Foro di Augusto
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Fori
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Il Foro di Augusto è uno dei Fori Imperiali di Roma.
Disposto ortogonalmente rispetto al precedente Foro di Cesare era dominato dal tempio dedicato a Marte Ultore, inaugurato nel 2 a.C.[1], che si appoggiava sul fondo all'altissimo muro perimetrale. Ai lati la piazza era fiancheggiata da portici, dietro ai quali si aprivano ampie esedre, spazi semicircolari coperti. Alla testata del portico settentrionale un ambiente distinto ospitava una statua colossale.
Anche in questo caso la costruzione del complesso era stata voluta per fini propagandistici e tutta la sua decorazione celebra la nuova età dell'oro che si inaugura con il principato di Augusto.
Indice |
[modifica] Storia
[modifica] Fondazione
Ottaviano aveva promesso di erigere a Roma un tempio dedicato a Marte Ultore (ossia "Vendicatore") in occasione della battaglia di Filippi del 42 a.C., nella quale egli stesso e Marco Antonio avevano sconfitto gli uccisori di Cesare e dunque vendicato la sua morte.
Dopo la sconfitta di Marco Antonio e la conquista dell'Egitto tolemaico nella battaglia di Azio (31 a.C.), il Senato gli aveva conferito nel 27 a.C. i massimi poteri civili e militari, propri delle antiche magistrature repubblicane, e in seguito il titolo sacrale ed onorifico di Augustus ("venerato"). Consolidato il proprio potere, si occupò della riorganizzazione urbanistica e architettonica della capitale, che rappresentò un'importante espressione del nuovo corso politico da lui inaugurato. In questo quadro furono probabilmente avviati anche i lavori di costruzione di un nuovo complesso forense.
Come lo tesso Augusto ricorda nelle Res Gestae[2], il nuovo complesso monumentale venne eretto ex manubiis, ossia finanziato con il bottino di guerra ottenuto con le proprie vittorie, secondo la tradizione in auge per i condottieri della tarda età repubblicana, e in solo privato, ossia su un terreno acquistato a proprie spese, collocato sulle pendici del Quirinale, a ridosso del popoloso quartiere della Suburra.
Il Foro venne inaugurato, probabilmente non ancora del tutto completato, nel 2 a.C., anno nel quale Augusto aveva ottenuto il titolo di pater patriae ("padre della patria") e aveva indicato nel nipote Lucio Cesare il proprio successore.
[modifica] Storia post-antica
Il Foro dovette essere abbandonato in età piuttosto precoce rispetto ai complessi imperiali contigui e il tempio doveva essere già in via di smantellamento nel V secolo. Nel IX secolo sopra il podio del tempio venne costruita la chiesa di San Basilio, oratorio di un convento di monaci basiliani che aveva occupato oltre al podio del tempio (palatium vetus) anche altre strutture del Foro (palatium novum).
Nel convento si insediarono a partire dal XIII secolo i cavalieri di San Giovanni e il complesso venne restaurato a più riprese nel Quattrocento, in particolare sotto il priorato del cardinale Marco Barbo, nipote di papa Paolo II (1466-1470).
Del tempio erano rimaste in piedi tre colonne del fianco destro e parte della corrispondente parete della cella. I resti e le decorazioni superstiti del tempio e del complesso forense vennero studiati e rilevati da diversi architetti rinascimentali, tra i quali Baldassarre Peruzzi, Andrea Palladio e i da Sangallo.
Nel 1568 papa Pio V insediò nel convento di San Basilio le monache domenicane, che costruirono sul podio del tempio una nuova chiesa dedicata alla Santissima Annunziata, che inglobò quella più antica. Negli stessi anni il nipote del papa, il cardinale Michele Bonelli si occupò dell'urbanizzazione dell'intera area, realizzando nel 1570 un riempimento di terre sul quale venne edificato un intero quartiere: una delle strade, la via Bonella, correva a fianco dei resti del tempio.
Nel XIX secolo si avviarono le prime indagini archeologiche e i primi restauri[3]. A partire dal 1924 il convento e la chiesa della Santissima Annunziata vennero demoliti e furono iniziati gli scavi diretti da Corrado Ricci, che con l'obiettivo di rimettere in luce le strutture romane, demolirono sistematicamente tutte le tracce successive; venne inoltre eliminata la via Bonella che attraversava il lato meridionale del complesso forense. A seguito degli scavi, tra il 1927 e il 1931 si restaurarono i resti pavimentali, il muro di fondo del complesso e le superstiti colonne del tempio.
[modifica] Descrizione
[modifica] Muro perimetrale e accessi
Il complesso (120 m x 120 m), era chiuso da un muro perimetrale alto circa 33 m, realizzato in opera quadrata, con blocchi di peperino e pietra gabina per le parti in vista, o di tufo di Grottaoscura per le parti addossate ad altri edifici o eseguite all'epoca della costruzione contro terra.Vi sono presenti due marcapiani in blocchi di travertino e un altro filare in questo materiale ne corona la sommità. Il muro presenta una pianta irregolare, adattata all'andamento degli antichi condotti fognari e della viabilità preesistente della Suburra (oggi ricalcata dalla via della Salita del Grillo).
Dalla via alle spalle del muro si accedeva al complesso per mezzo di due aperture, quella a nord a tre fornici e quella a sud ad una sola arcata, conosciuta con il nome medioevale di "Arco de' Pantani": in entrambi i casi il dislivello rispetto al piano del foro era superato per mezzo di scalinate. Alla base delle scale furono eretti gli archi trionfali dedicati nel 19 d.C. a Druso Minore e a Germanico per la vittoria sugli Armeni.
[modifica] Tempio di Marte Ultore
Al muro perimetrale si addossava sul lato di fondo il tempio (40 x 30 m), dedicato a Marte Ultore ("Vendicatore"). Si innalzava su un podio (alto circa 3,5 m) rivestito in blocchi di marmo ed aveva otto colonne corinzie in facciata e sette su ciascuno dei fianchi, dove il colonnato terminava contro il muro di fondo con una lesena. I colonnati e le pareti esterne della cella erano realizzati in marmo lunense. L'ordine architettonico del tempio ha rappresentato un modello in seguito divenuto canonico, all'origine dell'evoluzione della decorazione architettonica romana.
Il frontone, noto dalle raffigurazioni su alcuni rilievi, ospitava: la personificazione del Palatino, Romolo, Venere, Marte al centro, la Fortuna, la dea Roma e la personificazione del fiume Tevere.
Il podio era costituito da fondazioni in opera cementizia e in blocchi di tufo sotto i muri e in tufo e travertino sotto i colonnati; le fondazioni erano rivestite da blocchi di marmo. Vi si accedeva per mezzo di una scalinata frontale di 17 gradini in marmo, su fondazioni in cementizio, interrotta al centro da un altare.
La cella aveva le pareti interne decorate da due ordini di colonne staccate dalla parete, rispecchiate sul muro da altrettante lesene. I fusti erano in marmo colorato e i capitelli erano decorati da figure di Pegasi. La pavimentazione presentava un disegno a grande modulo con lastre in marmo africano e pavonazzetto.
Sul fondo la cella terminava con un abside, staccata mediante un intercapedine dal muro di fondo, occupata da un podio per le statue di culto, preceduto da una scalinata rivestita in lastre di alabastro. Vi erano ospitate statue di Marte e di Venere; altre sculture erano probabilmente ospitate nelle nicchie che si aprivano sulle pareti tra le colonne.
[modifica] La piazza e i portici
Davanti al tempio si apriva una piazza rettangolare di circa 70 x 50 m, di dimensioni relativamente ridotte, fiancheggiata dalle facciate dei portici laterali.
Al centro della piazza doveva trovarsi una colossale scultura con Augusto sulla quadriga trionfale.
Il colonnato corinzio dei portici, soprelevato con alcuni gradini rispetto al piano della piazza, presentava fusti in marmo giallo antico. Era sormontato da un attico, con figure di cariatidi, copia di quelle classiche dell'Eretteo sull'acropoli di Atene, alternate a scudi ("clipei") con ricche incorniciature e ornati al centro da teste di Giove, in stile ellenistico.
All'interno le pareti di fondo erano ornate da semicolonne in marmo giallo antico, tra le quali si aprivano nicchie che ospitavano le statue di una galleria di personaggi della storia repubblicana. Altre statue dovevano trovarsi su basamenti posti davanti alle colonne della facciata. La pavimentazione presentava un disegno a grande modulo in lastre di marmi colorati (bardiglio di Luni, marmo africano e marmo giallo antico)
Sul fondo dei portici si aprivano gli ampi spazi semicircolari delle esedre, separati da un diaframma di pilastri in marmo cipollino, sormontato da un secondo ordine di colonne in marmo africano, che oltrepassava il tetto dei portici permettendo di dare luce all'ambiente. Le esedre erano pavimentate da lastre rettangolari alternate nei marmi giallo antico e africano.
La parete di fondo delle esedre era decorata da un duplice ordine di semicolonne, in marmo cipollino quelle inferiori e in marmo giallo antico quelle superiori, che anche in questo caso inquadravano nicchie con statue. La nicchia centrale, di dimensioni maggiori, era inquadrata da un'edicola costituita da due colonne staccate da parete. Nelle due esedre le edicole ospitavano i gruppi statuari colossali di Enea in fuga da Troia con il padre Anchise e il figlioletto Ascanio e di Romolo con le spolia opima.
[modifica] Aula del Colosso
Alla testata del portico settentrionale si apriva una sala separata, schermata da due colonne con fusti in marmo giallo antico che proseguivano quelle della facciata e del muro di fondo dei portici, di altezza maggiore degli spazi dei portici stessi.
La sala era pavimentata con lastre rettangolari in marmo giallo antico e pavonazzetto e le pareti laterali erano decorate da un ordine di lesene con fusti in marmo pavonazzetto, tra le quali degli incassi ospitavano probabilmente dei quadri (forse quelli raffiguranti Alessandro Magno, opera del celebre pittore greco Apelle ricordati dalle fonti).
L'ordine delle pareti laterali si interrompeva sulla parete di fondo, a cui si addossava un podio rivestito con lastre in marmo pavonazzetto. La parete era qui rivestita da lastre in marmo bianco sulle quali era stato dipinto un grande tendaggio azzurro, decorato da motivi in rosso e in oro.
Sopra il podio, sullo sfondo del tendaggio dipinto si innalzava una colossale statua, alta circa 12 m, raffigurante probabilmente il Genio (divinità tutelare) di Augusto, realizzata come acrolito.
La sala venne chiusa in epoca imprecisata da un muro in opera laterizia e probabilmente fu abbandonata in epoca precedente alle altre parti del complesso forense.
[modifica] Funzioni
Nei portici del complesso monumentale si svolgevano le attività giudiziarie dei pretori urbani, mentre nel tempio si tenevano le riunioni del Senato per deliberare su guerre e trionfi. Vi si custodivano inoltre le insegne delle legioni perdute in guerra e in seguito recuperate, come quelle perse da Crasso contro i Parti nella battaglia di Carre, o quelle perse da Publio Quintilio Varo contro i Germani nella battaglia della foresta di Teutoburgo.
[modifica] Note
- ^ Svetonio, Vite dei Cesari, Augustus, 29, 1.
- ^ Res Gestae, 21.
- ^ Nel 1825 Francesco Saponieri eseguì dei saggi di scavo sotto il cosiddetto "Arco dei Pantani" e nel 1838 venne demolito il campanile che era stato costruito sopra le colonne superstiti del tempio, a causa delle sue precarie condizioni statiche. Altre indagini e saggi furono condotti ancora da Saponieri, insieme all'architetto francese Joseph Toussaint Uchard nel 1840 e Louis Noguet redasse rilievi e ricostruzioni del complesso tra il 1863 e il 1871. Infine nel 1888-1889 Rodolfo Lanciani condusse i primi scavi archeologici in un'area acquistata pochi anni prima dal comune di Roma.
[modifica] Bibliografia
- Paul Zanker, Il Foro di Augusto, Roma 1984
- Valentin Kockel, voce Forum Augustum, in Eva Margareta Steinby (a cura di), Lexicon Topographicum Urbis Romae, II, Roma 1995, pp.289-295.
- Eugenio La Rocca, Roberto Meneghini,Lucrezia Ungaro (a cura di), I luoghi del consenso imperiale. Il Foro di Augusto. Il Foro di Traiano. Introduzione storico-topografica, Roma 1995.
- Joachim Ganzert, Der Mars-Ultor-Tempel auf dem Augustusforum in Rom, Mainz am Rhein 1996.
- Lucrezia Ungaro, Il Foro di Augusto, Roma 1997.
- Eugenio La Rocca, La nuova imagine dei Fori Imperiali. Appunti in margine agli scavi, in Mitteilungen des Deutschen Archäologischen Instituts. Römische Abteilung, 108, 2001, pp.171-215
- Lucrezia Ungaro, Il Foro di Augusto, in Marilda De Nuccio, Lucrezia Ungaro (a cura di), I marmi colorati della Roma imperiale, Venezia 2002 (testo in rete)
- Lucrezia Ungaro, La decorazione architettonica del Foro di Augusto, in Sebastian Ramallo Asensio (a cura di), La decoracion arquitectonica en las ciutades romanas de Occidente, Cartagena 2003, pp.17-36.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Altri progetti
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[modifica] Collegamenti esterni
- Foro di Augusto sul sito del Museo dei Fori Imperiali
- Il Foro di Augusto sul sito SimulacraRomae
- Restauri presso il Foro di Augusto sul sito dei FastiOnLine