Strage di Peteano
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La Strage di Peteano è un atto terroristico avvenuto il 31 maggio 1972, compiuto da militanti dell'associazione terrostica di estrema destra "Ordine Nuovo".
La strage di Peteano, definita anche trappola di Peteano per le modalità con cui si svolse, provocò la morte di tre uomini dell'Arma dei Carabinieri.
Questo fatto di sangue si collocava in un preciso e delicato contesto storico-politico: il 7 maggio 1972 infatti si erano svolte le elezioni politiche anticipate che avevano assegnato la guida del paese ad un nuovo esecutivo presieduto da Giulio Andreotti.
Il dibattito politico era ancora turbolento, ed era accompagnato dalle prime rivelazioni riguardanti lo scandalo della loggia massonica P2, dai nascenti (e già sperimentati) tentativi di colpo di stato.
Diversi, prima di quella di Peteano, furono gli attentati terroristici attuati da associazioni anarchiche di stampo estremista che molto avevano fatto discutere e che avevano contribuito a creare un clima di netta tensione e apprensione nel paese, un primo passo verso quella che è stata in seguito definita Strategia della tensione.
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[modifica] I fatti
La notte del 31 maggio una telefonata anonima giunse al centralino del pronto intervento della Stazione dei Carabinieri di Gorizia. Ad ascoltare l'anonimo messaggio c'era il centralinista di turno Domenico La Malfa. Il testo della comunicazione in lingua dialettale è il seguente:
- « Senta, vorrei dirle che xè una machina che la gà due busi sul parabreza. La xè una cinquecento bianca, visin la ferovia, sula strada per Savogna ».
Sul posto segnalato giunsero tre gazzelle. Venne rinvenuta la Fiat Cinquecento bianca con i due buchi sul parabrezza, come aveva comunicato in dialetto l'anonimo informatore.
Tre carabinieri tentarono di aprire il cofano del mezzo. Il gesto gli fu fatale. L'auto saltò in aria provocando la morte dei tre militi. Altri due rimasero gravemente feriti.
[modifica] Le indagini
A dirigere le indagini sulla vicenda venne posto il colonnello Dino Mingarelli, vecchio braccio destro del generale Giovanni De Lorenzo.
Sin da subito Mingarelli diresse la sua inchiesta verso gli ambienti di Lotta continua di Trento, ma le indagini non ottennero gli esiti previsti: dalla magistratura milanese giunse l'informazione secondo cui l'attentato sarebbe stato attualizzato da un gruppo terrorista triestino di estrema destra, di cui fece parte anche Ivano Boccaccio, militante ucciso in un tentato dirottamento di un aereo all'aeroporto di Ronchi dei Legionari.
L'informazione era stata data da Giovanni Ventura, nel frattempo arrestato per la strage di Piazza Fontana. Tuttavia il colonnello scartò l'indicazione milanese. Un'ordine del SID infatti lo invitò a sospendere le indagini sul gruppo terrorista di estrema destra e Mingarelli ubbidì senza alcun ripensemento.
Mingarelli era rimasto vittima di un depistaggio. Il colonnello rivolse le attenzioni investigative verso sei giovani. Costruì minuziosamente l'accusa e li condusse a processo. Secondo il Mingarelli i sei giovani si sarebbero vendicati di alcuni sgarbi subiti dai carabinieri. L'ipotesi non era solida, ma il processo si aprì ugualmente.
Il movente costruito dall'alto ufficiale non convinse i giudici, che assolsero i sei giovani. Il piano costruito appositamente dal colonnello si ritorse contro lo stesso. I giovani indagati infatti, una volta liberi, denunciarono Mingarelli per le false accuse, dando inizio ad un nuovo processo. Stavolta il principale indiziato era proprio il colonnello.
Da quest'ulteriore indagine emerse l'evidente colpevolezza di Mingarelli ed altresì il reato di favoreggiamento dell'allora segretario dell'MSI Giorgio Almirante.
Frattanto il terrorista triestino Vincenzo Vinciguerra, di fede neofascista, aveva confessato la paternità dell'attentato di Peteano: si rivelò giusta l'indicazione fornita da Giovanni Ventura.
Un altro neofascista, Carlo Cicuttini, venne identificato come l'autore della telefonata-trappola.
Cicuttini, fuggito in Spagna, venne catturato a ventisei anni dalla strage, nell'aprile del 1998, quando fu vittima egli stesso di una trappola: la procura di Venezia gli fece offrire un lavoro a Tolosa dove, recatosi convinto di intraprendere le trattative contrattuali, venne arrestato dalla polizia.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- La strage di Peteano - la grazia sfiorata di Gian Antonio Stella, articolo del Corriere della Sera del 15 febbraio 2005;
- La Strage Di Peteano, articolo sulla strage ed intervista a Vincenzo Vinciguerra