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Mutazione genetica - Wikipedia

Mutazione genetica

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Tipi di mutazione
Tipi di mutazione

Per mutazione genetica si intende ogni modificazione stabile nella sequenza nucleotidica di un genoma o più generalmente di materiale genetico (sia DNA che RNA).[1] Una mutazione modifica quindi il genotipo di un individuo e può eventualmente modificarne il fenotipo a seconda delle sue caratteristiche e delle interazioni con l'ambiente.

Le mutazioni sono gli elementi di base grazie ai quali possono svolgersi i processi evolutivi. Le mutazioni determinano infatti la cosiddetta variabilità genetica, ovvero la condizione per cui gli organismi differiscono tra loro per uno o più caratteri. Su questa variabilità, tramite la ricombinazione genetica, opera la selezione naturale, la quale promuove le mutazioni favorevoli a scapito di quelle sfavorevoli o addirittura letali. Essendo la maggior parte delle mutazioni non favorevoli, gli organismi hanno sviluppato diversi meccanismi per la riparazione del DNA dai vari danni che può subire, riducendo in questo modo il tasso di mutazione.

Le mutazioni vengono distinte dai genetisti in base alla loro scala di azione: l'alterazione può riguardare un singolo gene, porzioni del genoma o l'intero corredo cromosomico.

Se le mutazioni avvengono in una cellula somatica queste, assieme ai relativi effetti, saranno presenti in tutte le cellule da essa derivate per mitosi; alcune di queste mutazioni possono rendere le cellule maligne e provocare cancro,e sono responsabili di alcune malformazioni congenite. Se le mutazioni sono presenti nelle cellule delle linee germinali o nei gameti sono ereditate dalle generazioni successive e possono eventualmente provocare malattie genetiche ereditarie.

Indice

[modifica] Origine delle mutazioni

Le mutazioni vengono generalmente classificate in due classi a seconda della loro origine.

[modifica] Mutazioni spontanee

Per approfondire, vedi la voce Mutazione spontanea.

Le mutazioni spontanee sono mutazioni provocate da fattori chimici endogeni e da errori nei processi che si attuano sul materiale genetico; la definizione di mutazione spontanea è di mutazione che avviene in assenza di agenti mutageni noti. Non sono molto frequenti, ma sono comunque inevitabili vista la intrinseca imperfezione di ogni meccanismo molecolare. Gli errori possono essere dovuti a:

  • Tautomeria - una base è modificata per lo spostamento di un atomo di idrogeno.
  • Deaminazione - reazione che trasforma una base azotata in una diversa; ad esempio provoca la transizione C → U (che può essere riparata); c'è anche la deaminazione spontanea della 5-metilcitosina in T e la deaminazione che determina A → HX (adenina → ipoxantina).
  • Depurinazione - idrolisi del legame glicosidico e formazione di un nucleotide privo di base (di solito G o A).
  • Danni ossidativi - dovuti alla formazione spontanea nella cellula di specie con atomi di ossigeno molto reattive, in grado di attaccare il DNA e causare danni al singolo o al doppio filamento e danneggiamento delle basi azotate.
  • Errori nei processi di replicazione, della ricombinazione e della riparazione del DNA. Ad esempio può essere dovuta alla DNA polimerasi che aggiunge nucleotidi non corretti; ciò può generare una trasversione se c'è lo scambio di una purina con una pirimidina o viceversa; una transizione se c'è lo scambio di una purina con un'altra purina oppure di una pirimidina con un'altra pirimidina.

[modifica] Mutazioni indotte

Per approfondire, vedi le voci Mutazione indotta e Mutageno.

Le mutazioni indotte sono invece prodotte dall'azione di particolari agenti fisici o chimici detti appunto agenti mutageni. È detto mutagenesi il processo che determina una mutazione indotta e mutagenizzato l'organismo in cui è stata prodotta. Si distinguono i danni per mutazioni indotte in:

  • Sostituzione delle basi con molecole con struttura analoga a quelle comunemente presenti nel DNA ma che formano appaiamenti diversi e quindi errati.
  • Aggiunta di gruppi sostituenti alle basi azotate: anche in questo caso generando molecole con capacità di appaiamento non corrette.
  • Danneggiamento delle basi: rompendo legami o aggiungendone di nuovi rispetto alla condizione normale
  • Inserzione o delezioni di basi.

I mutageni fisici sono soprattutto radiazioni ionizzanti (raggi X, raggi gamma) e non ionizzanti (raggi UV); gli agenti chimici sono molto numerosi e appartengono a diverse classi di composti. Oltre che per la natura i mutageni differiscono anche per spettro mutazionale, ovvero per il tipo (o i tipi) di mutazione che possono provocare. Spesso una stessa conseguenza può essere causata da mutageni diversi (anche per natura), anche se generalmente i meccanismi con cui essi hanno agito sono profondamente diversi.

Una importante differenza tra mutageni fisici e chimici è che i primi agiscono indipendentemente dall'organismo; i mutageni chimici invece possono avere effetti diversi in funzione del sistema biologico. Mentre una radiazione, infatti, colpisce direttamente il materiale genetico, un composto chimico può interagire con altre molecole (enzimi, metaboliti, specie reattive...) presenti nella cellula che ne possono variare le caratteristiche.

[modifica] Mutazioni geniche

Per approfondire, vedi la voce Mutazione genica.

Sono le mutazioni che alterano un singolo gene e dunque le più "piccole" che si possono avere. In quanto tali non sono visibili attraverso analisi al microscopio (tranne alcuni casi estremi), ma possono essere riscontrate solo tramite analisi genetiche. Le mutazioni geniche portano alla formazione di nuove forme geniche, ovvero di nuovi alleli, detti appunto alleli mutanti. In quanto tali questi sono rari nella popolazione e si differenziano dagli alleli più diffusi detti invece tipi selvatici. Bisogna però far distinzione anche tra alleli mutanti e morfi. I morfi sono infatti due o più alleli di uno stesso gene con frequenza superiore all'1% (polimorfismo). Alla luce di questo ne deriva che il concetto di mutazione non è assoluto: un gene potrà subire una mutazione; se l'allele mutante però troverà le condizioni per diffondersi nella popolazione e superare la frequenza dell'1% non si parlerà più di mutazione ma di morfo.

Possono essere distinte in due categorie: mutazioni puntiformi e mutazioni per sequenze ripetute. Le prime sono causate da sostituzioni di basi o da inserzioni o delezioni di coppie di basi (mutazioni frameshift). La seconda categoria comprende le mutazioni causate sempre da inserzioni o delezioni ma di sequenze di basi ripetute.

[modifica] Mutazioni puntiformi

Originariamente il termine indicava mutazioni che interessano un solo nucleotide, ma è ormai comune classificarvi anche mutazioni di fino a 50 nucleotidi.

[modifica] Sostituzione di basi

Determinano uno scambio di un nucleotide con un altro. Sono definite transizioni qualora vi è un scambio di una purina con altra purina (A ↔ G) o di una pirimidina con un'altra pirimidina (C ↔ T); oppure transversioni quando lo scambio è di una purina con un a pirimidina o viceversa (C/T ↔ A/G). In genere le transizioni sono più frequenti delle transversioni. Quando ci si riferisce a mutazioni di una sequenza che codifica per un determinato prodotto genico le sostituzioni potranno essere:

  • mutazioni sinonime: quando la mutazione determina un codone diverso ma che codifica per lo stesso amminoacido (questo è possibile grazie alla ridondanza del nostro codice genetico ). Non si avrà alcun cambiamento nel prodotto genico.
  • mutazioni di senso errato: quando un codone viene sostituito con uno che codifica per un altro amminoacido. Se quest'ultimo avrà le stesse caratteristiche chimiche (dimensione, carica...) allora la sostituzione sarà conservativa altrimenti non conservativa. È chiaro che il secondo caso rende più probabile una variazione nella funzionalità del prodotto.
  • mutazioni non senso: quando la mutazione determina la formazione di un codone di stop all'interno della sequenza. Questo provoca, se il prodotto è una proteina, un'interruzione precoce della sua sintesi nella traduzione. In generale maggiore sarà il frammento non tradotto maggiore sarà il rischio di una mutazione svantaggiosa.

[modifica] Mutazioni frameshift

Esempi di effetti di mutazioni frameshift
Esempi di effetti di mutazioni frameshift

Le mutazioni frameshift (dall'inglese, spostamento dell'ordine di lettura) sono dette anche mutazioni da scivolamento. Sono causate dall'aggiunta (inserzione) o l'eliminazione (delezione) di uno o pochi nucleotidi.[2] Nel caso di inserzione o delezione di nucleotidi in numero non multiplo di tre, viene alterato l'ordine di lettura (in inglese frame) di tutti i codoni successivi nell'ordine a quello inserito o deleto. Scoperte da Crick e Brenner studiando il codice genetico, si tratta di mutazioni quasi sempre dannose.

[modifica] Mutazioni per sequenze ripetute

Analoghe alle mutazioni frameshift, interessano però più di un nucleotide adiacente; in particolare interessano gruppi nucleotidici che formano una sequenza la quale si ripete più volte di seguito. La mutazione, che si origina nel corso della replicazione del DNA, provoca una variazione nel numero di queste sequenze ripetute; il nuovo filamento di DNA potrà presentarne in eccesso o in difetto. Il fenomeno che causa la mutazione è detto slittamento della replicazione (replication slippage). Malattie genetiche associate a questo tipo di mutazione sono la Corea di Huntington e la sindrome dell'X fragile.

[modifica] Effetti delle mutazioni geniche

Gli effetti possono essere notevolmente diversi a seconda del tipo di mutazione e della posizione in cui questa si verifica. Una mutazione può non portare a nessuna conseguenza e questo quando interessa DNA che non codifica (o meglio sembra non codificare) per nessun prodotto genico (il cosiddetto junk DNA o DNA spazzatura ) . Se la mutazione va invece ad alterare le sequenze codificanti, ovvero i geni, si ha una variazione nel tipo o nella quantità del corrispettivo prodotto genico, che può essere una proteina o RNA funzionale (rRNA, tRNA, snRNA ecc.). Parliamo in questo caso di mutazione biochimica; se la mutazione biochimica porta a una variazione visibile del fenotipo si parla di mutazione morfologica.

Inoltre distinguiamo, sempre in relazione agli effetti, in:

  • mutazione positiva: quella che porta un vantaggio evolutivo;
  • mutazione neutra: quella che non risulta in un depotenziamento della capacità riproduttiva dell’individuo;
  • mutazione subletale: quella che rende più difficoltosa la perpetuazione riproduttiva dell’individuo (il tipico esempio sono le malattie genetiche che debilitano in qualche modo l’individuo, rendendolo meno capace di riprodursi, senza però impedirglielo totalmente);
  • mutazione letale: quella che non permette all’individuo di raggiungere l’età riproduttiva o non gli permette di riprodursi.

L'efficacia della mutazione, sia positiva che negativa, dipende poi dal tipo di allele mutato così creato; questo potrà essere infatti dominante o recessivo. Nei diploidi se è dominante avrà sempre effetto (sia in un eterozigote che in un omozigote dominante); se è recessivo, essendo aploinsufficiente, per avere effetto ha bisogno che anche l'altro elemento della coppia genica sia mutato (individuo omozigote recessivo). Negli aploidi, che sono emizigoti, la mutazione avrà invece sempre effetto.

Le mutazioni possono essere in alcuni casi pleiotropiche, ovvero possono dar luogo a più effetti: ad esempio nel topo (Mus musculus), un comune allele mutante e dominante in condizioni di eterozigosi determina una variazione del colore del mantello; in omozigosi, cioè quando l'allele mutato è presente in duplice copia, provoca invece la morte dell'animale prima ancora della nascita. Si può presumere quindi che il gene mutato controlli non solo il colore della pelliccia, ma anche qualche altro processo biochimico vitale per l'organismo.

[modifica] Reversione e soppressione

A differenza di mutazioni su larga scala, quelle puntiformi possono essere soggette a reversione: attraverso altre mutazioni le prime possono scomparire o ne può scomparire l'effetto sull'organismo. Nel primo caso parliamo di reversione in senso stretto: la mutazione revertente può riportare il codone mutato così com'era originariamente (si parla comunemente di retromutazione); oppure la mutazione può alterare sempre il codone mutato trasformandolo in uno diverso da quello iniziale, ma codificante per lo stesso amminoacido (reversione di sito). Nel caso in cui la seconda mutazione occorra su un codone diverso si parla di soppressione: la soppressione potrà essere interna se il codone è all'interno del gene mutato o esterna se appartiene ad un altro gene. Un esempio di soppressione interna è una delezione (o un inserzione) che annulla l'effetto di una inserzione (o delezione) nello stesso gene. Il caso più comune di soppressione esterna è invece la mutazione nell'anticodone di un tRNA che annulla quella avvenuta nel codone complementare.

[modifica] Nomenclatura

È stata sviluppata una particolare nomenclatura per specificare il tipo di mutazione e il tipo di base o amminoacido cambiato.

  • Sostituzione di un amminoacido - (ad esempio D111E) La prima lettera rappresenta il codice (ad una lettera) dell'amminoacido originariamente presente; il numero indica la posizione dell'amminoacido a partire dall'estremità N-terminale; la seconda lettera è il codice dell'amminoacido sostituito in seguito alla mutazione. Se la seconda lettera è una X vuol dire che un qualunque amminoacido può sostituire quello iniziale.
  • Delezione di un amminoacido - (ad esempio ΔF508) Il simbolo greco Δ (delta) indica una delezione; la lettera rappresenta l'amminoacido deleto; il numero è la posizione, sempre dall'N-terminale, dove si trovava l'amminoacido nella sequenza prima della delezione.

[modifica] Mutazioni su larga scala

Comprendono tutte le mutazioni che alterano il genoma variando la struttura dei cromosomi (mutazioni cromosomiche) o il numero dei cromosomi (mutazioni genomiche). Sono definite anche anomalie citogenetiche o anomalie cariotipiche . Queste alterazioni normalmente sono una conseguenza di un errore durante la divisione cellulare, nella meiosi o nella mitosi. A differenza delle mutazioni geniche, che sono riscontrabili sono tramite analisi genetica, queste possono in molti casi essere visibili anche al microscopio, in quanto portano alla formazione di particolari strutture cromosomiche nella fase di appaiamento.

Cromosomi danneggiati: a partire da rotture del doppio filamento di DNA si possono originare le anomalie cromosomiche‎
Cromosomi danneggiati: a partire da rotture del doppio filamento di DNA si possono originare le anomalie cromosomiche

[modifica] Mutazioni cromosomiche

Per approfondire, vedi la voce Aberrazione cromosomica.

Si parla di mutazioni cromosomiche o anomalie cromosomiche quando è, appunto, la struttura di uno o più cromosomi ad essere alterata. Ci possono essere anomalie strutturali di vari tipi:

  • Delezione: quando una parte del cromosoma è mancante. Disturbi associati a questa anomalia sono la sindrome di Wolf-Hirschhorn, che è causata dalla perdita di parte del braccio corto del cromosoma 4, e la sindrome di Jacobsen, originata dalla delezione della parte terminale del cromosoma 11;
  • Duplicazione: quando una parte del cromosoma è raddoppiata, causando la presenza di materiale genetico in eccesso. Alcuni disturbi conosciuti sono la sindrome di Bloom e la sindrome di Rett;
  • Traslocazione: quando una regione di un cromosoma viene trasferita in un'altra posizione dello stesso cromosoma o di un altro; ci sono due tipi principali di traslocazioni: la traslocazione reciproca e la traslocazione robertsoniana.
  • Inversione: quando una regione di un cromosoma inverte il suo orientamento; causando un'inversione dell'ordine dei geni.
  • Anello: quando le due estremità di un cromosoma si appaiano tra loro, formando un anello. Quest'anomalia può comportare, o meno, perdita di materiale genetico.

[modifica] Mutazioni del cariotipo

Per approfondire, vedi la voce anomalie genomiche.

Si parla di mutazione genomiche o anomalie cariotipiche quando un organismo presenta dei cromosomi in più o in meno rispetto al normale.
Se sono presenti interi corredi cromosomici in più o in meno si parla di euploidia aberrante; se invece è solo una parte del corredo in eccesso o in difetto l'anomalia è chiamata aneuploidia.

Nell'uomo e, in generale, in tutti gli organismi diploidi, che hanno dunque coppie di cromosomi omologhi, le forme di aneuploidia più frequenti sono la mancanza di un cromosoma da una coppia (monosomia) o la presenza di un cromosoma in più in una coppia (trisomia) . Più raro è il caso di perdita di una coppia intera (nullisomia).

Un esempio degli effetti di un'anomalia di questo tipo è la sindrome di Down, chiamata anche trisomia 21; gli individui affetti da questa sindrome hanno tre copie del cromosoma 21, invece che due. La sindrome di Turner è invece un esempio di monosomia; gli individui nati con questa anomalia possiedono un solo cromosoma sessuale, quello femminile X. Tra gli organismi aploidi i casi più diffusi di aneuploidia consistono nella presenza di un cromosoma soprannumerario (disomia).

[modifica] Effetti delle mutazioni su larga scala

Anche per questa categoria di mutazioni le possibili conseguenze sull'organismo sono variabili. In generale ci sarà effetto ogni volta che, nella modificazione del cromosoma o del genoma, si altera anche la sequenza o il numero di uno o più geni. A differenza delle mutazioni geniche in questo caso gli effetti saranno sempre negativi.

  • Per tutte le mutazioni cromosomiche è necessaria la rottura del doppio filamento in almeno un punto per permettere il successivo riarrangiamento: se la rottura avviene all'interno di un gene al termine del processo la sua sequenza sarà mutata. Ad esempio, in un' inversione, se le fratture sono avvenute in sequenze codificanti, a seguito del diverso orientamento del frammento reinserito, i geni alle estremità avranno parte della sequenza giusta e parte proveniente dall'altra estremità del frammento, quindi sbagliata (i geni interni al frammento invece non saranno mutati ma solo invertiti nell'ordine). La situazione è analoga per le traslocazioni. Le delezioni e le duplicazioni invece avranno ulteriori conseguenze, essendo riarrangiamenti che alterano non la disposizione ma la quantità di materiale genetico. La delezione avrà effetti negativi proporzionali alla dimensione del frammento deleto. La duplicazione aumenta il numero di copie dei geni contenuti nel frammento duplicato: anche questo però ha conseguenze dannose perché determina uno squilibrio genico.
  • In modo analogo nelle mutazioni del cariotipo si ha un aumento o una diminuzione delle dimensioni del genoma cellulare. L' auploidia aberrante è rara ma comunque letale negli animali (tranne rare eccezioni), può essere anche determinante invece nelle piante. Recenti studi invece hanno ormai dimostrato che l' aneuploidia è una delle dirette cause di molti tumori (e non una conseguenza come si era anche pensato)[3].

[modifica] Altre mutazioni

  • Mutazioni da sistemi di riparazione: paradossalmente mutazioni genetiche possono essere inserite anche da particolari processi di riparazione del DNA. Può capitare infatti che determinati danni del DNA non siamo riconosciuti e riparati da nessun macchinario preposto a questo compito, fino al successivo ciclo di replicazione: se questi danni (come ad esempio i fotoprodotti indotti dalle radiazioni ultraviolette) bloccano l'azione della DNA polimerasi, cioè impediscono di replicare il DNA a valle del danno, determinano la perdita di materiale genetico con conseguenze praticamente sempre letali per la cellula figlia. Si sono allora sviluppati meccanismi di riparazione cosiddetti SOS, che agiscono in questi casi estremi: le polimerasi di questo sistema non si bloccano, ma aggiungono lo stesso nucleotidi davanti al danno; nella gran parte dei casi però l'aggiunta è casuale e quindi con alto rischio di aggiungere nucleotidi non corretti; quindi di provocare mutazioni. Un altro sistema con conseguenze analoghe è il sistema di riparazione delle rotture del doppio filamento di DNA che non sfrutta l'omologia: il cosiddetto NHEJ (non-homologous end joining, giunzione delle estremità non omologhe). Anche qui per riparare la rottura e evitare di perdere il frammento privo di centromero nel successivo ciclo meiotico o mitotico il sistema provoca delezioni delle sequenze adiacenti alla rottura. In entrambi i casi quindi i sistemi evitano un danno molto grande, ma devono pagare come prezzo l'inserimento di mutazioni anch'esse potenzialmente dannose.
  • Mutazioni condizionali: sono mutazioni che pur presenti hanno un effetto soltanto in determinate condizioni ambientali. I casi più diffuso, tra gli aploidi, sono le mutazioni sensibili alla temperatura; che agiscono cioè solo al di sopra (o di sotto) di determinate soglie di temperatura.
  • Mutazioni per trasposizione: sono dovute all'inserimento, all'interno della sequenza codificante o di regolazione, di elementi trasponibili o trasposoni. Questi determinano l'inattivazione completa del gene, ma essendo elementi dinamici, possono fuoriuscire dal gene e ristabilire la sua sequenza corretta.

[modifica] Storia

Il naturalista Hugo de Vries.
Il naturalista Hugo de Vries.
Per approfondire, vedi la voce Genetica#Cronologia della genetica.

Il primo a introdurre il termine mutazione nel campo della genetica fu Hugo de Vries[4], nel 1901, che lo riferiva però alle brusche variazioni nei caratteri di un organismo; in particolare osservando come nella progenie di un ceppo della pianta Oenothera lamarckiana si potevano ottenere alcuni individui inaspettatamente giganti. Il concetto di mutazione così come è inteso oggi, invece, fu usato solo a partire dal 1927.

In generale si può dire, comunque, che le mutazioni genetiche hanno avuto un ruolo essenziale ancora prima, fin dagli albori della genetica; già nei celebri lavori del padre della genetica, Gregor Mendel, infatti, i fenotipi come il colore bianco dei petali o giallo dei semi maturi, usati per formulare le sue leggi, non erano che dovute a mutazioni inattivanti dei corrispettivi geni.

Il primo "sfruttamento" consapevole delle mutazioni avviene a partire dagli studi, condotti ai primi del 900 da Thomas Hunt Morgan e il suo cosiddetto fly group, sul moscerino della frutta Drosophila melanogaster. Morgan e colleghi portarono le prime importanti prove sperimentali della teoria cromosomica dell'ereditarietà, che ipotizzava per la prima volta una stretta connessione tra geni e cromosomi. I ricercatori isolarono in una vasta popolazione di insetti un moscerino dagli occhi bianchi (mentre nel fenotipo selvatico erano rossi). Anche qui il fenotipo particolare era stato provocato da una mutazione spontanea nel gene per il colore degli occhi. Mutazione che aveva prodotto una nuova forma allelica; gli incroci tra individui con alleli diversi hanno permesso di ottenere i risultati sopra detti. Morgan isolò per questi incroci, dopo il caso del moscerino dagli occhi bianchi, ben 83 ceppi ciascuno con mutazioni su geni diversi. Le mutazioni ebbero poi un ruolo sempre più crescente da quando furono scoperti i primi agenti mutageni. La maggior parte degli esperimenti chiave nella storia della genetica fecero uso di mutazioni indotte: nel 1941, nel loro celebre esperimento che portò al dogma un gene-un enzima, Edward Lawrie Tatum e George Wells Beadle fecero ad esempio uso di ceppi di Neurospora crassa mutagenizzati tramite raggi X. In modo analogo Tatum e Joshua Lederberg nel 1946 usarono mutazioni in ceppi di Escherichia coli per dimostrare l'esistenza del processo di coniugazione batterica.

Un importante capitolo nella storia delle mutazioni nella genetica riguarda la disputa sull'origine delle mutazioni nei batteri. Intorno agli anni quaranta infatti alcuni batteriologi misero in dubbio che le mutazioni potessero avvenire nei batteri in modo del tutto spontaneo (come era invece accettato per gli organismi superiori; essi ritenevano piuttosto che le mutazioni erano indotte dalla presenza di particolari condizioni ambientali. Ad esempio, i batteri che sopravvivevano in seguito all'aggiunta di un batteriofago avevano acquisito la resistenza grazie a una mutazione indotta dalla stessa presenza dei fagi (teoria adattativa). Numerosi altri studiosi invece erano convinti che le mutazioni si verificasserò così come in tutti gli altri organismi, spontaneamente. Quest'ultima teoria (teoria genetica) fu definitivamente dimostrata da due celebri esperimenti: il cosiddetto test di fluttuazione (o di Salvador Luria e Max Delbruck), sviluppato nel 1943 e la tecnica della piastratura delle repliche ideata da Joshua e Esther Lederberg.

[modifica] Applicazioni nelle analisi genetiche

Gli studi genetici che fanno uso di mutazioni possono essere distinte in due categorie a secondo dello scopo dello studio e dei dati che si posseggono: studi di genetica diretta e di genetica indiretta. Il primo approccio è usato qualora si voglia determinare i geni che in un organismo siamo correlati a una certa funzione: in questo caso l'organismo viene esposto a mutageni e successivamente il genetista compie la cosiddetta "caccia al mutante", in cui va a ricercare gli individui i cui sono stati alterati i fenotipi correlati alla funzione che si sta studiando. A questo punto si determina la posizione del gene mutato tramite incroci si isola e si analizza in dettaglio: ne si determina la sequenza nucleotidica e si osserva per quale prodotto genico codifica. Nella genetica diretta quindi si parte dal fenotipo per vedere da quale genotipo è causato. Il secondo tipo di studio compie invece il percorso inverso: parte dal genotipo per studiare il fenotipo: si parte in genere da una sequenza di DNA o RNA nota o addirittura da un prodotto genico (di solito una proteina), si mutagenizzano in modo selettivo e si vede che effetti fenotipo causano nell'organismo; si parla in questo caso anche di silenziamento genico .

[modifica] Mutagenesi sito specifica

Per approfondire, vedi la voce Mutagenesi sito specifica.

Molto importanti sono le tecniche che permettono di ottenere mutazioni sito specifiche; mutazioni cioè indotte in modo selettivo nelle zone di interesse di una sequenza. In questo modo per esempio è possibile inserire una mutazione in un particolare dominio di una proteina e, saggiando le conseguenze, determinarne la funzione.

[modifica] Test di mutagenesi

Per approfondire, vedi la voce Test di mutagenesi.

I test di mutagenesi sono procedure in cui cellule, tessuti o interi organismi sono esposti all'azione di una sostanza chimica, per verificarne e/o quantificarne la mutagenicità; i sistemi biologici in esame sono quindi studiati, dopo un certo periodo di incubazione, e analizzati per vedere la presenza di eventuali mutazioni. In generale la capacità mutagena di un agente è direttamente proporzionale ai mutanti identificati al termine del test. I test routinari sono svolti su batteri, essendo sistemi più conosciuti e di più facile utilizzo. I test sono però volti a scoprire il danno che una sostanza può creare all'uomo, il quale ha, ovviamente, molte caratteristiche biologiche diverse dai procarioti; per questo si procede a modificare geneticamente i batteri usati nei test per mimare un sistema il più vicino possibile a quello umano, oppure si usano cellule di mammifero (solitamente di roditori). Tra i test più usati ci sono il test di Ames e il test del micronucleo.

[modifica] Il test di Ames

Per approfondire, vedi la voce test di Ames.
Colonie del batterio di salmonella
Colonie del batterio di salmonella

Un esempio di applicazione delle mutazioni in campo biomedico è il test di Ames. Il test, sviluppato negli anni settanta da Bruce Ames, ha lo scopo di determinare la cancerogenità di una sostanza studiando la sua capacità di indurre mutazioni; in generale infatti una sostanza mutagena è anche cancerogena. È solitamente usata una forma mutata del batterio Salmonella typhimurium, ad esempio un ceppo che non è in grado di crescere in terreno privo di istidina; il ceppo è diviso in due piastre separate con terreni privi dell'amminoacido: uno di essi sarà esposto alla sostanza da testare l'altro no. Se la sostanza ha capacità mutagena ci sarà una certa probabilità che induca delle reversioni della mutazione; annulla cioè l'effetto della prima mutazione con una mutazione, permettendo di nuovo al batterio di sopravvivere anche in assenza di istidina. Sul ceppo non mutagenizzato invece non ci sarà nessuna colonia o molto poche (essendo la reversione per mutazione spontanea molto rara). Più colonie sopravviveranno nel campione mutagenizzato, maggiore sarà stato il numero di retromutazioni e quindi maggiore è la cancerogenità della sostanza.

[modifica] Esempi di mutazioni positive

  • La tolleranza al lattosio, che permette la digeribilità del latte e degli alimenti che lo contengono, è derivata secondo i genetisti da una mutazione favorevole avvenuta circa 10.000 anni fa (8.000 secondo altre fonti) che colpì gli uomini che abitavano la zona del Caucaso. È un chiaro esempio di mutazione favorevole che, in quanto tale, si è presto diffusa rapidamente nella popolazione: ad oggi solo una parte della popolazione umana soffre di intolleranza per questa sostanza. Ulteriori dimostrazioni derivano dal fatto che popoli che abitarono zone lontane dall'origine della mutazione, come Asiatici e Africani, e che non vennero in stretto contatto con i caucasici, presentano oggi una maggiore diffusione dell'intolleranza al lattosio.
  • Un altro caso che si ritiene essere una mutazione positiva è la delezione di 32 coppie di basi nel gene umano CCR5 (CCR5-32) che conferisce all'uomo la resistenza all'AIDS negli omozigoti, mentre ritarda i suoi effetti negli eterozigoti.[5] La mutazione è mediamente più diffusa tra coloro che hanno discendenza europea; una teoria per spiegare la maggiore diffusione nella popolazione europea della mutazione CCR-32 la mette in relazione con le forme di resistenza alla peste bubbonica sviluppate nella metà del quattordicesimo secolo.[6]

[modifica] Esempi di mutazioni negative

  • La fenilchetonuria è una malattia provocata da una mutazione genica che rallenta o blocca la capacità di trasformare l'amminoacido fenilalanina in tirosina. Questo dunque si accumula nell'organismo e se in grado di raggiungere il cervello può provocare danni neurologici.
    Un esemplare di gatto Manx
    Un esemplare di gatto Manx
  • Il daltonismo ha tra le varie cause possibili quelle genetiche, dovute a mutazioni su geni che codificano per fotorecettori.
  • L'albinismo è una disfunzione genetica dovuta alla mutazione del gene per la melanina.
  • L'anemia drepanocitica o anemia falciforme è una malattia del sangue conseguenza di una mutazione che provoca l'alterazione della struttura e della funzione dei globuli rossi.
  • Il gatto Manx si è sviluppato a seguito di un alta frequenza di accoppiamento tra individui della stessa specie. La mutazione riguarda il gene cosiddetto "M" e provoca oltre all'assenza di coda anomalie nella struttura scheletrica. Il gene è dominante ma si manifesta con diversa espressività. Gli individui omozigoti dominanti (M/M) non sopravvivono e muoiono quando sono ancora nello stato di feto nell'utero materno.

[modifica] Mutazioni per scopi commerciali

Mutazioni indotte possono essere alla base di processi per la selezione di organismi mutanti con caratteristiche vantaggiose. Sono pratiche usate principalmente in agricoltura e rivolte a specie vegetali. I vantaggi possono riguardare ad esempio la capacità di crescere in particolari condizioni ambientali, la presenza di frutti più grandi o privi di semi ecc. In molti casi le mutazioni riguardano la variazione nel numero di cromosomi. Esempi sono:

  • la produzioni di specie con un corredo cromosomico in più del normale e dispari (aneuploidia); le banane che troviamo in commercio, ad esempio, sono triploidi invece di diploidi. Lo scopo è di ottenere piante che siano sterili e per questo con frutti privi di semi.
  • il raddoppio del corredo cromosomico (euploidia aberrante): ad esempio in molte specie di uva, che è solitamente diploide, si agisce bloccando il processo meiotico generando piante tetraploidi (con 4 corredi). In questo caso la conseguenza favorevole è l'aumento delle dimensione del frutto (l'acino d'uva) in parallelo con l'aumento del materiale genetico.

Queste metodologie non devono essere confuse con quelle usate in ingegneria genetica e che sono alla base degli organismi geneticamente modificati (OGM).

[modifica] Note

  1. ^ Anche se formalmente le mutazioni riguardano entrambi gli acidi nucleici, esse interessano quasi sempre il DNA. Tra i rari casi di mutazioni su RNA rientrano, ad esempio, quelle che colpiscono gli RNA-virus
  2. ^ Nel caso i nucleotidi aggiunti siano identici a quelli adiacenti è formalmente più corretto parlare di duplicazione invece che di inserzione
  3. ^ (IT) Se i cromosomi danno i numeri, Le Scienze 462 pag.32,2007
  4. ^ Hugo de Vries sull'ereditarietà
  5. ^ Il gene CCR5 e l'infezione da HIV, Antonio Pacheco.
  6. ^ PBS: I misteri della morte nera.

[modifica] Bibliografia

  • (IT) Lucia Migliore, Mutagenesi ambientale, Bologna, Zanichelli, 2004. ISBN 8808-07719-5
  • (IT) Peter J. Russel, Genetica, Napoli, Edises, 2002. ISBN 88-7959-284-X
  • (IT) Anthony F.J. Griffiths, Genetica. Principi di analisi formale., Zanichelli, 2006
  • (EN) Leroi A. 2003. Mutants: On the form, varieties & errors of the human body. 1:16-17. Harper Collins 2003
  • (EN) Maki H. 2002. Origins of spontaneous mutations: specificity and directionality of base-substitution, frameshift, and sequence-substitution mutageneses. Annual Review of Genetics 36:279-303.
  • (EN) Taggart R. Starr C. Biology The Unity and Diversity of Life: Mutated Genes and Their Protein Products. 14.4:227. Thompson Brooks/Cole 2006.

[modifica] Libri online

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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