Federici
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Stemma della famiglia Federici quando ottennero il titolo comitale nel 1411. Blasonatura
Partito, nel 1o d'oro alla mezz'aquila di nero uscente dalla partizione, nel 2o d'oro, alle tre bande, scaccate d'azzurro e d'argento.
|
I Federici furono una importante famiglia ghibellina della Valle Camonica.
Indice |
[modifica] Storia
Don Alessandro Sina fa risalire l'origine della famiglia ad un conte longobardo del Sacro Palazzo di Bergamo, Gisalberto dei Gisalbertini di Bergamo, vissuto nel X secolo. Da lui discenderebbero in primo luogo le famiglie Martinengo, Gambara, Caleppio e Brusati.
L'ipotesi avanzata è che la famiglia Brusati, guelfa, scissa da rivalità interne, si fosse divisa in due rami, di cui uno guidato da un certo Lanfranco, che prese il nome di Federici dalla sua simpatia ghibellina verso Federico Barbarossa.
Essi presero potere nei dintorni di Darfo, mentre i Brusati rimarrano infeudati nelle zone circostanti il lago d'Iseo, finché nel 1331 venderanno tutti i loro beni agli ormai potentissimi parenti ghibellini.
In un documento del XIII secolo vi è riportato per la prima volta il nome Federici: esso è un atto nel quale viene stabilito che le isole nell'Oglio nella giurisdizione della Corte di Darfo appartenessero per un terzo ai Signori, per due terze parti dai Vicini di Montecchio e di Darfo concluso nel prato di Santa Maria in Ronco, sottoscrissero i Signori: Alberto fu Filippo di Niardo, Viscardo Brusati di Breno, Ottonello di Berzo, Maifredo di Esine e Lanfranco, che è detto capo dei Federici (qui diciutur caput Federicorum).[1]
Nel 1230 i Federici sono detti di Montecchio (Monticulum), luogo da cui inizieranno la loro espansione prima a Gorzone e poi ad Erbanno, dove si trasferiranno in pianta stabile a partire dal 1291.
Il 20 novembre 1288 Brescia emise un bando contro tutti i Federici, promettendo una tagia di 500 lire per ogni membro ucciso, 1000 per il castello di Montecchio e 500 per quelli di Breno e di Cimbergo. In quest'anno venne distrutto il castello di Gorzone. La situazione venne risolta dall'intervento dei Matteo Visconti duca di Milano, che cercava alleati in Val Camonica contro Brescia. I Federici ottennero protezione ed un risarcimento di 2.300 lire imperiali.[2]
Il 7 febbraio 1292 i Federici ottengono un risarcimento di 2000 ducati e 50 lire da parte di Brescia come risarcimento per i danni subiti.[3]
[modifica] XIV secolo
Nel 1331 Zanone, detto Mastaio e Ziliolo figli di Bojaco Federici di Gorzone acquistano da Girardo Brusati tutti i beni e i diritti che quest'ultimo aveva ad Artogne.[4]
Pasino Federici (1339-1355), appoggiandosi ai poteri dei Visconti di Milano, si insedia in Edolo ed in tutta l'alta valle, con il preciso scopo di assumere il controllo dei passi di montagna e delle vie di comunicazione.[5]
Dal 1342 inizia l'amministrazione della rocca di Mù per l vescovado di Brescia, ma già nel 1345 il vescovo Lambertino si lamenta della gestione dei beni ecclesiastici.[6]
l'11 dicembre 1355 il Vescovo di Brescia , a seguito della rinuncia fatta da Durando Ayardi, investe iure feudi dei diritti di decime e relativi proventi nei territori di Monno, Edolo, Mù e Nadro, Pasino del fu Girardo Federici.[7].
Dal 1361, sotto l'incitamento di Bernabò Visconti, i figli di Pasino, Giovanni e Goffredo, iniziano una serrata lotta contro i guelfi della media Val Camonica.
Il 31 dicembre 1397 i Federici firmano la Pace di Breno.
[modifica] XVI secolo
Il 25 dicembre 1410 Giovanni e Goffredo Federici stermineranno la famigli Nobili nell'episodio conosciuto come l'eccidio di Lozio.
Il 9 aprile 1411 Giovanni Federici viene ricompensato dal Duca di Milano della Contea di Edolo e Dalegno. Viene anche concesso alla famiglia di fregiarsi della mezza aquila (Media Aquila) imperiale in campo d'oro, accostate allo stemma famigliare rappresenato da tre bande trasversali scaccate di bianco e d'azzurro.[8]
Nel 1412 Giacomo Federici, figlio di Giovanni, viene infeudato dalVescovo di Trentonel Castello di San Michele in Ossana
Nel 1415 Giovanni muore e lascia la contea ai sette figli, conosciuti alternativamente come Conti di Mù o Conti di Vezza. Essi sono: Antonio, Lanfranco, Bertolasio, Alberto detto Bettinzone, Marco e Pasino.
Nel 1428 il castello di Montecchio viene occupato da Francesco Bussone, Conte di Carmagnola, e diroccato in nome di Venezia.[9]
Nel 1438 i Federici di Erbanno giurano fedeltà a Milano, mentre quelli di Breno, Gorzone, Angolo e Pisogne restano fedeli alla repubblica veneta.[10]
Nel 1444 il conte Damiolo Federici di Teglio, presumibilmente a causa di uno sgarmo ricevuto, scende con un gruppo di fedeli a Sonico saccheggiando la casa del cugino. Ripasserà il passo dell'Aprica con una somma pari a 4424 ducati.
Il loro potere venne a decadere sotto il governo della Serenissima, a cui dovettero adattarsi con vicende altalenanti a partire dal 1428, che obbligò le potenti famiglie camune ad abbandonare le loro rocche ed i loro privilegi.
[modifica] Secoli successivi
Nel 1516 Filippo Federici ospita l'imperatore Massimiliano I (fatto già accaduto anche nel 1495).
Nel 1610 Giovanni da Lezze elenca 52 fuochi dei Federici in Valle Camonica.
Nel 1761 negli ordini di Pier Andrea Capello si legge che ci sono gravi difficolatà nel reperire rappresentanti dei Federici per i Consigli di Valle, ove essi avevano da accedere per diritto.
La potente famiglia, ormai in decandenza, si stabilisce tra la nobiltà di Brescia.
[modifica] Stemma
Blasonatura
D'oro a tre bande scaccate d'azzurro e d'argento.
|
Lo stemma,antecendente al 1411 era:
- D'oro a tre bande scaccate d'azzurro e d'argento.
Per il ramo che ricevette il titolo di Conte si aggiunse la mezz'aquila imperiale:
- Partito, nel 1o d'oro alla mezz'aquila di nero uscente dalla partizione, nel 2o d'oro, alle tre bande, scaccate d'azzurro e d'argento.[11]
[modifica] Il bando dei Federici
Testo del bando del 1288, per il quale la comunità ghibellina di Valle Camonica si ribellò a causa della decisione presa tra Venezia e la Brescia di Berardo Maggi di non far passare il sale dalla strada camuna.[12]
![]() |
« (...) Chiunque darà o farà dare Fachino, Calcagno e Martino Federici o qualcuno di loro debba percepire dal comune di Brescia se lo consegna vivo 500 lire imperiali e se lo consegnasse morto 300 lire e sia cancellato da ogni bando e siano restituiti tutti i suoi beni e questi se non è bandito per tradimento o assassinio e se non è uno dei malesardi.
Inoltre fu stabilito e ordinato che chiunque desse o facesse consegnare il castello o la rocca di Montecchio, Gorzone, Esine, Prestine, Breno, Cimbergo, Malonno, Corteno, Mù, o gli altri fortini attualmente costruiti dai nemici nella Valcamonica, nel territorio di Malegno e Vezza, debbano avere per il castello e la rocca di Montecchio mille lire, per Gorzone cinquecento lire, per Cimbergo duecento lire, per i fortini di Vezza e Dalegno cento lire per uno. Coloreo che dette terre e luoghi bruceranno o faranno bruciare riceveranno per Gorzone, Esine e Breno trecento lire ciascuno, per Prestine e Cimbergo duecento lire, e per gli altri fortini di Vezza e Dalegno cinquanta lire. Inoltre fu stabilito che qualsiasi persona nè pubblicamente, nè segretamente osi, nè presuma abitare, conversare o stare con i predetti della Valcamonica, nè si tenga con i predetti in detta Valle specialmente dalle terre di Pisogne in su. Coloro che contravverranno siano puniti con l'ultimo supplizio, se non saranno catturati siano banditi in perpetuo, i loro beni venduti in pubblico, e sia le loro persone che le loro cose possano essere offese impunemente. » |
(Bando contro i Federici, 1288)
|
[modifica] Curiosità
Nell'alta Valle Camonica si tramanda la leggenda che la famiglia federici avesse goduto dello ius primae noctis. A Sonico si racconta che, alla fine del matrimonio di un certo Adamini, mentre si recava alla propria casa con la sua novella sposa, venisse fermato dal feudatario del luogo, fermamente deciso a riscuotere il suo diritto.
Adamini dunque, preparato alla situazione, avrebbe estratto l'archibugio e con un colpo diretto avrebbe colpito il nobile, pronunciando la frase t'ho pagàt, che in dialetto camuno significa "ti ho pagato". Per questo motivo alla famiglia Adamini rimase il soprannome Pagocc.[13]
[modifica] Note
- ^ Tratto da:Gian Maria Bonomelli. Storia di Gorzone e del suo castello. Darfo Boario Terme, Armando Armanini, 1972. 15
- ^ Tratto da:Gian Maria Bonomelli. Storia di Gorzone e del suo castello. Darfo Boario Terme, Armando Armanini, 1972. 17
- ^ Tratto da: Roberto Celli. Repertorio di fonti medievali per la storia della Val Camonica. Brescia, Tipolitografia Queriniana, 1984. 33 ISBN 88-343-0333-4
- ^ Tratto da: Del Bene e del Bello - Giornate per il patrimonio culturale in Valle Camonica. , 2007. 17
- ^ Tratto da: Tibaldo Sinistri. I Federici di Vallecamonica. Cividate Camuno, Litotipografia San Marco, 1975. 51
- ^ Tratto da: Franco Bontempi. Storia della Valsaviore. Breno, Tipografia Camuna, 2005. 205
- ^ Tratto da: Enrico Tarsia. Nadro e la sua chiesa - 300 anni dall'ampliamento. Brescia, Vannini, 1988. 7
- ^ Tratto da: Tibaldo Sinistri. I Federici di Vallecamonica. Cividate Camuno, Litotipografia San Marco, 1975. 19
- ^ Tratto da:Gian Maria Bonomelli. Storia di Gorzone e del suo castello. Darfo Boario Terme, Armando Armanini, 1972. 17
- ^ Tratto da:Gian Maria Bonomelli. Storia di Gorzone e del suo castello. Darfo Boario Terme, Armando Armanini, 1972. 24
- ^ Tratto da: Camuno 18-1-2008
- ^ Tratto da: Franco Bontempi. Cimbergo - storia , economia, società. Darfo Boario Terme, Tipografia Lineagrafica, 2004. 100
- ^ Tratto da: Tibaldo Sinistri. I Federici di Vallecamonica. Cividate Camuno, Litotipografia San Marco, 1975. 74
[modifica] Bibliografia
- Tibaldo Sinistri. I Federici di Vallecamonica. Cividate Camuno, Litotipografia San Marco, 1975.
- Gian Maria Bonomelli. Storia di Gorzone e del suo castello. Darfo Boario Terme, Armando Armanini, 1972.