Psiconeuroendocrinoimmunologia
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La psiconeuroimmunologia è «lo studio delle interrelazioni tra il sistema nervoso centrale ed il sistema immunitario» (Cohen & Herbert, 1996).
[modifica] Cenni generali
Una delle tesi principali di questa recente scienza è quella secondo cui lo stress causerebbe l’indebolimento del sistema immunitario, rendendo così l’organismo più vulnerabile all’invasione di microrganismi come batteri, virus, funghi e parassiti. Ecco perché individui sotto stress sono più suscettibili alle malattie, dal comune raffreddore a malattie più drammatiche come il cancro o le patologie autoimmuni.
I primi studi effettuati in questa direzione hanno chiarito che esistono delle vie che connettono fisicamente il sistema nervoso centrale (S.N.C.) ed il sistema immunitario (S.I.), inoltre cambiamenti indotti chimicamente nel sistema nervoso centrale provocano cambiamenti del sistema immunitario. Ancora, alcune sostanze chimiche prodotto dal sistema immunitario possono attraversare la barriera emato-encefalica e alterare il funzionamento del S.N.C. Fibre nervose di tipo adrenergico e peptidergico, ad esempio, fuoriescono dal midollo spinale e tramite il sistema simpatico vanno ad innervare timo, midollo osseo, milza, linfonodi e tessuti linfoidi dell’intestino per poi diramarsi ed avere “giunzioni neuroimmunitarie” con linfociti (Bottaccioli, 1995).
Altri studi hanno mostrato che le modificazioni del comportamento indotte per condizionamento classico possono alterare il funzionamento del sistema immunitario (Ader & Cohen, 1993). Questo dimostra che il comportamento (e di riflesso la psicologia) può influenzare direttamente il S.I. (la biologia) rendendo l’organismo più vulnerabile alle malattie. Da notare anche che il sistema immunitario può a sua volta influenzare il S.N.C. così come la malattia potrebbe a sua volta diventare fonte di stress. In alcune ricerche lo stress è stato indotto in laboratorio con svariati stratagemmi. In alcuni di questi si è evidenziato un aumento del numero delle cellule natural killer (NK) e delle cellule T helper e, più generalmente, una minore efficacia della funzione cellulare nel sistema immunitario. Tali effetti si possono ottenere già cinque minuti dopo l’induzione dello stress (Herbert, Cohen & Marsland, 1994). Poi, una volta che lo stressor è scomparso, si ritorna alla normalità in un lasso di tempo che va da un’ora (Kiecolt-Glaser et al., 1992) a quarantotto ore (Sieber et al., 1992).
Questa variabilità ha portato l’interesse sullo studio delle variabili individuali, nell’ipotesi che alcuni soggetti possano essere maggiormente vulnerabili allo stress di altri (Cohen & Manuck, 1995). Alcuni risultati indicano che la relazione tra stress e sistema immunitario potrebbe essere mediata dal sistema nervoso simpatico, quella parte del sistema nervoso centrale da cui dipende la risposta di attacco e fuga e che è più direttamente coinvolto nelle emozioni.
Risultati di questo genere sono stati ottenuti anche in alcune ricerche di tipo naturalistico, non sperimentale, sullo stress. Ad esempio, uno studio diaristico condotto da Stone ed il suo gruppo (1994) su un periodo di dodici settimane mostrava sistematiche alterazioni nella funzione immunitaria in seguito ad eventi di vita di tipo positivo e negativo. Numerosi studi sono stati condotti anche su studenti prima di un esame dimostrando soppressione della funzione immunitaria (ad esempio, Glaser et al., 1991).
Un ulteriore prova dell’influenza psicologica sul sistema immunitario ed endocrino proviene dagli studi sulla relazione tra questi sistemi e i disturbi affettivi. Tali studi mostrano che la funzione immunitaria è soppressa negli individui clinicamente depressi ed anche in campioni non clinici di individui con umore depresso (Herbert & Cohen, 1993). Secondo alcuni studiosi, tutti i disturbi depressivi sono riconducibili a pressioni esterne, potrebbero quindi essere queste pressioni esterne a provocare sia la depressione che i suoi correlati fisiologici. L’idea, quindi, è che la soppressione immunitaria che si osserva in individui depressi potrebbe essere dovuta allo stress (Cassidy, 1999). Questo è confermato ulteriormente da studi che mostrano un’associazione tra la soppressione della funzione immunitaria e l’ansia (Locke et al., 1984), nonché da studi di tipo diaristico che mostrano come le fluttuazioni dell’umore siano associate regolarmente ad alterazioni della funzione immunitaria (Stone et al., 1994).
Sono stati effettuati anche diversi studi basati su prove di stimolazione di risposta immunologia ai virus, nei quali i soggetti vengono esposti in modo controllato ad un virus, come quello del raffreddore (Cohen et al., 1995). Queste ricerche hanno ribadito l’esistenza del nesso tra stress e sistema immunitario. È importante sottolineare che questa suscettibilità vale anche per coloro che non vivono situazioni di stress particolarmente grave da un punto di vista oggettivo, il solo considerare la propria vita stressante è sufficiente ad indebolire la funzione immunitaria (Cassidy, 1999).
L’approccio biologico ha fatto grandi progressi nello spiegare come le richieste esterne possano tradursi in uno stato fisiologico interno all’organismo. Tuttavia, sia in laboratorio che nel mondo reale, le risposte sono soggette a grande variabilità individuale. Data una qualunque richiesta alcuni individui mostreranno segni di stress, ma molti altri resteranno calmi e impassibili. Per spiegare queste differenze individuali occorre guardare ai processi psicologici.
Come dicono Lazarus e Folkmann (1984) «Nessun evento ambientale può essere considerato un agente stressante indipendentemente dalla sua valutazione da parte della persona». Se le caratteristiche obiettive della situazione bastassero a definire lo stress e le sue conseguenze, allora saremmo in grado di predire il manifestarsi dello stress con estrema precisione. Ovviamente è dimostrato che le cose non stanno così. Data una situazione in cui siano presenti una serie di potenziali fonti di stress, solo alcune delle persona che vi si trovano proveranno effettivamente stress. Possiamo dunque concludere dicendo che gli agenti stressanti sono definiti in base al loro significato e alla loro portata emozionale nel mondo fenomenico dell’individuo (Cassidy, 1999).
[modifica] Bibliografia
- Ader, R. & Cohen, N. (1993), “Psychoneuroimmunology. Conditioning and stress“, Annual Review of Psychology, 44, 53-85.
- Bottaccioli F., Psiconeuroimmunologia, Novara, red edizioni, 1995.
- Cassidy T. (2002), Stress e salute, Bologna, Il Mulino. (ediz. orig. Stress, cognition and health, London, Routledge, 1999).
- Cohen, S. & Herbert, T.B. (1996), “Health psychology: Psychological factors and physical disease from the perspective of human psychoneuroimmunology”, Annual Review of Psychology, 47, 113-142.
- Cohen, S. & Manuck, S.B. (1995), “Stress, reactivity and disease”, Psychosomatic medicine, 57, 5, 423-426.
- Cohen, S. et al. (1995), “State and trait negative affect as predictors of objective and subjective symptoms of respiratory viral infections”, Journal of personality and social psychology, 68, 159-169.
- Glaser, R. et al. (1991), “Stress-related activation of Epstein-Barr virus”, Brain, behaviour and immunology, 1, 7-20.
- Herbert, T.B. & Cohen, S. (1993), “Depression and immunity: a meta-analytic review”, Psychological Bullettin, 113, 472-486.
- Herbert, T.B. et al. (1994), “Cardiovascular reactivity and the course of immune response to an acute psychological stressor”, Psychosomatic Medicine, 56, 337-344.
- Kiecolt-Glaser, J.K. et al., (1992), “Acute psychological stressors and short-term immune changes: what, why, for whom and to what extent?”, Psychosomatic Medicine, 54, 680-685.
- Lazarus, R.S. & Folkman, S. (1984), Stress, appraisal and coping, New York, Springer.
- Locke, S.E. et al. (1984), “Life change stress, psychiatric symptoms, and natural killer cell activity”, Psychosomatic Medicine, 46, 441-453.
- Sieber, W.J. et al. (1992), “Modulation of human natural killer cell activity by exposure to uncontrollable stress”, Brain, Behaviour and Immunology, 6, 141-156.
- Stone, A.A. et al. (1994), “Daily events are associated with a secretory immune response to an oral antigen in men”, Health Psychology, 13, 440-446.