Fucino
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Coordinate: Il Fucino (si pronuncia Fùcino) è un altopiano a prevalente destinazione agricola situato nella Marsica, in Provincia dell'Aquila, tra la Vallelonga e il gruppo montuoso Sirente-Velino tra i 650 e i 680 m s.l.m..
L'altopiano prende il nome dal preesistente Lago Fucino, terzo d'Italia per estensione, che, a causa dell'irregolare livello delle acque e dell'ambiente malsano circostante, fu oggetto di numerosi tentativi di regimazione fin dall'epoca romana.
Con probabilità il nome Fucino era dovuto alla presenza di un'alga di colore rosso che in determinati periodi dell'anno faceva assumere al lago una colorazione simile a una fucìna.
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[modifica] La bonifica romana
Il primo a tentare il prosciugamento del lago fu Cesare che per procacciare i viveri alla capitale (ma anche per sedare l'animo dei Marsi) promise di prosciugare il Fucino; ma si narra che anche l'imperatore Tiberio si adoperò presso il senato per costringerlo in tale opera, soprattutto perché a Roma le vettovaglie scarseggiavano. Dopo i sanguinosi anni di Caligola, Claudio decise di intraprendere i lavori.
Furono necessari 30000 schiavi e undici anni di incessanti lavori, ma l'esito non fu quello voluto e l'emissario da lui realizzato riuscì per poco tempo a sottrarre alle acque il fertile territorio. Dopo qualche tempo infatti, l'incuria e la scarsa manutenzione del condotto restituirono al lago l'antico aspetto.
Altri imperatori tentarono l'impresa (si rilevano tracce di Traiano, Adriano, Federico II del Sacro Romano Impero e altri), ma in questo periodo l'emissario Claudiano ebbe la sola funzione di scolo. Intanto le spaventevoli esondazioni del lago continuavano a terrorizzare le popolazioni circostanti e a devastare raccolti.
[modifica] La bonifica di Torlonia
Questo fino al 1854, quando Alessandro Torlonia decise di avviare una delle più imponenti opere del tempo. All'epoca il lago copriva una superficie variabile tra i 6000 e i 40000 ettari con una profondità di circa 20 metri e non aveva uscite, tanto che Strabone definiva il Lago del Fucino come "un piccolo mare in mezzo ai monti".
I lavori per il prosciugamento iniziarono nel 1855 sotto la direzione dell'ingegnere svizzero Frantz Mayor de Montricher, morto nel 1858 e furono continuati dall'ingegner Enrico Bermont, al quale nel 1869 successe l'ingegner Alessandro Brisse, che li portò a termine nel 1876 anche se la fine ufficiale fu decretata il 1 ottobre 1878.
L'opera consistette nel prosciugamento, la bonifica e la realizzazione di una fitta rete di canali lunga 285 chilometri, 238 ponti, 3 ponti canali e 4 chiuse. L'impegno profuso, le risorse economiche e i 4000 operai al giorno utilizzati, fecero conferire a Torlonia il titolo di principe e una medaglia d'oro, e all'ingegner Alessandro Brisse l'onore di un monumento al cimitero Verano di Roma.
Con le lotte contadine del secondo dopoguerra e la riforma agraria i terreni vennero assegnati ai residenti dei comuni limitrofi e a coloni provenienti dalla costa insediatisi a seguito del prosciugamento. Il latifondista Torlonia abbandonò i possedimenti e nacque l'Ente Fucino. Il lago Fucino prosciugato è costituito da 14.005,90 ettari di terreno agrario, suddivisi in 497 appezzamenti di 25 ettari ciascuno.
Attualmente lungo il perimetro del Fucino sorgono numerosi paesi quali: Trasacco, Luco dei Marsi, Avezzano, Celano, Aielli, Cerchio, Pescina, San Benedetto, Gioia dei Marsi e Ortucchio
[modifica] Critiche
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Motivo: il testo fa uso retorico delle critiche Segnalazione di Radegast
Nei documenti ufficiali non si fa altro che lodare il Principe Alessandro Torlonia per aver “sedato” l’animo dei Marsi che “da millenni” aspettavano il prosciugamento del “malsano” lago del Fucino.
Ciò che sembra indiscutibile è che il lago del Fucino non avesse emissari e quindi durante le abbondanti piogge straripava. Per questo motivo i Romani, una volta inglobata la Marsica nel loro impero, costruirono un canale di scolo che limitava gli aumenti di livello del lago. Ma non provarono mai a prosciugarlo visto che per loro il lago del Fucino rappresentava una lauta fonte di cibo; non dimentichiamo che il Fucino era il terzo lago più grande d’Italia, ricchissimo di pesci.
Il canale di scolo realizzato dagli antichi romani si ostruì, a causa dell’incuria, dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Questa situazione si protrasse fino al 1800, quando il malcontento della gente, che vedeva invasi i propri terreni ogniqualvolta il lago straripava, venne sfruttato per lanciare l’idea del prosciugamento del lago. Ovviamente a seguito di tale opera i benefici furono tutti per gli investitori e nessuno per le popolazioni limitrofe; non a caso Torlonia era un latifondista e di sicuro non un amico delle popolazioni marsicane. Ricordiamo che all’epoca gli analfabeti non avevano il diritto al voto, figuriamoci se vennero mai consultati quando si decise per il prosciugamento del loro lago.
Da notare inoltre che il lago del Fucino temperava molto il clima e ciò aveva permesso la crescita rigogliosa di ulivi e vigneti sulle colline circostanti. Quando il lago venne prosciugato il clima mutò notevolmente e divenne più rigido. Gli ulivi e i vigneti si seccarono o comunque ridussero di molto la propria produzione. Dunque i Marsicani vennero privati improvvisamente sia dei frutti del loro lago, sia dei frutti della loro terra. Tutto ciò provocò un aumento esponenziale della povertà nella zona e il Principe Torlonia poté arricchirsi facilmente sfruttando la manodopera a basso costo dei residenti (ridotti alla fame a causa sua). Il malcontento tra la popolazione era talmente elevato che ci furono tantissime rivolte contadine, spesso represse nel sangue, per difendere gli interessi di pochi sulle pelle di molti.
Non a caso Ignazio Silone (nato a Pescina, un comune della Marsica) scrisse all’inizio degli anni trenta un romanzo intitolato Fontamara in cui narra di un paesino Marsicano dove i borghesi, con furberie d’ogni genere, rubano l’acqua del fiume locale, con il risultato che i contadini vengono ridotti alla fame. Insomma una storia molto simile a quella accaduta realmente nella sua terra natale.
Finalmente negli anni sessanta lo Stato Italiano intervenne e, dopo aver sottratto le terre al Principe Torlonia, le restituì ai legittimi proprietari: i marsicani.
Tralasciamo il seguito della storia (e cioè la divisione delle terre), anche questa volta segnato da soprusi d’ogni genere.
Da notare che nel dopoguerra si cercò di ripetere la stessa operazione con il Lago Trasimeno. Ma in questo caso non eravamo più nel 1800 e i contadini umbri seppero ribellarsi con forza a tale manovra. E’ loro che dobbiamo ringraziare se possiamo ancora oggi ammirare lo splendore del lago Trasimeno.
[modifica] Voci correlate
- Bonifica idraulica
- Bonifica agraria
- Banca del Fucino
- Marsica
- Latifondo
- Patata degli Altipiani d'Abruzzo
[modifica] Collegamenti esterni
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