Giuliano (imperatore romano)
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Giuliano | ||
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Imperatore romano | ||
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Giuliano raffigurato su di una moneta. | ||
Regno | febbraio 360 – 26 giugno 363 | |
Incoronazione | 3 novembre 361 | |
Nome completo | Flavius Claudius Iulianus | |
Titoli | Germanicus maximus, Alamannicus maximus, Francicus maximus, Sarmaticus maximus[1] | |
Nascita | maggio/giugno 331 | |
Costantinopoli | ||
Morte | 26 giugno 363 | |
Maranga, Mesopotamia | ||
Predecessore | Costanzo II | |
Successore | Gioviano | |
Consorte | Elena | |
Figli | nessuno | |
Dinastia | Costantiniana | |
Padre | Giulio Costanzo | |
Madre | Basilina |
Flavio Claudio Giuliano (latino: Flavius Claudius Iulianus; 331[2]-26 giugno 363) fu imperatore romano negli anni 360-363 e, precedentemente dal 355, cesare per la Gallia sotto Costanzo II. Fu il primo imperatore della dinastia costantiniana a rigettare il cristianesimo e a tentare di restaurare la Religione romana.
Nella tradizione storiografica cristiana è conosciuto come "Giuliano l'Apostata"[3] a causa del suo abbandono del cristianesimo. Viene anche chiamato "Giuliano il Filosofo" oppure "Giuliano II" (essendo "Giuliano I" l'imperatore Didio Giuliano).
Indice |
[modifica] Vita
[modifica] Adolescenza e giovinezza
Nato nel 331 a Costantinopoli, era nipote di Costantino I, in quanto figlio del fratellastro di costui, Giulio Costanzo, e di Basilina. I membri maschili della famiglia imperiale furono uccisi dai figli di Costantino I dopo la sua morte nel 337: di loro si salvarono solo Giuliano, perché troppo piccolo per rappresentare una minaccia, e il fratellastro Costanzo Gallo.
Passò l'infanzia e l'adolescenza tra Nicomedia (dove ebbe per maestro Eusebio di Nicomedia) e Costantinopoli. Poi, sempre restando ai margini della corte, venne mandato in una tenuta in Cappadocia, a Macellum. Lì venne seguito dal vescovo Giorgio di Cappadocia. In questo periodo in Giuliano si formò la passione per la cultura ellenistica e la considerazione per i coloni, ed in particolare verso gli humiliores.
Da Macellum si trasferì ad Atene, dove si diede allo studio appassionato della spiritualità del mondo greco classico che considerò di gran lunga più vivo e ricco del Cristianesimo. Ad Atene ebbe modo di perfezionare la sua preparazione, seguendo i corsi del più famoso oratore dell epoca, l'armeno Libanio. Mentre egli studiava, protetto da Eusebia moglie dell'imperatore Costanzo II, suo fratello Costanzo Gallo venne chiamato a corte da Costanzo II, nominato Cesare nel 351, e successivamente fatto giustiziare, nel 354, su ordine dello stesso imperatore.
[modifica] Giuliano Cesare
[modifica] Gallo Cesare
Lo storico Eutropio, che partecipò alla spedizione contro la Persia del marzo 363 in compagnia di Giuliano, dice di lui nel suo Breviario di Storia Romana:
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« VII - Costanzo diede presto all'Oriente un Cesare, Gallo, figlio del suo zio paterno, e Magnenzio, vinto in diversi combattimenti, si suicidò a Lugdunum dopo un regno di tre anni e sette mesi; suo fratello, che aveva inviato come Cesare per difendere le Gallie, si uccise anche lui a Sens. Nella stessa epoca Costanzo fece perire anche il Cesare Gallo, che aveva commesso diversi eccessi di potere: era un uomo di natura feroce e che sarebbe stato abbastanza incline alla tirannide, se avesse potuto comandare come padrone a suo gradimento. Silvano che aveva fomentato una rivolta in Gallia, perì allo stesso modo in meno di trenta giorni e a quest'epoca Costanzo rimase solo come principe e Augusto nell'impero romano. Presto inviò nelle Gallie, con il titolo di Cesare, suo cugino Giuliano, fratello di Gallo, dopo avergli dato la propria sorella in sposa » |
[modifica] Governo della Gallia
Nel 355 fu richiamato a corte ed ebbe in moglie la sorella di Costanzo II, Elena. Fu poi insignito del titolo di cesare e fu inviato in Gallia. Accettò malvolentieri titolo e incarico: in una sua lettera agli ateniesi scrisse infatti:
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« Non devo omettere di narrare qui come mai abbia consentito ed accettato di vivere sotto lo stesso tetto con coloro stessi che avevano trucidato tutta la mia famiglia e di cui sospettavo che non avrebbero avuto bisogno di molto tempo per iniziare a complottare contro di me. Ho versato torrenti di lacrime e ho alzato gemiti. Ho teso le mani verso la vostra Acropoli, quando ho ricevuto il richiamo, e ho pregato Atena di salvare il suo supplice, di non abbandonarlo. Molti tra di voi mi hanno visto e mi sono testimoni. La dea stessa, meglio di chiunque altro, sa che le ho chiesto di farmi morire ad Atene piuttosto che affrontare questo viaggio. La dea non ha né tradito, né abbandonato il suo supplicante; l'ha dimostrato con i fatti. Infatti, ovunque mi ha guidato e mi ha circondato da ogni lato di angeli guardiani che il Sole e la Luna le avevano accordato » |
Tuttavia ebbe modo di modificare questa opinione col tempo giungendo a descrivere con affetto e nostalgia nella lettera agli antiocheni la cara Lutetia Parisiorum, descrivendo financo le tecniche utilizzate dai locali per la coltivazione di uva e fichi. Rilevante è anche la sua descrizione dei barbari Franchi, per la prima volta non descritti da un Romano con toni paternalistici ma cercando di spiegare piuttosto la loro condizione di arretratezza culturale e sociale con la povertà e le difficili condizioni di vita delle Gallie esulando dagli stereotipi di brutalità e forza fisica nel quale lo stesso Giulio Cesare, suo indissolubile punto di riferimento, era caduto.
Giuliano come generale |
Moneta di bronzo di Giuliano da Augusto, in cui l'imperatore è raffigurato in abiti militari. Sebbene non avesse ricevuto una educazione militare, Giuliano dimostrò notevoli capacità tattiche e strategiche nella difesa della Gallia. La sua campagna persiana, invece, viene giudicata negativamente dagli storici in quanto, sebbene sia riuscito a condurre l'esercito romano sotto le porte della capitale sasanide, fu costretto alla ritirata durante la quale morì. |
Giuliano fece di Lutetia Parisiorum (l'odierna Parigi) la sua capitale, e si rivelò buon amministratore e buon soldato, malgrado non avesse ricevuto alcuna educazione militare, le sue uniche conoscenze in materia limitandosi a quanto letto nel "De Bello Gallico". Giuliano si dimostrò un buon comandante, ottenendo una importante vittoria a Strasburgo, che fu riportata sotto il controllo imperiale, sconfiggendo gli Alamanni nel 357 e nel 360 e i Franchi nel 358, compiendo inoltre numerose spedizioni, sempre coronate dal successo contro i Germani al di là del Reno, giungendo a rioccupare le antiche fortezze del vecchio limes romano di Bonna e Novaesium e riducendo quelle popolazioni sulla difensiva.
Come amministratore cercò di ridurre le pretese del fiscus riducendo la capitazione da 25 solidi a 7, nella Belgica sottrasse le esazioni agli uffici burocratici (causa di soprusi e malversazioni nei confronti dei più deboli, visto che i nobili erano soliti corrompere i funzionari addetti alla riscossione delle imposte) delegandole alle curie.
Nel 359 Costanzo II, forse intimorito dal successo e dalla fama che circondava Giuliano, forse perché doveva effettivamente preparare l'offensiva contro i Persiani gli chiese di inviare le sue truppe migliori per la campagna in Persia. Le truppe stanziate in Gallia, però, rifiutarono di partire (non si sa se incoraggiate da Giuliano o meno), in quanto all'atto del reclutamento Giuliano aveva promesso a queste milizie barbariche di impiegarle nel medesimo teatro operativo di provenienza (in quanto appartenenti alle forze denominate limitanee, ovvero di confine), e nel febbraio 360 lo proclamarono imperatore. Giuliano, secondo il suo storico Ammiano Marcellino, in un primo momento si mostrò restio ad accettare la porpora, memore probabilmente della tragica fine dei tanti usurpatori delle Gallie (Magnenzio e Silvano tra i più pericolosi), che in epoche diverse si erano ribellati a Costanzo, venendo però facilmente schiacciati dal legittimo imperatore. Alla fine però, memore di un sogno premonitore, accettò la corona di ferro barbarica che i soldati delle sue legioni gli posero sul capo in mancanza di un diadema imperiale. Issato sugli scudi venne portato, sempre secondo Ammiano, in trionfo nell'accampamento per poi ritirarsi nei suoi alloggiamenti, promettendo elargizioni.
A questo punto inviò due lettere al cugino Costanzo. Nella prima giurava fedeltà e prometteva collaborazione per la guerra partica; nella seconda, di contenuto più confidenziale, si scagliava contro l'imperatore accusandolo della morte del fratellastro Gallo e dei suoi genitori avvenuta il giorno successivo alla morte di Costantino il Grande. Costanzo, nonostante vari ripensamenti rigettò completamente le concilianti offerte del cugino e gli dichiarò guerra interrompendo le operazioni belliche sul confine persiano marciando da Antiochia contro di lui, morendo tuttavia di lì a poco in Cilicia il 3 novembre 361. Giuliano, che nel frattempo, ignaro della morte del cugino, aveva ridotto al minimo i presidi sul Reno per disporre del maggior numero di uomini possibile, nella sua marcia verso sud per fronteggiare l'atteso attacco divise le sue truppe in tre tronconi, ponendosi a capo di una forza esigua ma estremamente mobile di circa 3000 uomini, affidando a Gioviano e Nevitta il comando del grosso delle truppe. Conquistate con facilità le provincie danubiane e illiriche le cui truppe non gli opposero alcuna resistenza, aprendogli anzi le porte delle piazzeforti principali e tributandogli un'accoglienza trionfale, Giuliano si riunì alfine al resto del suo esercito in Tracia, con la sola eccezione di una piccola forza che era rimasta impegnata nell'assedio di Aquileia. Egli venne a conoscenza della scomparsa di Costanzo proprio mentre si trovava in quella regione, avendo ricevuto lungo il percorso una delegazione senatoria guidata dall'eminente giurista Treboniano Gallo lontano parente di Giuliano stesso.
[modifica] Campagne militari

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« VI - I barbari avevano preso d'assalto diversi fortini e altri ne assediavano, ovunque c'era un'orribile devastazione e l'impero romano pendeva già senza dubbio verso la rovina, quando Giuliano, con forze modeste, annientò presso Argentoratum, città della Gallia, le immense forze degli Alemanni, fece prigioniero il più famoso dei loro re, e riconquistò le Gallie. Più tardi Giuliano compì ancora altre imprese notevoli contro i barbari, respinse i Germani ben oltre il Reno, e rese all'impero romano le sue frontiere. Poco dopo, l'esercito che aveva combattuto i Germani, vedendosi togliere il compito di difendere le Gallie, fece Giuliano Augusto, con accordo comune dei soldati; un anno più tardi, partì per impadronirsi dell'Illiria, mentre Costanzo era impegnato nella guerra contro i Parti. Tornando sui suoi passi per fare una guerra civile, a questa notizia, Costanzo morì per strada tra la Cilicia e la Cappadocia dopo trentotto anni di regno e all'età di quarantacinque anni. Meritò di essere innalzato al rango degli dei. Era un uomo di notevole dolcezza, placido, che si fidava troppo dei suoi amici e dei suoi familiari; ben presto anche troppo affezionato alle sue mogli; tuttavia, nei suoi primi anni del suo regno, si comportò con una grande moderazione; arricchì anche i suoi familiari, e non lasciò senza onori quelli di cui aveva apprezzato i servigi in momenti difficili; troppo incline forse alla severità se sospettava qualcuno di aspirare all'impero, era per il resto clemente, ed ebbe più a lodare la propria fortuna nelle guerre civili che in quelle contro i nemici. » |
(Eutropio, Breviario di Storia Romana)
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[modifica] Giuliano Augusto
La crisi dell'impero prima che militare era economica e quindi demografica. Il costo dell'impero aumentava, il fiscus gravava quasi esclusivamente sui ceti produttivi in quanto i possessores e le grandi proprietà ecclesiastiche cristiane ne erano esenti, e la chiesa cristiana aveva organizzato una sua economia parallela (l'economia di carità) che meglio rispondeva alle esigenze del tempo ma che sottraeva risorse allo stato.
Giuliano aveva maturato una sua idea circa le soluzioni atte a risolvere le diverse questioni e, da imperatore, cercò di attuarle.
[modifica] Questione religiosa
Nel 361 Giuliano si era dichiarato pagano quindi, coerentemente con lo spirito tollerante dell'impero romano in questa epoca, Giuliano promulgò un editto di tolleranza autorizzando tutte le religioni e abrogò le misure prese non solo contro il paganesimo, ma anche contro gli ebrei e contro i cristiani che non avessero seguito il credo ariano favorito da Costanzo II.
Un esempio delle idee di Giuliano circa i vari modi giungere alla verità (filosofica e religiosa) è dato nella lettera al filosofo Temistio:
Da Costantinopoli, dove risiedette fino al maggio del 362, si trasferì in Asia Minore dove si recò a far visita al tempio della Dea Madre di Pessinunte per poi dirigersi alla volta di Antiochia.
Date le sue preferenze personali Giuliano cercò di rifondare e promuovere il paganesimo intraprendendo un'opera di riforma della religione pagana, in parte ispirata all'organizzazione ecclesiastica cristiana riguardo la cosiddetta economia di carità creando appositamente delle istituzioni che avrebbero dovuto occuparsi dei problemi degli indigenti.
Giuliano promosse anche la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme, perché riteneva la divinità degli ebrei un dio etnico, coerentemente con la sua visione politeistica. Un terremoto interruppe però i lavori, e non mancarono interpretazioni soprannaturali dell'avvenimento che da parte cristiana videro nel terremoto un segno divino a favore della loro religione.
[modifica] Polemica anticristiana
Giuliano e i santi |
Giuliano divenne l'archetipo dell'imperatore anti-cristiano nei secoli che seguirono la sua morte. Fiorirono leggende sulle persecuzioni e malefatte di questo imperatore apostata, per lo più inventate. Una di queste tramanda l'ordine di Giuliano di riesumare le ossa di san Giovanni Battista e di bruciarle, come raffigurato nell'opera Ossa del Battista del pittore olandese Geertgen tot Sint Jans (1485 circa), in cui Giuliano è rappresentato con vesti orientali contemporanee mentre presiede la riesumazione e il rogo. Altri "martiri" di Giuliano furono Apollonia, Giovanni e Paolo, Donato, Ciriaco, Artemio e Andrea Guasconi. |
La polemica anticristiana di Giuliano è di carattere morale, religioso, culturale e politico.
[modifica] Dissolutezza
Giuliano ritiene che la dottrina cristiana sia fonte di corruzione e di dissolutezza e quindi in Cesari, sulla scorta dei racconti degli storici Sozomeno e Zosimo, addebita a Costantino la conversione al cristianesimo: solo in quella religione avrebbe potuto ricevere la purificazione dell'omicidio del figlio Crispo e della moglie Fausta.
Ad esempio in Cesari (composto nel 362-63) Giuliano descrive un banchetto offerto da Quirino agli dei e agli imperatori, durante il quale si svolge una gara tra Alessandro Magno, Giulio Cesare, Augusto, Marco Aurelio, Traiano e Costantino, volta a determinare chi sia stato il più grande. Al termine della gara, Zeus invita gli imperatori a scegliersi un dio come protettore e guida: Costantino invece di affidarsi alle divinità olimpiche va incontro alla Mollezza che lo accoglie con un abbraccio, lo adorna con vestiti multicolori e lo porta alla Dissolutezza: Lì si trova Gesù che predica:
sentite queste parole Costantino decise di seguirlo.
[modifica] Volgarità dei costumi
In Contro i Galilei (composto nel 362-63) i cristiani sono accusati di aver conformato la loro vita a persone della più modesta estrazione: bottegai, esattori, ballerini, ruffiani (Gal. 238 DE).
[modifica] Ragione e religione
Secondo Giuliano non solo il cristianesimo non è una religione che spinge alla ricerca della rettitudine, del bello e del vero ma è anche una religione contraria alla logica e al buon senso. Infatti se Paolo di Tarso, in una lettera ai Corinzi (6, 9-11) che Giuliano cita quasi perfettamente già diceva "Non illudetevi: né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapinatori erediteranno il Regno di Dio. E voi non ignorate queste cose, fratelli, perché anche voi eravate così. Ma siete stati lavati, siete stati santificati nel nome di Gesù Cristo"; allora, si chiedeva Giuliano, come è possibile che esista un'acqua che ha la virtù di purificare (diakathairein) da ogni bruttura e di penetrare nel fondo dell'anima?
In queste parole riecheggia l'eco di un presunto Contro i Cristiani di Porfirio di Tiro, composto nell’ultimo quarto del III secolo e bruciato nel 448 per ordine di Teodosio II e Valentiniano III.
[modifica] Educazione
Famosa fu la legge che proibiva ai cristiani l'insegnamento letterario, poiché secondo l'imperatore non si poteva credere una cosa e insegnarne un'altra; sebbene venissero concesse dispense ad alcuni celebri retori di religione cristiana. I cristiani,infatti, secondo l'opinione di Giuliano avrebbero dovuto piuttosto commentare Matteo e Luca nelle chiese dei galilei, ma non spiegare le opere di Omero o Erodoto, dato che hanno come argomento gli dei che essi rifiutano. Inoltre Giuliano favorì le città che restauravano i templi, e si mostrò indifferente verso i casi di vessazione contro i cristiani. Non prese, tuttavia, alcuna misura persecutoria, dichiarando di auspicare che i cristiani stessi riconoscessero da soli il loro errore e che non aveva intenzione di costringerli a farlo.
[modifica] Amministrazione
Giuliano manifestò l'intenzione di tornare ad un impero di forma meno autocratica e più conforme all'antica tradizione repubblicana (anche se in diversi casi venne costretto a governare in modo autoritario).
Come già in Gallia, perseguì la sua politica deflazionistica alleviando il carico fiscale e redistribuendolo in maniera più equa: in Dalmazia ridusse in maniera consistente gli enormia pretia di aderazione dei cavalli, reintrodusse l'aurum coronarum a favore delle municipalità, progettò, sempre a favore delle municipalità, la restituzione dei fundi e dei vectigalia, ridusse il potere dei governatori a favore delle amministrazioni cittadine, trasferì il costo della cura e la manutenzione delle vie (de itinere muniendo) dalle municipalità ai possessores. Ovviamente la politica di Giuliano non era affatto una "politica di classe" volta cioè a favore una classe a favore dell'altra; piuttosto l'imperatore riteneva che gli opposti interessi e le rispettive necessità avessero un punto di convergenza e di equilibrio nello stato.
[modifica] Giuliano e il mito degli eroi
Nella classicità le figure storiche che avevano compiuto grandi imprese erano assimilate di volta in volta a degli "dèi" (theòi), "eroi" (héroes) o "semidei" (hemìtheoi). Questi altri non erano che un prodotto della discesa della divinità sulla terra (epifania), di quello che lo stesso Giuliano riprendendo Plotino e Giamblico indica come pròodos: la “processione” dal cielo alla terra compiuta da Asclepio (nato dall'unione di un dio e di un essere mortale), che Zeus generò da sé tra gli intelligibili e manifestò tra gli uomini per mezzo dell’energia vivificatrice di Helios (Contro i galilei, 200A-B).
Dioniso, Eracle, Achille quali figure paradimatiche ed esempi da imitare avevano esercitato una grande richiamo su Alessandro Magno e Cesare ispirandoli a grandi imprese. Infatti se il primo riuscì a portare a compimento la conquista del Medio Oriente fino a spingersi in India, il secondo morì mentre stava preparando la guerra in Oriente contro i Parti. In entrambe i casi le imprese furono anche il prodotto della volontà di realizzare di un mito, di dare concretezza e visibilità all'epifania. Infatti nel progetto alessandrino Alessandro-Achille-Eracle-Dioniso sono le diverse persone di un'unica natura: quella divina.
A Dioniso e ad Eracle, Giuliano venne equiparato da Temistio di Costantinopoli, un commentatore di Aristotele, “uomo serio e sinceramente virtuoso, [che] accoppiava all’intelligenza dei più ardui problemi filosofici un senso del reale e dell’utile onde era tratto ad occuparsi, con particolare cura, di tutte le cose attinenti alla vita civile” [4].
In una lettera di Giuliano a Temistio:
Come Temistio, anche Libanio [5] paragonò Giuliano ad Eracle. Di Ammiano possiamo leggere che Giuliano era «vir profecto heroicis connumerandus ingeniis» [6]
Lo stesso Giuliano che, nell'orazione Contro il cinico Eraclio, associa Mitra ad Eracle (guidato nelle sue imprese da Atena Pronoia) il salvatore del mondo e quindi interpreta la propria missione, ad imitazione di quel modello, in chiave soterica come mediatore e "salvatore del mondo abitato" (sotèr tês oikouménes).[7] Degna di nota è l'accostamento che Giuliano compie tra Eracle ed Attis, in quanto ambedue, partendo da una condizione semidivina, giungono a realizzare la perfetta unione con il divino dove l'anima di Eracle, una volta liberata dall’involucro carnale, ritorna integra nella totalità del Padre (Inno alla Madre degli dei, 167A). La guerra, interpretata in chiave soteriologica, assume ora l'aspetto di missione purificatrice della terra e del mare che gli dei affidarono a Eracle e Dioniso. In tale contesto matura il progetto di conquista della Persia in quanto adeguamento a quella volontà divina che era già stata rivelata, e di cui se ne trova traccia nell'Eneide che così interpretava l’espansionismo di Roma.
[modifica] Soggiorno in Antiochia
Dopo aver riorganizzato ed alleggerito l'amministrazione, riducendo in particolare il personale di palazzo e quello che era utilizzato per opere di delazione e spionaggio, si stabilì ad Antiochia per preparare una spedizione contro la Persia. Entrò presto in conflitto con la popolazione della città, sia a causa del suo paganesimo, sia a causa del fatto che il suo rigore morale si opponeva alle abitudini di vita di quella metropoli. Degno di menzione l'incendio del bosco sacro a Dafne posto nelle vicinanze della città, attribuibile ai Cristiani, che non avevano gradito la rimozione da quel luogo delle ossa del Battista. Fonti cristiane riportano con orrore questo episodio e altri, perlopiù sacrifici che Giuliano celebrò in città a scopo propiziatorio. In risposta all'avversione degli Antiocheni l'imperatore compose un trattato, il Misopogon, nel quale vengono stigmatizzati con fine eloquenza ma con scarso senso dell'umorismo le abitudini dissolute dei cittadini della metropoli asiatica, accusati di ipocrisia e doppiezza.
[modifica] Morte
San Mercurio |
![]() Icona copta raffigurante san Mercurio di Cesarea che uccide Giuliano. In base alla tradizione cristiana, san Basilio Magno (un vecchio compagno di scuola di Giuliano) venne imprigionato all'inizio della campagna sasanide dell'imperatore. Basilio pregò san Mercurio di aiutarlo, e il santo gli apparve in visione, affermando di aver ucciso Giuliano con un colpo di lancia. |
Nella primavera del 363 Giuliano si lanciò in una vasta spedizione militare. Diviso l'esercito in due tronconi mandò una parte a nord, verso l'Armenia, sia per riportare quella regione sotto il controllo romano (attarverso l'instauazione di un re alleato), sia per ingannare le forze persiane, che nelle intenzioni di Giuliano sarebbero state costrette a distaccare una forza consistente per tenere d'occhio le forze romane così suddivise. Attraversato il deserto siriano Giuliano giunse nelle vicinanze della città di Circesium, ultimo avamposto romano prima del regno sassanide. Da qui si diresse verso il Tigri, conquistando le fortezze di Dura Europos e Anatha poste sul fiume Tigri che riuscì alfine ad attraversare nonostante l'accanita resistenza oppostagli dalle truppe del Surena (alta carica ereditaria dell'impero sassanide corrispondente al capo dell'esercito) nei pressi di Seleucia sul Tigri. Riuscì a porre sotto assedio la città di Diacira, conquistata di lì a poco d'assalto e distrutta, la popolazione venendo uccisa o ridotta in schiavitù. Da allora si ebbero prevalentemente solo piccole schermaglie tattiche di disturbo, nelle quali decisivo si rivelò l'apporto delle mobili truppe arabe, che entrambi i contendenti avevano cercato di attirare sotto le proprie insegne (a tal proposito è possibile ricordare una lettera inviata da Giuliano al capo di questa popolazione nomade, nel quale gli si promettono generose largizioni se accetterà di combattere per i Romani). La marcia di Giuliano, sia pure rallentata da difficoltà logistiche derivanti da problemi di approvvigionamnto, lo portò fino a Ctesifonte, capitale dei Sassanidi. Pur avendo vinto la battaglia di Ctesifonte, combattutasi al di fuori delle mura della città , dovette tuttavia ritirarsi ed in quel frangente fu mortalmente ferito in combattimento accorrendo, privo di armatura, in soccorso ad alcune truppe in difficoltà il 26 giugno del 363. La sua morte, secondo lo storico Ammiano Marcellino, fu provocata da una lancia che lo trafisse al ventre; Libanio asserisce che si trattò di un omicidio ordito dai cristiani ed eseguito da un soldato, gli altri storici contemporanei, tra cui lo stesso Ammiano, non fanno menzione di questo fatto. Un fatto sorprendente di questo conflitto è che le truppe romane non si scontrarono mai con le truppe poste sotto il comando diretto di Shapur II, che, tratto in inganno dalla strategia seguita da Giuliano, si era diretto a nord nel tentativo di bloccare i passi dell'Armenia.
Sicuramente apocrifa, perché la sua morte acquistasse in drammaticità e servisse ad edificazione escatologica dei cristiani, la versione secondo la quale un Giuliano pentito e umiliato, dopo essere stato colpito abbia esclamato: Vicisti, Galilaee ("Hai vinto, o Galileo").
Non designò alcun successore, contravvenendo al principio di continuazione dinastica seguito dai costantinidi, quasi lasciando al fato questo arduo dovere. Più di tutto lo colpì probabilmente l'esempio di Marco Aurelio, sua ideale guida politica e filosofica, che in punto di morte commise, tuttavia, l'errore di lasciare l'Impero al figlio Commodo.
[modifica] Epilogo
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« VIII - Giuliano divenne allora padrone del potere, e, dopo immensi preparativi, portò la guerra presso i Parti, spedizione a cui io stesso presi parte. Ricevette la sottomissione di numerosi luoghi e piazzeforti dei Persiani, o le prese d'assalto; dopo aver devastato l'Assiria, si accampò per qualche tempo presso Ctesifonte, e ritornava da vincitore, quando, esponendosi troppo imprudentemente nei combattimenti, fu ucciso dalla mano di un nemico, il sesto giorno delle calende di luglio, nel suo settimo anno di regno e nel suo trentunesimo anno di età; fu messo nel numero degli dei. Uomo eminente e che avrebbe amministrato lo stato in modo notevole se il destino glielo avesse permesso; molto versato nelle discipline liberali, sapiente soprattutto in greco, e al punto che la sua erudizione latina non poteva bilanciare la sua scienza del greco, aveva un'eloquenza brillante e pronta, una memoria molto sicura. Da certi punti di vista era più simile ad un filosofo che ad un principe; era liberale nei confronti dei suoi amici, ma meno scrupoloso di quello che conveniva ad un così grande principe: in tal modo certi invidiosi attentarono alla sua gloria. Molto giusto nei confronti dei provinciali, diminuì le imposte per quello che si poté fare; affabile con tutti, avendo mediocre preoccupazione per il tesoro, avido di gloria, e, tuttavia, di un ardore spesso immoderato, perseguitò troppo vivamente la religione cristiana, senza tuttavia spargere il sangue; ricordava molto Marco Aurelio, che d'altronde si studiava di prendere a modello. » |
(Eutropio, Breviario di Storia Romana)
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[modifica] Tradizione storiografica
L'attenzione della tradizione storiografica cristiana e anticristiana si è concentrata sulla politica religiosa di Giuliano, che tuttavia non fu che una parte della sua politica, senza prevalere sulle altre. Per esempio, sembra che non facesse discriminazioni religiose quando di trattava di prendere qualcuno al suo servizio.
[modifica] Opere letteraria e filosofiche

Giuliano è uno dei principali autori in lingua greca del IV secolo. Scrisse lettere, discorsi ed un'opera di critica al cristianesimo (Contro i Galilei). Quest'ultimo scritto, giudicato "demoniaco" nelle epoche successive, non ci è stato tramandato. Se ne conosce, tuttavia, una buona parte grazie all'opera Contro Giuliano, composta da Cirillo di Alessandria nel V secolo (questa confutazione prova che lo scritto di Giuliano era ancora considerato pericoloso 50 anni dopo la sua morte). In Contro i galilei compare la tesi giulianea secondo la quale la dottrina cristiana costituisce il prodotto di una macchinazione, un'eresia del giudaismo diffusa da una minoranza di ebrei che si erano distaccati dalla loro tradizione.
Oltre alla citata opera contro i cristiani, possiamo elencare tra i suoi scritti:
- lettere ad amici o a personaggi del suo tempo;
- scritti satirici o polemici (Contro i Galilei, I Cesari, Misopogon, Contro Eraclio cinico, Contro i Cinici ignoranti);
- scritti filosofico-religiosi (Inno alla Madre degli Dei, Inno a Re Helios);
- scritti politici o filosofico-politici (Lettera a Temistio, Lettera agli Ateniesi);
- scritti retorici (elogio dell'imperatore Costanzo II, suo cugino, e di Eusebia, moglie di Costanzo, una Consolazione a sé stesso).
Adepto della filosofia neoplatonica, Giuliano tenne sempre, tuttavia, a precisare che non era arrivato a diventare un vero filosofo e che in quest'ambito si considerava ancora uno studente. Questo è il motivo per cui non scrisse mai un'opera propriamente filosofica, anche se la maggior parte dei suoi scritti si ispirano esplicitamente alle posizioni filosofiche. Tra le sue fonti, oltre ai misteri di Cibele (in onore della dea compose Alla Madre degli Dei), vi è il filosofo neoplatonico Giamblico, definito "divino" dall'imperatore per la sua sapienza e religiosità. Il trattato Inno a Re Helios è infatti basato sulla dottrina e sugli scritti di Giamblico; dedicato a Saturnino Secondo Salustio, suo amico, collaboratore e filosofo, nel progetto di Giuliano avrebbe dovuto costituire il testo dottrinale del "monoteismo solare" (in opposizione al cristianesimo) che doveva immettere nuova linfa nella tradizione classica. Inno alla Madre degli dei è un'esegesi dei miti greci sulla base delle dottrine misteriche.
[modifica] Figura di Giuliano nei secoli successivi

Giuliano divenne presto un mito. Alcuni pagani, in particolare Ammiano Marcellino e Libanio lo descrissero eroe di tolleranza, di virtù e di energia, un uomo troppo grande per il suo tempo, che soccombette sotto i colpi della meschineria e della malvagità (cristiana, ma non solo) che lo circondavano. Al contrario gli autori cristiani lo presentarono come un imbecille frenetico (Gregorio di Nazianzo, che l'aveva conosciuto come studente ad Atene) o come un mostro (gli storici ecclesiastici, che gli attribuiscono diverse profanazioni e sacrifici umani), un apostata perverso (tutte le misure che aveva preso, compreso il suo editto di tolleranza, sarebbero state volte a lottare ipocritamente contro il cristianesimo). Questa immagine prevalse per tutto il Medioevo e il Rinascimento, sebbene il personaggio abbia affascinato occasionalmente gli spiriti più originali (come Montaigne).
Nel XVIII secolo i nuovi filosofi (in particolare Voltaire) riabilitarono Giuliano, raffigurandolo come campione dei "lumi" contro l'oscurantismo cristiano e come campione della libertà contro l'assolutismo del Basso Impero. Anche durante il Romanticismo ci si è appassionati per il personaggio, vedendovi un romantico ante litteram, spirito lucido e disperato, incompreso nel suo tempo, e la cui morte in giovane età dava il segno del trionfo dei mediocri.
Nel XX secolo queste tre immagini, Giuliano l'apostata, Giuliano il filosofo e Giuliano eroe di una causa ormai perduta, si prolungano non solo nella narrativa, ma anche nei tentativi di riflessione storica (con, a volte, delle varianti: un Giuliano filosofo ateo che si nascondeva dietro un paganesimo di facciata secondo Alexandre Kojève). Anche per questo motivo è oggi così difficile distinguere chi fu il vero Giuliano.
[modifica] Note
- ^ "Julianus Apostata", livius.org
- ^ Una ricorrente interpretazione di Ammiano Marcellino (22.9.2; 25.3.23) fissa la data di nascita di Giuliano al 6 novembre 331.
- ^ Nome coniato da Cirillo di Alessandria.[citazione necessaria]
- ^ Augusto Rostagni, Appendice II, in: Giuliano l’Apostata, La restaurazione del paganesimo, Fratelli Melita Editori, La Spezia 1988, pp. 29-30
- ^ Orazione XII, 27, 44; XIII, 27, 48; XVIII, 32, 39
- ^ Ammiano Marcellino, xxv.4.1.
- ^ Panegirico, autore anonimo, composto in lode di Giuliano
[modifica] Bibliografia
- Gaetano Negri, L'imperatore Giuliano l'Apostata, Fratelli Melita, La Spezia 1990 ristampa anastatica della prima edizione Hoepli, 1902
- Luis De Wohl, Cosi' tramonto' il sole (sull'imperatore Giuliano L' Apostata), BUR - collana "I libri dello spirito Cristiano"
- Gore Vidal, Giuliano, Fazi Editore, Roma, 2003 (romanzo storico)
- Claudio Mutti a cura di, Uomini e dei. Le opere dell'imperatore che difese la tradizione di Roma, Mediterranee, ISBN 882721724X
- Roberts, Walter E., and Michael DiMaio, "Julian the Apostate (360-363 A.D.)", De Imperatoribus Romanis (2002)
- Athanassiadi, Polymnia: Julian. An Intellectual Biography. Routledge, London, 1992, ISBN 0-415-07763-X.
- Bowersock, Glen Warren. Julian the Apostate. London, 1978.
- Jacques Benoist-Méchin, L'imperatore Giuliano, Milano 1979.
- Lascaratos, John & Dionysios Voros. 2000. Fatal Wounding of the Byzantine Emperor Julian the Apostate (361-363 A.D.): Approach to the Contribution of Ancient Surgery. World J. Surg. 24: 615-619.
- Lenski, Noel Emmanuel. Failure of Empire: Valens and the Roman State in the Fourth Century AD. UC Press: London, 2003.
- Lieu, Samuel N. From Constantine to Julian: A Source History. Routledge: New York, 1996.
- Murdoch, Adrian: The Last Pagan: Julian the Apostate and the Death of the Ancient World, Stroud, 2005, ISBN 0750940484.
- Rohrbacher, David. Historians of Late Antiquity. Routledge: New York, 2002.
- Rosen, Klaus: Julian. Kaiser, Gott und Christenhasser. Klett-Cotta: Stuttgart, 2006.
- Smith, Rowland: Julian's gods: religion and philosophy in the thought and action of Julian the Apostate, London, 1995, ISBN 0415034876.
- Giuseppe Ricciotti, Giuliano l'Apostata, Mondadori, Milano,1956
- Joseph Bidez, Vita di Giuliano Imperatore, Il Cerchio, Rimini 2004, ISBN 88-8474-053-3
[modifica] Voci correlate
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[modifica] Collegamenti esterni
- Panegyric upon Julian di Libanio, che conobbe bene Giuliano e che ne ammirò la persona
- Claudio Mutti, Giuliano e gli eroi
- Claudio Mutti, Unus Deus. Giuliano e il monoteismo solare
- Claudio Mutti, La paideia secondo Giuliano
- Claudio Mutti, Giuliano e la Mater Deorum
- The Emperor Julian
- Laws of Julian
Predecessore: | Imperatore romano | Successore: |
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Costanzo II 337 - 361 |
360 - 363 | Gioviano 363 - 364 |