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Eraclio I di Bisanzio - Wikipedia

Eraclio I di Bisanzio

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Solido di Eraclio con Costantino III e Eraclio II
Solido di Eraclio con Costantino III e Eraclio II

Flavio Eraclio, meglio noto come Eraclio I (latino: Flavius Heraclius; Cartagine575 circa – Costantinopoli11 febbraio 641), è stato un imperatore bizantino dal 5 ottobre 610 alla morte.

Indice

[modifica] Gioventù

Eraclio era figlio di Epifania, di famiglia cappadoce, e del potente esarca di Cartagine Eraclio il Vecchio, di origine armena. Il giovane Eraclio era stato uno dei generali più importanti, sotto l'imperatore Maurizio, durante la guerra del 590 contro i Persiani. Sappiamo dalle cronache del tempo che Eraclio era un uomo atletico e aveva i capelli biondi.

[modifica] Rivolta contro Foca e incoronazione

Rappresentazione dei soldati di Eraclio I, che stanno per aggredire Foca.
Rappresentazione dei soldati di Eraclio I, che stanno per aggredire Foca.

Insoddisfatto del regno di Foca, Prisco, genero di Foca e prefetto di Costantinopoli, che già era stato generale del deposto Maurizio, prese contatti con il potente esarca di Cartagine Eraclio il vecchio, appoggiato dal fratello Gregorio che, nel 608, si unirono alla congiura, tagliando i rifornimenti di grano che provenivano dall'Africa, per la capitale, arruolò un forte esercito e allestirono anche una grande marina da guerra, avviando in questo modo la ribellione. Però il vecchio esarca sapeva che era troppo in là con gli anni, per poter condurre una guerra civile e quindi affidò al figlio Eraclio il comando della marina e a suo nipote Niceta, il comando dell'esercito terrestre, figlio del fratello Gregorio.

Mentre il nipote Niceta attaccava l’Egitto con l’appoggio della potente famiglia degli Apioni, conquistò in breve Alessandria, e batté le truppe fedeli a Foca, continuò la sua avanzata, fino ad impadronirsi del paese, avanzando verso la Siria meridionale; il giovane Eraclio, intanto, faceva rotta su Tessalonica (609), occupando alcune isole lungo il percorso e reclutando uomini e navi, e nell'estate del 610, con la sua marina si diresse verso Costantinopoli.

Eraclio pose d’assedio Costantinopoli accampandosi sull’isola di Colonimo e confidando nell’appoggio del popolo: il 3 ottobre del 610 la flotta entrò trionfalmente nella capitale dell'impero romano d'oriente, grazie alla rivolta degli abitanti della capitale, che avevano appoggiato la causa d'Eraclio. Foca venne catturato e incatenato e portato su una nave bizantina, insieme ai suoi fedeli.

Quando Eraclio il 5 ottobre, andò sulla nave dove Foca e i suoi fedeli erano imprigionati, ordinò ai suoi uomini di giustiziare i fedeli di Foca, e così fu fatto, poi si avvicinò a Foca con un'ascia, pronta a reclamare la testa dell'usurpatore, e gli chiese: «E così che tu hai governato l'impero?» Foca guardò Eraclio e si mise in ginocchio, ma non per implorare pietà, e rispose con tono imperiale senza temere la morte: «E tu credi che lo governerai meglio?» Poi abbassò il collo, e l'ascia d'Eraclio s'abbassò, tagliando la testa di Foca; se egli non era stato degno come imperatore, almeno era morto come tale.

Nel pomeriggio dello stesso giorno, nella cappella di Santo Stefano, all'interno del Gran Palazzo, il nuovo patriarca di Costantinopoli Sergio I celebrò due cerimonie, nella prima sposava Eraclio con Fabia, che per l'occasione assunse il nome di Eudocia, e la seconda cerimonia fu l'incoronazione solenne con la corona degli Augusti, posta sul capo di Eraclio.

La sposa Eudocia fu molto stimata a Costantinopoli, ma morì presto, nel 612, ed Eraclio in seguito sposò la nipote Martina. Il secondo matrimonio non venne mai approvato. Nel regno dei due figli di Eraclio, Martina diventò il centro del potere e dell'intrigo politico a Costantinopoli. Il Patriarca Sergio I incoronò Martina, ma cercò in ogni modo di convincere l’Imperatore a ripudiarla. Il Patriarca Niceforo racconta che una volta Eraclio rispose: “Tu hai già fatto il tuo dovere di sacerdote ed amico. Per il resto, la responsabilità ricadrà su di me”. E ciò che accadde in seguito parve ai detrattori di Martina una prova del peso di tali responsabilità: la coppia ebbe dieci figli, dei quali quattro morti in tenera età e due disabili.

[modifica] L'invasione dell'impero da parte di Cosroe II

Quando Eraclio prese il comando dell'impero, si accorse quanto era disperata la sua situazione; nessuno di coloro che l'avevano preceduto sul trono degli augusti aveva trovato una situazione peggiore, infatti l'Italia si trovava invasa a macchie dai longobardi, i Balcani erano stati invasi dagli avari, e le province della Giudea, Siria e dell'Anatolia, erano state invase dagli eterni rivali dei romani, i persiani. Il timore era vivo anche tra gli abitanti della capitale, che potevano scorgere dall'altra parte del Bosforo i fuochi degli accampamenti persiani; molti di essi si chiedevano se Eraclio sarebbe stato il loro ultimo imperatore. Eraclio allora decise di abbandonare Costantinopoli in favore di Cartagine, perché oramai la capitale era minacciata dai persiani di Cosroe II e dagli avari che avevano valicato il Danubio. La città era pressoché inespugnabile, poiché era protetta per via terra dalle imponenti mura Teodosiane e gli avversari difficilmente avrebbero potuto conquistarla per via mare, poiché non possedevano una flotta potente come quella bizantina; tuttavia, le province attorno alla capitale cadevano una dopo l'altra, causando il rischio di un isolamento della città dal resto dell'impero, prospettiva ben poco edificante per Eraclio.

Rappresentazione di Eraclio I che sta attaccando una fortezza persiana, mentre i persiani attaccano Costantinopoli.
Rappresentazione di Eraclio I che sta attaccando una fortezza persiana, mentre i persiani attaccano Costantinopoli.

L'esercito persiano era affidato nelle mani dell'abile generale Sharbaraz, che nel 610 espugnò Edessa ed Apamea dopo una accanita resistenza. Nel 611 la stessa sorte toccò ad Antiochia ed a Cesarea. Eraclio si affidò allora a Prisco, suo generale più esperto, ma purtroppo quest'ultimo si fece battere in modo catastrofico dai persiani ed Eraclio si vide costretto a rimuoverlo dal comando dell'esercito romano e per questo prese egli stesso il comando dell'esercito, per così poi attaccare i persiani. La battaglia si svolse nel 613 nei pressi di Antiochia e la sconfitta costrinse Eraclio a ripiegare verso Costantinopoli. L'imperatore persiano Cosroe II grazie a questa vittoria di Sharbaraz, diresse due offensive, su due punti diversi dell'impero romano d'oriente, un esercito si sarebbe diretto a Costantinopoli, l’altro esercito avrebbe devastato le province della Siria, Palestina ed Egitto. Quest'ultima missione fu affidata a Sharbaraz, che conquistò nel 613 Tarso, la Cilicia e Damasco. Eraclio tentò di arginare il disastro che stava precipitando sull'impero con la diplomazia, ma i suoi ambasciatori furono respinti: Cosroe voleva la vittoria finale ed ormai era convinto di poterla avere. Dopo tre settimane d’assedio, nel 614, cadde nelle mani di Sharbaraz anche Gerusalemme. L'evento fu molto grave perché la città fu rasa al suolo e gli abitanti massacrati, eccetto gli ebrei, che da tempo fiancheggiavano l’ostilità persiana nei confronti dei romani; il Santo Sepolcro venne distrutto, le reliquie della Vera Croce, la lancia e la spugna, furono rubate e portate in Persia a Ctesifonte. I persiani non ebbero nemmeno pietà per molti monasteri, che vennero rasi al suolo.

Eraclio cercò di firmare una pace con il khaghan degli avari, in modo da non dover più combattere su due fronti, visto che i Balcani subivano continue razzie da parte degli avari, e Tessalonica venne assediata da quest'ultimi dal 617 e al 619. Eraclio tentando di negoziare la pace con gli avari rischiò di cader vittima d'un loro tranello ma, nel 619, finalmente gli avari accettarono di vendere la pace ai romani.

Ma mentre Eraclio stava facendo di tutto per salvare il suo impero, Cosroe II faceva di tutto per distruggerlo, infatti visto che egli aveva inglobato nel suo impero tutta la Palestina, ordinò nel 619 a Sharbaraz di avanzare in Egitto, in questo modo l'impero persiano avrebbe strappato ai romani il loro più grande vivaio di grano. Nel 620 Niceta, governatore dell'Egitto, nell'impossibilità di gestirne la difesa, si vide costretto a consegnare ai persiani la città di Alessandria. Sharbaraz riuscì conquistare tutta la provincia dell'Egitto nello stesso anno e questo portò, la fame e la diffusione della peste nell'impero romano d'oriente.

[modifica] La riscossa romana

Rappresentazione di Eraclio I che riporta la reliquia della vera croce, a Gerusalemme.
Rappresentazione di Eraclio I che riporta la reliquia della vera croce, a Gerusalemme.

Eraclio si rese conto della necessità di dover intervenire al più presto, per tentare di salvare ciò che era rimasto del suo impero, per questo fece ripiegare le forze romane che gli restavano in Anatolia e iniziò ad riorganizzare l'esercito. Per far fronte alle spese ottenne il pieno appoggio del patriarca Sergio e per questo si poté impossessare dei beni della chiesa; dimezzò il soldo delle truppe e dei funzionari dell'impero; arruolò più volontari possibili, concedendo terre militari in cambio del servizio, come era regola antica della legione romana, così da assicurare il pagamento ai suoi soldati.

Una volta radunate le forze, il 5 aprile 622, lunedì di Pasqua, Eraclio lasciò Costantinopoli. L’esercito dei Romani nel settembre dello stesso anno sconfisse in Armenia il generale persiano Shahrvaraz. Tuttavia un’invasione in Tracia da parte degli Avari, che avevano stracciato i patti fatti prima coi Romani, richiamò indietro Eraclio. L'imperatore dovette aumentare i tributi dovuti agli Avari e nel frattempo ricevette una lettera colma d’insulti di Cosroe II: in essa il sovrano persiano si riferiva all’Imperatore come ad “Eraclio, nostro stupido ed inutile servo”. La tensione religiosa è comunque testimoniata da Sebeo che riferisce che in questa lettera Cosroe consigliava all’avversario di consegnargli il trono in questi termini:

Collabora a Wikiquote « Io ti darò campi, vigne ed uliveti di cui viver... Quel Cristo che non poté salvare sé stesso dagli ebrei, ma che essi ucciser..., come potrà salvare te dalle mie mani? »
(Cosroe II di Persia)

Dopo una breve campagna nel 623, l’anno dopo Eraclio, accompagnato da Martina e dai figli, lasciò Costantinopoli guidando personalmente l’esercito romano contro i Persiani. All’inizio gli storici paragonavano questa campagna militare ad una crociata: nella realtà, se è vero che la tensione religiosa fu altissima, è altrettanto vero che l’Impero Romano d'Oriente lottava per la sua stessa sopravvivenza, nella convinzione che Iddio avrebbe battuto i barbari per il tramite del suo terreno rappresentante. I Romani attraversarono l’Armenia e l’Azerbaigian, penetrarono in territorio persiano, distrussero tre armate persiane ed incendiarono il tempio del Fuoco di Gandža, nel 625.

L'impero romano d'oriente nel 626.
L'impero romano d'oriente nel 626.

Per allontanare da sé il pericolo, Cosroe strinse alleanza con gli Avari spingendo i Persiani nel luglio del 626 ad attaccare Costantinopoli, appoggiati da Slavi, Bulgari e Gepidi, mentre Shahrvaraz aggirava a nord i Romani andando verso il Bosforo, fermandosi in Calcedonia. Eraclio non si lasciò perdere d’animo, distaccò parte delle sue truppe che, affidate al fratello Teodoro, sconfissero un esercito persiano di appoggio guidato da Shahin, che si suicidò, ed altri uomini li inviò in soccorso a Costantinopoli assediata, dove le imbarcazioni Slave che dovevano trasportare i Persiani furono incendiate, determinando la sconfitta degli assedianti e la liberazione della città, la cui resistenza era stata ammirevolmente guidata dal Patriarca Sergio. Si narra che in quest’occasione per la prima volta venne innalzato l’inno Akathistos quale ringraziamento alla Theotokos, il cui tempio alle Blacherne era rimasto miracolosamente intatto.

La grande vittoria del 10 agosto 626 determinò la fuga dei persiani da Costantinopoli, ma soprattutto la fine degli Avari, il cui predominio sugli altri popoli Slavi crollò. Eraclio riuscì abilmente a dividere Shahrvaraz, il più abile generale persiano, dal suo re e nel frattempo si assicurò l’alleanza e gli uomini del re dei Khazari (popolazione turca di religione ebraica), quindi nel 627 riprese l’offensiva, battendo il nemico in Iberia e penetrando in Mesopotamia. Il 12 dicembre, presso l’antica Ninive, Cosroe fu annientato durante la battaglia di Ninive e nel gennaio del 628 Eraclio ne incendiò la residenza preferita, Dastagerd. I Persiani erano sconfitti: lo scià venne imprigionato e fatto uccidere dal figlio maggiore, Kavadh II Shiroe. Nella primavera del 628 il nuovo re persiano offrì la resa in cambio della cessione delle terre occupate, della restituzione dei prigionieri e della cessione della Vera Croce. L’Impero Persiano era in collasso: dopo pochi mesi Kavadh II morì.

Immagine che rappresenta l'imperatore Eraclio che taglia la testa al sovrano sasanide Cosroe II
Immagine che rappresenta l'imperatore Eraclio che taglia la testa al sovrano sasanide Cosroe II

Eraclio, vincitore, tornò a Costantinopoli ed il 14 settembre del 628 vi celebrò un magnifico trionfo, quindi, ottenute Siria, Palestina ed Egitto da Shahrvaraz, consegnò al Santo Sepolcro di Gerusalemme la Vera Croce, che in quegli anni era stata mantenuta intatta tra i Persiani dall’orafo cristiano imperiale Jazdan. Il trionfo non fece scordare al basileus i torti del passato: agli Ebrei, racconta Sebeo, forse esagerando, venne imposto il battesimo, e comunque fu loro vietato risiedere in Gerusalemme, fino a tre miglia dalla città.

[modifica] La riforma dell'Impero Romano d'Oriente

L'ultima battaglia tra Romani e sasanidi e la vittoria finale bizantina, con la morte del re persiano, in un dipinto del Rinascimento italiano, di Piero della Francesca
L'ultima battaglia tra Romani e sasanidi e la vittoria finale bizantina, con la morte del re persiano, in un dipinto del Rinascimento italiano, di Piero della Francesca

Gli studiosi hanno a lungo perseverato nell’attribuire ad Eraclio l'introduzione del sistema dei Tèmata - θέματα - unità amministrative militari formate da soldati territoriali e truppe scelte. Questa interpretazione si rivela tuttavia infondata ad una attenta analisi delle fonti: queste ultime non fanno infatti che proiettare nel passato istituzioni assai più recenti, come avviene nella storiografia di tutti i tempi. Secondo gli specialisti dei "secoli oscuri" dell'impero bizantino, la riforma tematica deve essere con tutta probabilità datata al secolo successivo, l'ottavo, quando essa prese forma in modo graduale, a partire dal regno di Leone III[1].

È ancora opinione comune che l'Impero romano sotto il sotto il regno di Eraclio accentuò in maniera sempre più formale ed ufficiale la tendenza a manifestare la sua natura culturale greco-orientale e l'essere principalmente di lingua greca, pur permanendo agganciato alla idea universale romana ed alla natura di diretta prosecuzione dell'Impero dei Cesari. Se Egitto e Siria erano monofisiti e di lingua per lo più copta e siriaca, Grecia, Tracia ed Anatolia (cioè il nucleo dell’Impero), assieme all'Italia meridionale erano di lingua greca e di credo calcedoniano: una situazione che rifletteva una polarizzazione culturale-linguistica già presente ai tempi dell'Impero Romano unitario e che si era ancora progressivamente enfatizzata a seguito (prima) della caduta dell'Impero d'Occidente e (poi) dell'invasione slava sotto Maurizio che aveva fortemente inciso sulle regioni illirico-dalmatiche (da cui la dinastia di Giustiniano proveniva) di cultura e lingua latina. Di fatto il latino era la lingua ancora utilizzata per gli atti amministrativi e legislativi nonché dell'esercito, ma era un idioma prevalentemente parlato (in maniera sempre più volgare e distante dalla classicità anche di un secolo prima[citazione necessaria]) solamente nelle regioni italiane (o dalmatico-illiriche) rimaste sotto dominio imperiale (e non tutte vista la storica e forte influenza grecofona nelle regioni meridionali risalente perfino ai tempi della Magna Grecia[citazione necessaria]).

Eraclio I entra a Costantinopoli trionfante, dopo aver sconfitto i persiani.
Eraclio I entra a Costantinopoli trionfante, dopo aver sconfitto i persiani.

In un simile contesto, Eraclio - sull'onda della sua opera di restaurazione - avrebbe intuito di dover adeguare lo Stato, e così la lingua dell’amministrazione e della Chiesa. L'indicatore più chiaro di tqle intento sarebbe che dal 629 anche la titolatura imperiale mutò, passando da Imperator, Caesar, Augustus - o in greco αυτοκράτωρ καîσαρ αΰγουστος - a βασιλεύς, adottato quindi non solo, come alcuni affermano, perché questo era il titolo attribuito agli sconfitti re di Persia in un segno di sanzione del dominio ritrovato dell'Impero romano e Cristiano su quello Persiano, ma anche come sanzione di un cambiamento che si riscontrò poi in un altro aspetto sostanziale: se grandissima si rivelava ancora l’autorità della Chiesa, con Eraclio la figura del Basileus si rafforzò potentemente, assumendo ulteriori aspetti teocratici, a tutela della Chiesa stessa[2].

Eraclio fece incoronare quando era ancora un neonato il figlio avuto da Fabia, Herakleios Neos Konstantinos, conosciuto come Costantino III, nato nel 612, quindi farà in seguito incoronare il figlio nato da Martina, anch’esso di nome Herakleios nato nel 626 e conosciuto come Eracleona.

[modifica] L'influenza religiosa nel regno di Eraclio e gli avvenimenti in Italia

Eraclio propugnò una tesi relativa al Cristo secondo la quale egli si componeva di due nature ma di un' unica energia (dal greco ἐνέργεια, "atto, potenza, funzione"), donde il termine “monoenergismo”. Tale compromesso, inizialmente, ricevette il favore dei Patriarchi, e del Papa di Roma. Tuttavia il nuovo Patriarca di Gerusalemme, Sofronio, nel 634 rigettò tale teoria definendola una versione del monofisismo.

Eraclio e Sergio dissero che Cristo aveva, sì, due nature, ma una sola volontà (θέλημα). Tale proposizione, più ragionevole del monoenergismo, venne sancita nel 638 tramite l’affissione del documento che la propugnava, l’Ekthesis, nel nartece di Santa Sofia.

Eraclio, pur impegnato a fondo in oriente, non aveva dimenticato i minacciati possedimenti italiani, ed aveva avuto cura di inviare esarchi che fossero in grado di preservarli dai Longobardi. Dopo l’esarca Eleuterio che, pur dopo avere ristabilito l’ordine a Ravenna, Roma e Napoli, aveva tentato di usurpare il titolo imperiale d’Occidente, l’Imperatore aveva spedito in Italia Isacio. Sotto il suo mandato tuttavia non si poterono conservare i domini veneti dell'entroterra, costringendo così gli abitanti a rifugiarsi sulle coste, dove sorsero Melidissa o Eraclea (nominata così in onore del basileus) e numerosi altri centri. In seguito Isacio, di fronte agli atteggiamenti di Papa Severino, non esitò ad assaltare il Laterano, con la scusante di recuperare le paghe della guarnigione romana, e ad esiliare il pontefice ed il suo seguito.
Ciò tuttavia non servì a rendere più accettabile la politica religiosa eracliana.

[modifica] Gli Arabi e l'Impero di Bisanzio

Conquiste dell'Islam
Conquiste dell'Islam

Esattamente quando Eraclio celebrava i suoi trionfi contro lo storico nemico dei Bizantini, nei lontani deserti dell’Arabia quelle tribù di beduini nomadi uscivano definitivamente dalla Jahiliyya, sotto la guida di Muhammad.
Si narra che già prima del 629 il Profeta aveva inviato ai maggiori re del mondo, tra cui Eraclio, delle missive nelle quali chiedeva l’adesione all’Islam e, comunque, già in quell’anno un paio di incursioni di predoni arabi venivano bloccate dagli alleati Ghassanidi dei Bizantini a Muʾta. Nessuno diede peso a tali avvenimenti, frutto della più volte asserita indisciplina delle tribù desertiche, ma la realtà era ben diversa.

Gli Arabi nell’autunno del 633 penetravano in Transgiordania ed in Palestina con tre colonne di 3.000 uomini ciascuna. I primi scontri sul mar Morto e nei pressi di Gaza si risolsero in vittorie arabe, ed addirittura il patrizio Sergio, comandante militare locale, cadde sul campo. Di fronte alla nuova invasione l’Impero si rese conto del pericolo ed Eraclio, posta sede ad Emesa (poi Homs), radunò un esercito al comando del quale pose il fratello, Teodoro.
Non si sa se per ordine di Abū Bakr o per sua propria volontà, nell’aprile del 634 Khālid ibn al-Walīd lasciò Hīra, che assediava insieme al generale al-Muthannā ibn Hāritha, e con una marcia prodigiosa unì le sue truppe, ma soprattutto il suo genio militare, alle truppe arabe in Palestina che la controffensiva bizantina metteva in difficoltà.
Teodoro investì le forze avversarie presso Ajnādayn, a sud-ovest di Gerusalemme, il 30 luglio del 634, riportando una grave sconfitta: il governatore della Palestina cadde e lo stesso Teodoro si salvò solo grazie alla fuga. Grazie alla velocità negli spostamenti ed alla compattezza delle sue truppe Khālid, la “Spada di Dio”, portò i musulmani ad una vittoria dopo l’altra: il nuovo comandante bizantino, l’armeno Vaanes, si fece battere a Pella e a Marj al-Ṣuffar, a sud di Damasco, e la stessa Damasco si trovò assediata nel marzo del 635. Il 10 settembre Damasco aprì le porte a Khālid.

Eraclio, da Antiochia, preparava la riscossa, ed affidò un imponente esercito al sakellarios Teodoro, a Vaanes e al ghassanide Jabala ibn Ayham. Di fronte a tale spiegamento di forze Khālid preferì ritirare le sue truppe, sgomberando i territori e le città conquistate fino ad allora, e ripiegando in cerca del luogo ideale allo scontro, che individuò sulle rive del fiume Yarmūk, un affluente del Giordano a sud del lago di Tiberiade. Qui infuriò una lunga e sanguinosa battaglia, dall’esito incerto fino all’ultimo, che si risolse il 20 agosto del 636 in una netta vittoria degli Arabi. I resti dell’armata bizantina batterono in ritirata ed Eraclio fece sgomberare la Palestina e la Siria, approntando la difesa. Gli Arabi, ora guidati da Yazīd ibn Abī Sufyān e da suo fratello Muʿāwiya ibn Abī Sufyān, rioccuparono rapidamente quanto precedentemente sgomberato e posero il blocco a Gerusalemme, da cui il basileus prudentemente aveva fatto portar via la Vera Croce. Nel 638, dopo sette mesi d’assedio, la città santa si arrendeva ai musulmani.

[modifica] La fine di un sogno

Moneta di Eraclio I, insieme a suo figlio Costantino III
Moneta di Eraclio I, insieme a suo figlio Costantino III

Sicuramente era convinzione dei cristiani che, come anni prima, il loro glorioso Imperatore li avrebbe liberati dai musulmani, con l’aiuto di Dio e, probabilmente, ritirando le truppe restanti, questa era anche l’intenzione di Eraclio, che però non era più l’incomparabile guerriero d’un tempo. L’uomo che, dopo aver sgomberato parte delle terre trionfalmente riacquistate all’Impero poco tempo prima, tristemente ritornava a Costantinopoli, era un uomo stanco, molto malato e forse non del tutto padrone di sé, e solo un tentativo d’usurpazione a Costantinopoli, nel 637, lo costrinse a rientrare a palazzo. La reazione fu molto dura: i rivoltosi, tra i quali comparivano il figlio illegittimo Atalarico ed il nipote Teodoro, ebbero nasi e mani amputate. Questo fatto legò ancor più il basileus alla moglie, ed il figlio Eracleona venne incoronato coimperatore, rinfocolando antiche polemiche e convincendo ancor più molti ambienti che i guai dell’Impero altro non erano che i frutti della punizione divina per i peccati del basileus.

Nel frattempo l’ondata musulmana, abbattutasi violentemente sui Persiani, si riversava sull’Armenia e sulla Mesopotamia bizantina ed alla fine del 639 si affacciava alle porte dell’Egitto provenendo dalla Siria-Palestina. Dopo alcuni insuccessi, 4.000 cavalieri arabi guidati da ʿAmr ibn al-ʿĀṣ, all’inizio del 640, occupavano Pelusio e, in luglio, battevano i difensori bizantini presso la fortezza di Babylon, ponendo l’assedio alla stessa fortezza. Intanto, più lontano, l’Armenia fu invasa.

Il patriarca d'Alessandria, Ciro, che esercitava funzioni politiche simili a quelle governatoriali, chiese ad Eraclio di poter trattare la resa di Babylon con ʿAmr. Il basileus rifiutò, imponendo la continuazione della resistenza, e depose Ciro, in seguito sospettato di intesa con gli Arabi a causa delle sue simpatie monofisite. Mentre Babylon viveva stretta d’assedio, la stessa sorte si profilava per la ricca Alessandria, che pareva tuttavia ben più decisa a resistere.

Eraclio ebbe la ventura di non dover assistere alla resa di Babylon nell’aprile del 641, né di venire a conoscenza della caduta di Alessandria, l’anno successivo, ceduta ad ʿAmr da Ciro, reintegrato nel frattempo da Martina. Reso irriconoscibile dalla malattia, distrutto dall’idropisia, l’11 febbraio del 641 l’Imperatore si era spento. Venne sepolto nella chiesa dei santi Apostoli, accanto a Fabia.

[modifica] Bibliografia

  • Georg Ostrogorsky. Storia dell'Impero bizantino. Milano, Einaudi, 1968. ISBN 8806173626
  • Gerhard Herm. I bizantini. Milano, Garzanti, 1985.
  • John Julius Norwich. Bisanzio . Milano, Mondadori, 2000. ISBN 8804481854
  • Silvia Ronchey. Lo stato bizantino . Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8806162551
  • Alexander P Kazhdan. Bisanzio e la sua civiltà . 2a ed. Bari, Laterza, 2004. ISBN 8842046914
  • Giorgio Ravegnani. La storia di Bisanzio . Roma, Jouvence, 2004. ISBN 8878013536
  • Giorgio Ravegnani. I bizantini in Italia . Bologna, il Mulino, 2004.
  • Ralph-Johannes Lilie. Bisanzio la seconda Roma . Roma, Newton & Compton, 2005. ISBN 88-541-0286-5
  • Alain Ducellier. Bisanzio (IV-XV secolo) . Milano, San Paolo, 2005. ISBN 8821553663
  • Giorgio Ravegnani. Bisanzio e Venezia . Bologna, il Mulino, 2006.
  • Giorgio Ravegnani. Introduzione alla storia bizantina . Bologna, il Mulino, 2006.

[modifica] Note

  1. ^ Cf. ora C. Zuckerman in Millennium 2 (2005).
  2. ^ In realtà, la questione della titolatura imperiale bizantina è molto più complessa e non può essere affrontata in questo spazio. Soprattutto, forse "fortunatamente", mancano agli studiosi di oggi le categorie identitarie ("greco, orientale") e lo stesso concetto di "cultura" che impregnavano il dibattito storiografico europeo nella prima metà del ventesimo secolo, ancora il clima in cui furono formulate le interpretazioni di G. Ostrogorskij o di F. Dölger.


[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Altri progetti

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