governo del Venezuela, Gobierno En Línea (2005). "Presidente Hugo Rafael Chávez Frías", Gobierno En Línea. Consultato il 15 giugno 2006.
  2. ^ Hugo Chávez Venezuela's Redeemer Burt, Jo-Marie & Rosen, Fred: Maggio 2000
  3. ^ Video sul sito di La7 e articolo su quotidiano.net.
  4. ^ a b Quotidiano La Repubblica (Italia) del 10 giugno 2007 a pagina 19, dal titolo "Chavez, il potere è questione di famiglia"
  5. ^ Risposta di Chavez al quotidiano la Repubblica
  6. ^ http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o9104
  7. ^ Misión de Observación Electoral de la Unión Europea "Relazione in spagnolo", pubblicato nel sito del Capo Gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo, l'europarlamentare Monica Frassoni.
  8. ^ Video del servizio della giornalista Anuska Buenaluque durante le proteste contro il mancato rinnovo della concessione governativa all'emittente RCTV
  9. ^ Chávez all'ONU: Bush è il diavolo, c'è ancora puzza di zolfo. Agenzia Apcom dal sito web «la7.it» del 20 settembre 2006. Riportato l'11 ottobre 2006.
  10. ^ Per il testo completo del discorso pronunciato: Intervento del presidente della Repubblica Bolívariana, Hugo Chávez. Da sito web «pane-rose.it». Riportato l'11 ottobre 2006.
  11. ^ Dossier sul PSUV a cura dell'Agenzia Bolívariana di Notizie

[modifica] Bibliografia

  • Cristina Marcano, Alberto Barrera Tyszka, Hugo Chávez, il nuovo Bolívar?, Baldini Castoldi Dalai, 2004, ISBN 9788860730299
  • Roberto Massari, Hugo Chávez tra Bolívar e Porto Alegre, Massari, 2005,ISBN 8845702103
  • Eva Golinger, Codice Chávez, Zambon Verlag
  • (ES) Cristina Marcano, Alberto Barrera, Hugo Chávez sin uniforme (Hugo Chávez senza uniforme), Debate, 2005, ISBN 987-1117-18-3
  • Alan Woods, La rivoluzione venezuelana. Una prospettiva marxista, AC editoriale, 2005
  • Eva Golinger, Hugo Chávez e la rivoluzione Bolívariana, Zambon Verlag, 2006, ISBN 88-87826-40-4
  • Américo Martín y Freddy Muñoz, Socialismo del siglo XXI ¿huida en el laberinto?, Editorial Alfa, Colección Hogueras, 2007
  • Fausto Masó, El día que se vaya Chávez, Editorial Libros Marcados, 2007

[modifica] Collegamenti esterni

1; 2; 3


Predecessore: Presidente del Venezuela Successore:
Rafael Caldera Rodríguez 1999 - 2002 Pedro Carmona Estanga I
Diosdado Cabello Rondón 2002 - II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
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