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Genocidio - Wikipedia

Genocidio

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Il termine genocidio deriva dal greco (ghénos razza, stirpe) e dal latino (caedo uccidere) ed è stato definito dall'ONU come "Gli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso". Anche la sottomissione intenzionale di un gruppo a condizioni di esistenza che ne comportino la scomparsa sia fisica sia culturale, totale o parziale, è di solito inserita sotto la definizione di genocidio.

Il termine è entrato nell'uso comune e ha iniziato ad essere considerato come un crimine specifico, recepito nel diritto internazionale e nel diritto interno di molti Paesi. Il genocidio è uno dei peggiori crimini che l'uomo possa commettere perché comporta la morte di migliaia, a volte milioni, di persone, e la perdita di patrimoni culturali immensi. È pertanto definito un crimine contro l'umanità dalla giurisprudenza.

[modifica] Un problema di definizione

Il termine genocidio venne coniato nel 1944 dal giurista polacco Raphael Lemkin, che fece molti riferimenti a precedenti stermini di massa (soprattutto il genocidio armeno), ma vide la necessità di un nuovo termine per descrivere la realtà nuova dell'Olocausto.

[modifica] Definizione ufficiale

L'11 dicembre 1946, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite riconobbe il crimine di genocidio con la risoluzione 96 come "Una negazione del diritto alla vita di gruppi umani, gruppi razziali, religiosi, politici o altri, che siano stati distrutti in tutto o in parte". Il riferimento a "gruppi politici", un'aggiunta rispetto alla proposta di Lemkin, non era gradito all'Unione Sovietica, che fece pressioni per una situazione di compromesso.

Il 9 dicembre 1948, fu adottata la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio che, all'articolo II, definisce il genocidio come:

Uno dei seguenti atti effettuato con l'intento di distruggere, totalmente o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso:
  • (a) Uccidere membri del gruppo;
  • (b) Causare seri danni fisici o mentali a membri del gruppo;
  • (c) Influenzare deliberatamente le condizioni di vita del gruppo con lo scopo di portare alla sua distruzione fisica totale o parziale;
  • (d) Imporre misure tese a prevenire le nascite all'interno del gruppo;
  • (e) Trasferire forzatamente bambini del gruppo in un altro gruppo.


Forni crematori nazisti.
Forni crematori nazisti.

Tale definizione, valida ancora oggi, non soddisfa molti storici per varie ragioni e soprattutto per la limitazione dei gruppi vittima dovuta al compromesso. Essa ha di fatto escluso i crimini imputati all'Unione Sovietica, fra cui l'Holodomor del 1932, e i successivi stermini su base economica o di classe sociale che hanno caratterizzato alcuni regimi comunisti successivi, come l'eliminazione dei proprietari terrieri cinesi del 1951 o quelli perpetrati dai Khmer Rossi in Cambogia dopo il 1975, ma anche lo sterminio degli stessi comunisti in Indonesia nel 1965. Inoltre porta al paradosso di considerare i Tutsi come vittime del genocidio ruandese e non gli Hutu che furono parimenti sterminati perché si rifiutarono di collaborare con i carnefici.

Oggi, l'Holodomor e lo sterminio in Cambogia sono considerati genocidio non per estensione della definizione ma perché rientrano nella definizione ufficiale: nell'Holodomor fu colpita specificatamente la popolazione Ucraina, in Cambogia furono colpite le etnie cinese e vietnamita e i musulmani Cham (la stragrande maggioranza delle vittime è però cambogiana).

[modifica] Proposte di aggiornamento

La definizione ufficiale ha indotto gli storici a studiare i crimini precedenti e successivi al 1948 per identificarne la natura genocidiaria. Le analisi hanno portato a numerose proposte di modifica soprattutto a causa delle limitazioni della definizione ufficiale.

  • Pieter N. Drost (The crime of state), professore olandese di diritto esperto di storiografia coloniale, sostiene la necessità di reintrodurre il criterio politico e considera genocidio "La distruzione fisica intenzionale degli esseri umani in ragione della loro appartenenza ad una qualunque collettività umana"
  • Irving Louis Horowitz (Taking lives. Genocide and state power) sottolinea il ruolo chiave della burocrazia e propone "La distruzione strutturale e sistematica di persone innocenti"
  • Helen Fein (Accounting for genocide) segue un approccio sociologico e suggerisce una classificazione del tipo di genocidio: genocidio di sviluppo se le vittime ostacolano un progetto economico; genocidio dispotico se le vittime sono oppositori reali o potenziali; genocidio ideologico se le vittime sono presentate come un nemico diabolico. La definizione proposta è "Un omicidio calcolato perpetrato su una parte o sulla totalità di un gruppo da un governo, un'élite, un gruppo o una massa rappresentativa"
  • Frank Chalk e Kurt Jonassohn ritengono il genocidio "Una forma di massacro di massa unilaterale con cui uno stato o un'altra autorità ha intenzione di distruggere un gruppo, gruppo che è definito, così come i suoi membri, dall'aggressore". È questa una delle definizioni più recenti ed apprezzate.

Un esempio di aggiornamento concreto è presente nel codice penale francese del 1994 che, in merito al crimine di genocidio (articolo 211-1), include anche "gruppi determinati in base a qualsiasi criterio arbitrario".

Secondo Bernard Bruneteau (Il secolo dei genocidi), il tribunale internazionale per processare i Khmer Rossi, istituito con notevole ritardo per la situazione dinamica e difficile, è stato un'occasione mancata per riformulare la definizione di genocidio in seno all'ONU, in particolare includendo i gruppi politici.

Collabora a Wikiquote « Il cambogiano "infettato" dal precedente regime capitalista e reazionario, era altro tanto quanto l'Ebreo lo era per Hitler. La distinzione dell'alterità stigmatizzata si regge sulla categoria costruita dal carnefice. »
(Bernard Bruneteau)

Nell'ambito del dibattito, sono stati valutati altri termini con significato più o meno ampio come etnocidio (distruzione della cultura più che eliminazione fisica delle persone), politicidio, democidio (termine di accezione ampia proposto da Rudolph Joseph Rummel per indicare tutte le uccisioni commesse da un governo, compresi gli atti di guerra).

La maggior parte degli storici, anche a causa della sua valenza giuridica, tendono a non estendere l'uso del termine genocidio ma a cercarne una definizione corretta.

Nella cultura popolare, il termine è spesso usato in modo improprio e troppo esteso, per sottolineare la gravità di alcuni atti di sterminio oppure il numero elevato delle vittime. Tale uso, di solito, non tiene conto dell'intenzione dell'aggressore (vedi prossimo paragrafo).

[modifica] Identificare il genocidio

Fossa comune di armeni durante il genocidio del 1915
Fossa comune di armeni durante il genocidio del 1915

Alcuni autori ritengono genocidio un sinonimo di pulizia etnica e di etnocidio, mentre secondo altri si tratta di un fenomeno diverso, almeno per gradazione.

Un fattore considerato importante è l'intenzione genocida, il desiderio di distruggere la popolazione vittima in quanto tale (spesso assieme alla sua memoria culturale) e non solo quello di assicurarsi il controllo di territori o risorse economiche eliminando gli oppositori reali o potenziali. Nel genocidio, il massacro è un fine e non un mezzo. È facile constatare tale intenzione se è esplicita e sistematica e accompagnata da prove documentarie prodotte dall'aggressore, mentre è difficile se è implicita e tendenziale.

Collabora a Wikiquote « Il genocidio va oltre la guerra perché l'intenzione dura per sempre, anche se non è coronato dal successo. È un'intenzione finale. »
(Christine Nyiransabimana, contadina ruandese)

Il criterio quantitativo (la distruzione in tutto o in parte) pone problemi nello stabilire eventuali soglie "numeriche" assolute o relative e rischia di viziare gli aspetti morali e più delicati.

Molti distinguono fra un "crimine motivato" politico e un "crimine immotivato" razziale, quindi fra vittime uccise "per quello che fanno" e "per quello che sono". Tale distinzione tende però a scomparire nella logica genocidiaria, in cui il nemico viene demonizzato e comunque aggredito per quello che è [1]. Il gruppo vittima è identificabile a priori e con certezza su base razziale, ma non su base politica, sociale od economica, in quanto gli stessi criteri di identificazione variano nel corso degli eventi (si consideri ad esempio la difficoltà di definire i Kulaki). Tale difficoltà non riduce l'intenzione dell'aggressore che, una volta identificate le singole vittime "per quello che fanno", ne decreta l'eliminazione, anche fisica, "per quello che sono", stigmatizzandole come "altro da sè" su base ideologica (come sottolinea la citazione di Bernard Bruneteau). Importante è dunque la definizione che l'aggressore stesso fa del gruppo vittima, aspetto che sottende alla menzionata definizione di Chalk e Jonasshon. Tale definizione ha il pregio di non escludere a priori nessun gruppo umano.

Se il dibattito in rapporto ad avvenimenti remoti assume soprattutto un valore accademico, quando riguarda eventi recenti (per i quali è possibile perseguire i colpevoli) o addirittura contemporanei, si riveste di aspetti molto drammatici fino a condizionare lo stesso evolversi del presunto o reale genocidio. Il genocidio ruandese è stato riconosciuto come tale tardivamente (si trattò in realtà di un ritardo di appena 2 mesi, ma che fu sufficiente all'attuazione del genocidio stesso), a causa dell'indugiare dell'ONU e della diplomazia statunitense, e fu fermato solo dall'intervento di milizie locali quando metà delle vittime predestinate erano già state uccise. Il Conflitto del Darfur, attualmente in corso, è stato definito dal Segretario di stato americano Colin Powell come genocidio nel dicembre del 2004, ma ad oggi non è ancora stato riconosciuto come tale dall'ONU. Nessuna forza di pace è stata dispiegata in Darfur ed alcuni movimenti di cittadini lamentano in tutto il mondo la scarsità di attenzione dedicata al conflitto, sia a livello diplomatico che mediatico.

Segue una tipologia dei principali genocidi secondo Bernard Bruneteau:

Genocidio Gruppo vittima Intenzione Modalità di distruzione Numero di vittime * Contesto interno Contesto internazionale
Armenia (1915) Nazionale e religioso (Armeni ottomani) Eradicazione territoriale totale Deportazione, carestia, malattia, esecuzione 1.400.000 (70%) Politica di ridefinizione etnonazionalista dello stato Prima guerra mondiale
Holodomor (1932-33) Nazionale e sociale (contadini ucraini) Sottomissione politica ed eradicazione sociale parziale Carestia pianificata 5.000.000 (25%) Politica di coercizione totalitaria Indifferenza della comunità internazionale
Shoah (1941-45) Razzializzato (Ebrei europei) Eradicazione universale totale Deportazione, carestia, malattia, esecuzione 5.200.000 (50%) Politica di eugenetica razzista Seconda guerra mondiale
Cambogia (1975-79) Politico e sociale ("nuovo popolo") Sottomissione politica ed eradicazione sociale parziale Deportazione, carestia, malattia, esecuzione 1.800.000 (40%) Politica di coercizione totalitaria Indifferenza della comunità internazionale
Ruanda (1994) Razzializzato (Tutsi) Eradicazione territoriale totale Esecuzione, stupro di massa pianificato 800.000 - 1.000.000 (70-80%) Politica di ridefinizione etnonazionalista dello stato Attendismo della comunità internazionale
Bosnia (1992-95) Nazionale e religioso (musulmani bosniaci) Eradicazione territoriale parziale Deportazione, esecuzione 100.000 - 120.000 (6%) Politica di ridefinizione etnonazionalista dello stato Attendismo della comunità internazionale

* La percentuale è calcolata rispetto al gruppo vittima potenziale.

[modifica] I genocidi nella storia

In relazione al suddetto problema di definizione, è difficile fornire un elenco di genocidi o presunti tali, in quanto subordinato alla scelta della definizione o all'opinione dei diversi autori. È tuttavia possibile elencare, senza garanzia di completezza, alcuni dei più noti eventi storici che rientrano in qualche modo nell'ambito del dibattito.

[modifica] Periodo coloniale

Herero sopravvissuti alla fuga attraverso il deserto di Omaheke
Herero sopravvissuti alla fuga attraverso il deserto di Omaheke

Nei territori interessati dalla colonizzazione, numerosi popoli indigeni hanno subito una forte diminuzione numerica e alcuni sono quasi scomparsi o scomparsi del tutto. Nel complesso, diversi fattori agirono sinergicamente: azioni di guerra bilaterali o unilaterali, lavoro forzato e condizioni di sfruttamento, carestie naturali o provocate, epidemie causate da nuovi agenti patogeni introdotti dai coloni e, più genericamente, cambiamenti socio-economici radicali prodotti dal violento confronto fra i dominatori occidentali e i popoli colonizzati.

Il dibattito è spesso ancora aperto sia per quanto riguarda il numero di vittime che per l'attribuzione di colpe e responsabilità. Se alcuni autori parlano di "genocidi coloniali", ponendo l'accento sugli atti di sterminio deliberato, altri ritengono che le principali cause siano non intenzionali, per esempio le epidemie. Anche le grandi carestie del periodo 1870-1890, che fecero da 30 a 50 milioni di morti, sono state attribuite ad una concomitanza di cause naturali e profondi cambiamenti economici dovuti all'imperialismo e allo sfruttamento capitalista [2]. È stato fatto notare che, nell'ambito della distinzione fra il concetto di guerra (bilaterale - si riconoscono due entità combattenti) e quello di genocidio (unilaterale - si distinguono per loro natura un aggressore e una vittima), le guerre coloniali sono fortemente sbilanciate a favore degli aggressori, soprattutto per il numero di vittime (il 90% sono indigeni), a causa della notevole disparità teconologica. Esempi sono le guerre di conquista a Giava (dal 1825 al 1830 gli Olandesi fanno 200.000 vittime), in Mozambico (i Portoghesi uccidono 100.000 persone) o in Africa Orientale (i Tedeschi fanno 145.000 morti).

  • Nativi americani - le popolazioni delle Americhe, che contavano all'origine circa 80 milioni di individui, sono state dimezzate se non ridotte del 90%.
  • Patagonia - negli anni '70 del 1800 il governo argentino, principalmente per mano del generale Julio Argentino Roca, intraprese la cosiddetta conquista del deserto per strappare la Patagonia al controllo delle popolazioni indigene. Che tale campagna possa essere considerata un genocidio, è recentemente materia di dibattito.
  • Congo - la politica del re belga Leopoldo II, avrebbe provocato la morte di 10 milioni di persone (metà della popolazione) attraverso la militarizzazione del lavoro forzato (con donne e bambini presi in ostaggio) e un duro sistema di quote di produzione e crudeli punizioni (amputazione delle mani).
  • Costa d'avorio - tra il 1900 e il 1911, la popolazione si è ridotta da 1,5 milioni a 160.000
  • Sudan - sotto il dominio inglese (1882 - 1903) la popolazione si è ridotta da 9 a 3 milioni.
  • Il 90% dei Tahitiani, il 70% dei Canachi e i due terzi dei Māori è scomparso nel periodo coloniale, mentre i Tasmaniani si sono estinti completamente.
  • Herero - fra il 1904 e il 1906 i tedeschi sono stati responsabili, nella regione dell'attuale Namibia, di uno sterminio che è oggi considerato da molti come un vero e proprio genocidio: dal 50 all'80% degli Herero e il 50% dei Nama sono stati uccisi o fatti morire, per un totale che varia da 24.000 a 75.000 vittime.

Con riferimento alla questione dell'intenzione genocida, il comportamento dei colonizzatori è stato influenzato da forme di razzismo diffuso, giustificato sia moralmente che scientificamente dalla dottrina del Darwinismo sociale di Herbert Spencer, dal famoso libro La lotta delle razze di Ludwig Gumplowicz, dalle teorie eugenetiche di Francis Galton e dalla gerarchia delle razze umane di Ernst Haeckel. Tali dottrine hanno alimentato l'idea di una missione colonizzatrice dell'"uomo bianco", destinato dalle leggi naturali a sottomettere e sostituire le "razze inferiori", e si esprimeranno in modo estremo nell'ideologia nazista (interi brani di La lotta delle razze sono presenti nel Mein Kampf di Adolf Hitler).

[modifica] XX secolo

Vittime dell'Holodomor
Vittime dell'Holodomor

Il XX secolo è stato definito "il secolo dei genocidi" o "il secolo dei totalitarismi" ed è in genere considerato come un periodo in cui la violenza, lo sterminio di massa e la guerra raggiungono livelli senza precedenti. Lo stesso termine genocidio è stato pensato da Lemkin per descrivere la nuova realtà dell'Olocausto.

Il genocidio degli Armeni del 1915 continua la politica repressiva tipica dell'Impero Ottomano e replica gli stermini del popolo armeno degli anni 1896-1897 (massacri hamidiani), ma raggiunge un inedito livello di estremismo.

Le guerre mondiali sono espressione di un nuovo tipo di "guerra totale" in cui "tutto è permesso" e in cui il maggior numero di vittime si conta fra i civili, che subiscono massicci bombardamenti e sono considerati come parte integrante del "nemico" da distruggere.

I grandi sistemi totalitari (il Terzo Reich e i regimi comunisti) concepiscono il nemico come un'entità demonizzata e in quanto tale destinata all'eliminazione da leggi naturali o storiche, che fanno da sfondo ad un'ideologia totalitaria basata su distinzioni razziali, economiche o sociali:

  • L'Olocausto è riconosciuto cone genocidio all'unanimità e da alcuni come una forma estrema di genocidio o addirittura come un fenomeno unico nella storia (soprattutto perché tutti gli elementi che caratterizzano il genocidio sono presenti contemporaneamente e in forma estrema)
  • Nel regime sovietico si possono riconoscere "comportamenti genocidiari" già ai tempi di Lenin [3]; l'Holodomor è considerato da molti come un genocidio vero e proprio; si possono individuare parallelismi fra l'uso che Hitler e Stalin fanno dei concetti di "razza" e "classe", "razza ariana" e "popolo", "sub-umani" (o "Ebrei") e "nemici del popolo" [4].

[modifica] Europa

Cadaveri nel Lager di Nordhausen
Cadaveri nel Lager di Nordhausen
  • Olocausto - certamente il genocidio più noto, fu metodicamente condotto dalla Germania nazista in buona parte dell'Europa prima e durante la seconda guerra mondiale, e portò all'annientamento di 6 milioni di ebrei (oltre la metà degli ebrei in Europa), colpendo anche gruppi etnici Rom e Sinti (i cosiddetti zingari), comunisti, omosessuali, prigionieri di guerra, malati di mente, Testimoni di Geova, Russi, Polacchi e altri Slavi, per un totale di vittime stimabile tra 13 e 20 milioni. Le forze armate della Germania nazista compirono sistematicamente massacri di civili in Polonia ed in Russia volti alla eliminazione delle classi intellettuali degli slavi e alla riduzione del loro numero complessivo nei territori orientali che dovevano divenire terreno di colonizzazione germanica. La cifra delle vittime solo nei territori occupati in Unione Sovietica ammonta a circa 27 milioni. In Italia, i nazisti appoggiati dalle milizie fasciste italiane deportarono e uccisero circa 7.000 ebrei italiani.
  • Genocidio armeno - negli anni 1915-1916, il governo Turco guidato dai Giovani Turchi ha condotto deportazioni ed eliminazioni sistematiche della minoranza Armena. Il numero di morti è molto incerto e valutato da 200.000 a oltre 2 milioni; la cifra più accettata è di 1.500.000. È possibile identificare una prima fase del genocidio nei massacri hamidiani, che negli anni 1896-1897 fecero da 80.000 a 300.000 vittime.
  • Unione Sovietica - durante il Regime Bolscevico e lo Stalinismo, furono compiuti gravi massacri.
    • Holodomor - nel 1932, il popolo ucraino fu sterminato per carestia indotta; il numero di vittime è molto incerto e varia da 1,5 a 10 milioni. Diverse parti (fra cui l'Ucraina, l'Italia e gli USA) riconoscono l'Holodomor come genocidio a causa dell'aggressione specifica del popolo ucraino volta a spezzarne le aspirazioni indipendentiste.
    • I Kulaki furono deportati a milioni in Siberia e nei gulag e si stima che circa 600.000 (un terzo [5]) morì o fu ucciso. Nonostante esistano diversi elementi (eliminazione dei Kulak in quanto tali, azione unilaterale e pianificata burocraticamente) a favore, lo sterminio dei kulaki non può essere definito genocidio a causa dell'incertezza e della variabilità con cui le vittime venivano classificate come Kulaki e a causa del fatto che l'eliminazione non era considerata un fine ma un mezzo. Per motivi analoghi (non un fine ma un mezzo), anche la deportazione di milioni di persone appartenenti a diversi gruppi etnici (soprattutto ai confini dell'URSS), che ha prodotto centinaia di migliaia di vittime, non può essere definita genocidio. Analogamente, le "purghe" del partito e le deportazioni nei gulag degli anni trenta, che videro la morte di centinaia di migliaia di prigionieri politici, non possono essere definite genocidio in quanto colpirono un gruppo politico.
    • Massacro di Katyń - il 22 marzo 2005, il Sejm (parlamento) polacco ha approvato all'unanimità un atto con il quale si richiede alla Russia di classificare il massacro di Katyn come genocidio.
  • Durante la Seconda Guerra Mondiale il regime fascista croato organizzò il massacro sistematico delle minoranze etniche (soprattutto serbi, ebrei e zingari) che provocarono circa mezzo milione di vittime.
  • Romania - Nicolae Ceauşescu e la moglie furono condannati a morte il 25 dicembre 1989 da un "tribunale volante" militare con l'accusa principale di genocidio per la strage di Timisoara e con l'aggravante di aver condotto la popolazione rumena alla povertà. Alcune fonti [6] considerano la strage di Timisora come un falso giornalistico.
  • Bosnia - la guerra in Jugoslavia, successiva alla proclamazione di indipendenza della Slovenia e della Croazia, provoca 250.000 vittime, due terzi delle quali civili. Nonostante le atrocità caratterizzino tutte le parti belligeanti, solo i dirigenti comunisti serbi si rendono aggressori e colpevoli di pulizia etnica ed alcuni di loro (Radovan Karadzic, Radislav Krstic, Slobodan Milosevic e Momcilo Krajisnik) vengono incriminati di genocidio nei confronti dei musulmani bosniaci. Il 18 dicembre 1992, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite parla di una "politica esecrabile di pulizia etnica che è una forma di genocidio".
  • Georgiani in Abkhazia - Alcuni usano il termine genocidio per descrivere i massacri e le espulsioni forzate di migliaia di abitanti di etnia georgiana dell'Abkhazia durante la guerra abkhazo-georgiana (1991-1993). Tra i 10.000 e i 30.000 georgiani furono uccisi dai separatisti abkhazi, dai mercenari stranieri e dalle forze della Federazione russa. Tra le vittime si ebbero anche alcuni greci, estoni, russi e abkhazi moderati.

[modifica] Africa

I teschi delle vittime del genocidio ruandese mostrano sfregi e segni di violenze
I teschi delle vittime del genocidio ruandese mostrano sfregi e segni di violenze
  • Zanzibar - in gennaio 1964, furono sterminati da 5.000 a 12.000 arabi (su un totale di 22.000), con modalità che assunsero i tratti del genocidio.
  • Nigeria - nel 1966, il governo centrale nigeriano reagì duramente ai tentativi secessionisti del popolo Igbo, che aveva proclamato la nascita della Repubblica del Biafra. La guerra civile (e la conseguente carestia) ha causato migliaia di morti ed è stata considerata da diverse parti, fra cui i leader del Biafra, come un genocidio.
  • Ruanda - il peggiore genocidio africano avvenne nel 1994 in Ruanda da parte di milizie e bande Hutu contro la minoranza Tutsi e tutti coloro che erano sospettati di favorirli. Le vittime, il cui numero supera il milione, furono spesso uccise barbaramente con armi rudimentali. Fra il 24 e il 28 dicembre del 1963, 14.000 Tutsi erano già stati massacrati per gli stessi motivi che avrebbero portato al genocidio del 1994, inoltre, massacri occasionali si verificarono per tutta la seconda metà del '900, anche dopo il '94.
  • La regione del Darfur (nel Sudan occidentale) dal 2003 è teatro di un conflitto che gli Stati Uniti e alcuni media e studiosi considerano come genocidio. I Janjaweed, gruppo di miliziani appoggiati dal governo, uccidono sistematicamente i gruppi etnici Fur, Zaghawa e Masalit. Le diverse fonti riferiscono di un numero di morti da 200.000 a 400.000 e di 2 milioni di profughi.

[modifica] Asia

Foto di vittime dei Khmer Rossi allineate alle pareti del museo di Tuol Sleng.
Foto di vittime dei Khmer Rossi allineate alle pareti del museo di Tuol Sleng.

La popolazione della Cambogia subì tra il 1975 ed il 1979 un tremendo sterminio organizzato dai Khmer rossi, sostenuti ed armati dalla Cina e - in funzione antisovietica - anche dagli USA, nel quale da 1 a 2,2 milioni di persone (su una popolazione totale di 7,5) furono massacrati o fatti morire nei cosiddetti campi di rieducazione o Killing Fields (campi della morte). Il termine genocidio fu usato per la prima volta dal filosovietico Vietnam, il cui esercito nel 1979 occupò la Cambogia, sconfiggendo i Khmer Rossi. Solo nel dicembre 1997, l'ONU parlò di "atti di genocidio". Fra le vittime, furono colpiti soprattutto cattolici, mussulmani Cham, cinesi e vietnamiti, perseguiti in quanto tali o in quanto abitanti delle città o commercianti. Il popolo fu classificato in categorie come "popolo nuovo" (da rieducare), "sotto-popolo" e "traditori" (da eliminare).

In Iraq tra il 1973 e il 2003 il regime di Saddam Hussein condusse uccisioni di massa contro la popolazione dei Curdi.

[modifica] America Latina

  • Guatemala - a partire dal 1960, il regime militare di Carlos Castillo Armas causò 30 anni di guerra civile e la morte di 200.000 civili. La Commissione per la verità sponsorizzata dall'ONU ha concluso che in certe aree (come Baja Verapaz) il governo avviò intenzionalmente una politica di genocidio contro determinati gruppi etnici, soprattutto Maya.

[modifica] Cronologia dei Genocidi

La "mappa dei teschi" raffigura la Cambogia al museo di Tuol Sleng
La "mappa dei teschi" raffigura la Cambogia al museo di Tuol Sleng

La lista che segue è da considerarsi incompleta e non universalmente condivisibile, a causa della controversa definizione di genocidio, ma include i più noti eventi storici oggetto del dibattito.

Periodo Genocidio Vittime (stime)
1870 Patagonia  
1894-1896 Massacri hamidiani (prima fase del genocidio armeno del 1915) 80.000 - 300.000
1904-1906 Herero 24.000 - 75.000
1915-1916 Armeni 200.000 - 2.000.000
1932-1933 Holodomor (Ucraina) 1.500.000 - 10.000.000
1941-1945 Olocausto 13.000.000 - 20.000.000
1960-1990 Guatemala 200.000
1964 Zanzibar 5.000 - 12.000
1966-1968 Nigeria  
1975-1979 Cambogia, Khmer Rossi, Pol Pot 1.000.000 - 2.200.000
1991-1993 Georgiani in Abkhazia 10.000 - 30.000
1994 Ruanda 800.000 - 1.050.000
1992-1995 Bosnia 100.000 - 120.000
1995 Massacro di Srebrenica 7.800 - 10.000
2003-2007 Darfur 200.000 - 400.000

[modifica] Bibliografia e fonti

  • Bernard Bruneteau, Il secolo dei genocidi, ed. Il mulino, 2006, ISBN 8815114084
  • Raoul Muhm, Germania: La rinascita del diritto naturale e i crimini contro l'umanità (Deutschland: Die Renaissance des Naturrechts und die Verbrechen gegen die Menschlichkeit, Germany: The renaissance of natural law and crimes against humanity), Vecchiarelli Editore Manziana (Roma) 2004 ISBN 88-8247-153-5
  • David E. Stannard, Olocausto americano. La conquista del Nuovo Mondo, ed. orig. 1993, trad. dall’inglese di Carla Malerba, Boringhieri, Torino

[modifica] Note

  1. ^ Lo afferma Catherine Coquio, vedi Il secolo dei genocidi di Bernard Bruneteau
  2. ^ vedi Olocausti tardovittoriani. Il Nino, le carestie e la nascita del Terzo Mondo di Mike Davis, ed. Feltrinelli 2002
  3. ^ Bernard Bruneteau usa l'espressione "comportamento genocidiario" (Il secolo dei genocidi) per il periodo leninista e stalinista
  4. ^ Alan Bullock (Hitler e Stalin. Vite parallele)
  5. ^ Bernard Bruneteau (Il secolo dei genocidi) fornisce la stima di 600.000 morti su un totale di 1.800.000 contadini classificati come "Kulaki"
  6. ^ Peace Reporter [1]

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

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