Team Lotus
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Lotus |
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Stagioni | 1958-1994 |
Miglior risultato | Campione del Mondo 1963, 1965, 1968, 1970, 1972, 1973, 1978 |
GP disputati | 491 |
GP vinti | 79 |
Pole-position | 107 |
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La Lotus è un marchio entrato nella leggenda delle corse, sia per i grandi successi ottenuti, sia per aver legato il suo nome a quello di un'altra leggenda, Jim Clark, ma soprattutto per il carisma e l'unicità del fondatore della squadra: Colin Chapman. Egli optò per questo nome esotico in onore della moglie Hezel, così affettuosamente soprannominata.
Il Team Lotus fu la squadra di Formula 1 della Lotus Cars. La sua prima vittoria avviene nel GP di Montecarlo del 1960, guidava Stirling Moss, mentre il suo ultimo GP sarà quello degli Stati Uniti del 1987, guidava Ayrton Senna.
A distanza di oltre un decennio dalla scomparsa il Team Lotus rimane uno dei piu' vincenti di sempre, con sette titoli mondiali costruttori, e ad esso vanno attribuiti i meriti delle piu' grandi rivoluzioni tecniche della Formula 1: il telaio monoscocca (Lotus 25) il motore con funzione portante (Lotus 49) i radiatori laterali (Lotus 72) lo sfruttamento dell'effetto suolo (Lotus 78/79) fino ad arrivare all'introduzione del telaio in fibra di carbonio (Lotus 91) e alle sospensioni attive (Lotus 92).
Nessuna altra Casa e' stata tanto prolifica nel generare innovazioni tecniche rivoluzionarie e d'avanguardia, tanto che a volte i regolamenti furono modificati apposta per limitare o annullare gli schiaccianti vantaggi derivanti da tali scoperte, come avvenne clamorosamente nel 1981, quando la Federazione Internazionale cambio' il regolamento tecnico per impedire la partecipazione al mondiale della futuristica Lotus 88, l'unica Formula 1 con doppio telaio (uno progettato per sostenere i carichi meccanici e l'altro per quelli aerodinamici).
Indice |
[modifica] Il debutto
Il debutto in Formula 1 di un team che finora aveva corso in serie minori, avviene con il GP di Monaco del 1958: i piloti sono Graham Hill e Cliff Allison. Il salto di qualità avviene nel 1960, anno in cui arrivano le prime due vittorie iridate con Stirling Moss a Montecarlo e Riverside; nello stesso anno arriverà alla corte di Chapman quel Jim Clark destinato a portare la Lotus nell'olimpo della Formula 1. Il rappporto con il britannico dura fino al 7 aprile 1968, quando Big Jim si schianta contro un albero a Hockenheim in una gara di Formula 2, dopo che l'asso scozzese aveva conquistato 25 vittorie in 72 Gran Premi, oltre ai titoli iridato del 1963 e 1965, ai quali si aggiunge la 500 Miglia di Indianapolis del 1965.
[modifica] Il dramma di Rindt
La scomparsa di Clark fu un colpo durissimo per Chapman, che sembrava costruire le monoposto direttamente intorno al suo campione. Dopo il mondiale del 1968, vinto con Graham Hill, Chapman ebbe tra le mani un altro talentuoso pilota: Jochen Rindt.
Nel 1970, infatti, l'austriaco ottenne cinque successi che, a quattro gare dal termine, lo proiettarono saldamente in cima al mondiale: purtroppo non riuscì a godere del successo tanto cercato. Rindt, infatti, morì durante le prove del sabato a Monza durante il locale Gran Premio. Rindt uscì di pista all'ingresso della curva Parabolica per il cedimento di un semiasse anteriore che collegava il disco del freno alla ruota. La Lotus 72 aveva, infatti, i dischi freno davanti "inboard", vale a dire al centro per alleggerire le masse non sospese (le ruote). La Lotus, squilibrata nella frenata, deviò all'improvviso verso il guard-rail. L'impatto non avrebbe avuto gravi conseguenze se proprio in quel punto non vi fosse stata una buca sotto il guard-rail (forse scavata da un animale, forse da qualche spettatore per entrare in pista, chi lo sa?) dentro al quale si ficcò la ruota che restò incastrata. La vettura, letteralmente scardinata nella parte anteriore, fece perno e rientrò lungo la via di fuga (sulla sabbia) ruotando su sè stessa. L'improvvisa e fortissima decelerazione fu la causa della frattura delle vertebre cervicali e della conseguente morte del pilota.
A quel punto il belga Jackie Ickx, su Ferrari, avrebbe potuto, vincendo le due ultime gare in programma, aggiudicarsi il titolo. Ickx si aggiudicò l'ultima gara, il gran premio del Messico a Magdalena-Mixuca, ma si piazzò in quello precedente degli Stati Uniti. Rindt era campione. Ickx stesso affermò in seguito che non avrebbe gradito vincere contro chi non poteva più difendersi. Forse quel piazzamento fu voluto? Non lo si è mai saputo.
La morte di Rindt, e la perdita di un altro grande campione, però, non fecero altro che alimentare le polemiche sulle vetture di Chapman, accusate di essere eccessivamente pericolose a causa delle esasperate soluzioni tecniche messe in campo forse con troppa disinvoltura.
Rindt, comunque, conquisto un titolo postumo anche grazie al fondamentale apporto di Emerson Fittipaldi, giovanissimo pilota che con le vetture di Chapman fu in grado di vincere il titolo nel 1972: sostituito lo sfortunato austriaco, il talento brasiliano vinse all'esordio la gara di Watkins Glen, togliendo qualsiasi speranza di vittoria iridata ai due ferraristi.
Dopo il titolo del 1972, Fittipaldi lotterà ancora per il titolo, ma questa volta contro Jackie Stewart, su Tyrrell, che alla fine conquistò la vetta della classifica finale: questa sconfitta, per la Lotus e per Fittipaldi, provocò una rottura tra il pilota e Chapman, cui viene rimproverato il fatto di non aver imposto al suo allora compagno di squadra, Ronnie Peterson, un aiuto nell'impresa di conquistare il mondiale: a vantaggio del ragionamento di Fittipaldi il fatto che la Lotus vinse comunque il titolo costruttori (1973). Emerson, quindi, vinse l'anno successivo (il 1974)il titolo con la McLaren, mentre Chapman dovette attendere il 1978 per rivincere il titolo piloti, l'ultimo della gloriosa scuderia.
[modifica] Big Mario
È con Mario Andretti che riesce l'ultimo colpo iridato: titolo piloti e costruttori!
Nel team c'è una forte rivalita' tra l'esperto Andretti e il giovane Peterson, ma lo status di prima guida è di Andretti: è lui che ha creduto fermamente nelle rivoluzionarie scelte tecniche di Chapman mentre questi navigava in cattive acque. Peterson invece aveva abbandonato la squadra proprio nel momento di crisi e ora veniva "ripagato" per la sua ingratitudine. Se sul giro singolo lo svedese è nettamente il più veloce, in gara Andretti può contare sulla sua grande esperienza e sulla sua grande cultura tecnica: Andretti era capace di misurare anche mille gomme prima di una gara per trovare quelle quattro che più si adattavano al suo stile di guida.
A Monza i giochi sono fatti, ma nel warm-up Peterson danneggia la vettura alla variante della Roggia. È costretto quindi a schierarsi alla partenza del Gran Premio con la vettura dell'anno precedente, dotata di una sezione anteriore molto più ridotta. Il motore della vettura incidentata viene trapiantato sulla Lotus 78 e forse in questa operazione della sabbia entra nel circuito di alimentazione. Al via della gara il pilota svedese si trova col motore che non prende giri e quindi viene sfilato via via dalle vetture che lo seguono finché, proprio dove la pista si restringe in prossimità della prima variante, non si trova stretto tra Riccardo Patrese e James Hunt. La Lotus sbanda ed urta violentemente contro il guardrail, poi rimbalza a centro pista e viene colpita da altre auto, infine si incendia. Lo svedese viene soccorso subito dal personale antincendio e dai piloti James Hunt, Patrick Depailler e Didier Pironi: è cosciente, ma presenta delle bruttissime fratture alle gambe. Soprattutto il piede destro presenta fratture comminute ed è quindi a rischio amputazione. Durante la notte lo svedese subisce, all'Ospedale Niguarda di Milano, un lunghissimo intervento chirurgico per la riduzione delle numerose fratture. Purtroppo, Peterson perderà la vita il giorno successivo a causa di una massiva embolia adiposa, conseguenza delle fratture e, secondo il suo entourage familiare e sportivo, della manipolazione chirurgica troppo prolungata. Questa polemica viene sovrastata da quella, ben maggiore, che coinvolge Colin Chapman. Otto anni dopo la morte di Jochen Rindt, il manager Lotus si trova nuovamente nell'occhio del ciclone: gli si rimprovera di aver osteggiato lo svedese per favorire Mario Andretti e di essere, per tutta la catena di eventi che ha portato Peterson a presentarsi su una vecchia vettura malfunzionante alla gara decisiva per il titolo sulla sua pista preferita, il responsabile morale della morte di Peterson. L'inchiesta aperta dalla magistratura italiana sposterà dopo pochi giorni il fuoco delle responsabilità sul direttore di gara e sui piloti coinvolti nell'incidente, soprattutto Riccardo Patrese.
[modifica] Declino
Dopo quest'ultima vittoria, pur se "macchiata" dall'ennesima tragedia, la Lotus ottenne solo una serie di successi parziali, come quello nel Gran Premio d'Austria del 1982 ad opera di Elio de Angelis: questa sarà anche l'ultima vittoria cui assiste Chapman, morto in circostanze misteriose alla fine di quello stesso anno. Sulla dipartita del geniale progettista, si formulano da sempre ipotesi fantasiose, legate alla totale assenza di immagini dei suoi funerali e della sua sepoltura. I più audaci sostengono che, oberato dai debiti, coinvolto nello scandalo De Lorean e sospettato di complicità in un traffico internazionale di stupefacenti, stanco del mondo patinato ma crudele della Formula Uno, avrebbe optato per la classica fuga in Sudamerica, ricorrendo addirittura ad una plastica facciale per rendersi irriconoscibile. Laggiù sarebbe morto in piena tranquillità a metà degli anni novanta. Inutile dire che di tutto questo, debiti e scandalo De Lorean a parte, non c'è nulla di dimostrato.
La morte del patron fu un duro colpo per la scuderia, che non riuscì mai più a riprendersi, salvo per le sei vittorie ottenute da Ayrton Senna prima del suo passaggio alla McLaren: da allora in poi la scuderia inglese entra definitivamente in crisi, perdendo prima il motore Honda ufficiale e poi lo sponsor Camel. Alla Lotus però riesce un ultimo guizzo: far debuttare Mika Häkkinen, futuro campione del mondo, nel 1991. Con il modesto motore Ford "clienti", una monoposto indovinata (la 102) e una raffinata gestione elettronica delle sospensioni attive, nel 1992 Häkkinen e Johnny Herbert sono spesso a ridosso dei top team, sfiorando più volte il podio. Da lì in poi la squadra (gestita dall'ambizioso Peter Collins) imboccò la via del declino fino alla chiusura, avvenuta con il 1994, anno della sua ultima stagione. Con la Lotus di quell'anno, che della gloriosa scuderia degli anni settanta conserva solo il marchio, debutta in Formula Uno Alessandro Zanardi. Malgrado il fallimento del reparto corse, il telaio della vettura per il 1995 fu venduto al team Pacific e per questo, la vettura, nella livrea, aveva una banda di colore verde nella parte anteriore, ove fu inserito il logo della gloriosa marca inglese.
[modifica] Principali piloti
- Jim Clark (1960-1968): 72 GP, 25 vittorie
- Mario Andretti (1968-1969, 1976-1980): 80 GP, 11 vittorie
- Ronnie Peterson (1973-1976, 1978): 65 GP, 9 vittorie
- Emerson Fittipaldi (1970-1973): 42 GP, 9 vittorie
- Ayrton Senna (1985-1987): 48 GP, 6 vittorie
- Jochen Rindt (1969-1970): 21 GP, 6 vittorie
- Graham Hill (1958-1959, 1966-1970): 61 GP, 4 vittorie
- Stirling Moss (1960-1961): 16 GP, 4 vittorie
- Elio de Angelis (1980-1985): 94 GP, 2 vittorie
- Innes Ireland (1959-1965): 41 GP, 1 vittoria
- Jo Siffert (1962-1964, 1968-1969): 36 GP, 1 vittoria
- Gunnar Nilsson (1976-1977): 31 GP, 1 vittoria
- Nigel Mansell (1980-1984): 61 GP
- Johnny Herbert (1990-1994): 54 GP
- Satoru Nakajima (1987-1989): 43 GP
- Nelson Piquet (1988-1989): 31 GP
- Mika Hakkinen (1991-1992): 30 GP
- Pedro Lamy (1993 - 1994) : 9 GP
- Jacky Ickx (1974-1975): 24 GP
- Alessandro Zanardi (1993-1994): 21 GP
- Carlos Reutemann (1979): 15 GP
[modifica] Bibliografia
- (EN) Andrew Ferguson. Team Lotus: The Indianapolis Years. , Haynes. ISBN 1852604913
- (EN) Ian Smith. The Story of Lotus, 1947-1960: Birth of a Legend. , R.Bentley. ISBN 0837600480
- (EN) Doug Nye. The Story of Lotus, 1961-1971: Growth of a Legend. , Motor Racing Publications. ISBN 0900549157
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