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Particolato - Wikipedia

Particolato

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Il particolato, o particolato sospeso, o pulviscolo atmosferico, o polveri sottili, o polveri totali sospese (PTS), sono termini che identificano l'insieme delle sostanze sospese in aria (fibre, particelle carboniose, metalli, silice, inquinanti liquidi o solidi). Questo particolato sospeso in aria si raccoglie soprattutto negli strati inferiori, in quantità e qualità variabile da luogo a luogo. Il particolato è l'inquinante che ha il maggiore impatto nelle aree urbane, ed è composto da tutte quelle particelle solide e liquide disperse nell'atmosfera, con un diametro che va da pochi nanometri fino ai 500 µm e oltre.

Sorgenti

Gli elementi che concorrono alla formazione di questi aggregati sospesi nell'aria sono numerosi e comprendono fattori sia naturali che antropici (ovvero causati dall'uomo).
Fra i fattori naturali, che contribuiscono per il 94% del totale,[1] vi sono ad esempio:

Fra i fattori antropici (meno del 10% del totale delle PTS, ma molto rilevante nei centri urbani) si include gran parte degli inquinanti atmosferici:

  • emissioni della combustione dei motori a combustione interna (autocarri, automobili, aeroplani);
  • emissioni del riscaldamento domestico (in particolare gasolio, carbone e legna);
  • residui dell'usura del manto stradale, dei freni e delle gomme delle vetture;
  • emissioni di lavorazioni meccaniche, dei cementifici, dei cantieri;
  • lavorazioni agricole;
  • inceneritori e centrali elettriche;
  • fumo di tabacco.

I fattori più rilevanti nelle aree urbane sono senza dubbio il traffico stradale e il riscaldamento (eccetto se a gas), nonché eventuali impianti industriali (raffinerie, cementifici, centrali termoelettriche, inceneritori ecc.).

In genere il particolato prodotto da processi di combustione, siano essi di orgine naturale (ad esempio: incendi) o antropica (motori, riscaldamento, industrie, centrali elettriche, ecc.), caratterizzato dalla presenza preponderante di carbonio e sottoprodotti della combustione, è definito "particolato carbonioso". Esso è considerato in linea di massima e con le dovute eccezioni maggiormente nocivo del particolato "naturale" in quanto trasporta facilmente sostanze tossiche residue della combustione (composti organici volatili, diossine, ecc).

Importanza delle sorgenti antropiche

La questione è molto dibattuta. In generale, negli impianti di combustione non dotati di tecnologie specifiche, pare accertato che il diametro delle polveri sia tanto minore quanto maggiore è la temperatura di esercizio.

In qualunque impianto di combustione (dalle caldaie agli inceneritori fino ai motori delle automobili e dei camion) un innalzamento della temperatura (al di sotto comunque di un limite massimo) migliora l'efficienza della combustione e dovrebbe perciò diminuire la quantità complessiva di materiali parzialmente incombusti (dunque di particolato).

Lo SCENIHR (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks) comitato scientifico UE che si occupa dei nuovi/futuri rischi per la salute, considera i motori a gasolio e le auto con catalizzatori freddi o danneggiati i massimi responsabili della produzione di nanoparticelle.[2] Lo SCHER (Scientific Committee on Health and Environmental Risks, Comitato UE per i rischi per la salute e ambientali) afferma che le maggiori emissioni di polveri fini (questa la dicitura esatta usata, intendendo PM2,5) è data dagli scarichi dei veicoli, dalla combustione di carbone o legna, processi industriali ed altre combustioni di biomasse [3].

Naturalmente in prossimità di impianti industriali come cementifici, altiforni, centrali a carbone, inceneritori e simili, è possibile (a seconda delle tecnologie e delle normative in atto) rilevare o ipotizzare un maggiore contributo di tali sorgenti rispetto al traffico.

Secondo i dati dell'APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente) riferiti al 2003, la produzione di PM10 in Italia deriverebbe: per il 49% dai trasporti; per il 27% dall'industria; per l'11% dal settore residenziale e terziario; per il 9% dal settore agricoltura e foreste; per il 4% dalla produzione di energia. Secondo uno studio del CSST su incarico dell'Automobile Club Italia, sul totale delle emissioni di PM10 in Italia il 29% deriverebbe dagli autoveicoli a gasolio, e in particolare l'8% dalle automobili in generale e l'1-2% dalle auto Euro3 ed Euro4.[4]

Bisogna considerare che a partire dal 2009 la totalità dei carburanti da autotrazione in vendita in Europa sarà senza zolfo (ossia con quantià di zolfo entro le 10 ppm): essendo lo zolfo un elemento rilevante nella formazione del particolato, ciò dovrebbe contribuire alla riduzione di emissioni dello stesso, oltre che degli ossidi di zolfo, la cui riduzione è lo scopo principale. Inoltre, in Europa si stanno diffondendo (sono necessari per i veicoli dotati di filtro attivo antiparticolato) oli lubrificanti motore a basso contenuto di ceneri (specifiche ACEA C3) che contribuiscono a contenere ulteriormente la formazione di particolato.

Si segnalano alcuni dubbi sulla formazione di polveri fini, ultrafini e nanopolveri che i filtri antiparticolato emetterebbero soprattutto nelle fasi di rigenerazione periodica[5] (si veda la voce filtro attivo antiparticolato per una trattazione più specifica).

In ogni caso, la determinazione dei contributi percentuali delle varie fonti è un'operazione di estrema complessità e occasione di continue polemiche fra i diversi settori produttivi, ulteriormente accentuate dai fortissimi interessi economici in gioco.

Classificazione qualitativa[6]

In base alle dimensioni ed alla natura delle particelle si possono elencare le seguenti classi qualitative di particolato:

  • aerosol: particelle sospese di diametro minore di 1 µm (liquide o solide)
sono particelle di dimensioni colloidali, che causano, in particolare all'alba e al tramonto, l'effetto Tyndall, facendo virare il colore della luce solare verso l'arancione.
  • esalazioni: particelle solide di diametro < 1 µm in genere prodotte da processi industriali
  • foschie: particelle (generalmente liquide) di diametro < 2 µm
  • fumi: particelle di diametro < 2 µm (solide)
  • polveri: particelle di diametro incluso tra 0,25 e 500 µm (solide)
  • sabbie: particelle di diametro > 500 µm (solide)

Identificazione e misura quantitativa

La quantità totale di polveri sospese è in genere misurata in maniera quantitativa (peso / volume). In assenza di inquinanti atmosferici particolari, il pulviscolo contenuto nell'aria raggiunge concentrazioni diverse (mg/m3) nei diversi ambienti:

*ca. 0,05 – 0,10 in campagna

L'insieme delle polveri totali sospese (PTS) può essere scomposto a seconda della distribuzione delle dimensioni delle particelle. Le particelle sospese possono essere campionate medianti filtri di determinate dimensioni, analizzate quantitativamente ed identificate in base al loro massimo diametro aerodinamico equivalente (dae). Tenuto conto che il particolato è in realtà costituito da particelle di diversa densità e forma, il dae permette di uniformare e caratterizzare univocamente il comportamento aerodinamico delle particelle rapportando il diametro di queste col diametro di una particella sferica avente densità unitaria (1 g/cm3) e medesimo comportamento aerodinamico (in particolare velocità di sedimentazione e capacità di diffondere entro filtri di determinate dimensioni) nelle stesse condizioni di temperatura, pressione e umidità relativa.

Si utilizza un identificativo formale delle dimensioni, il Particulate Matter, abbreviato in PM, seguito dal diametro aerodinamico massimo delle particelle.
Ad esempio si parla di PM10 per tutte le particelle con diametro inferiore a 10 µm, pertanto il PM2,5 è un sottoinsieme del PM10, che a sua volta è un sottoinsieme del particolato grossolano ecc.
In particolare:

  • Particolato grossolano – particolato sedimentabile di dimensioni superiori ai 10 µm, non in grado di penetrare nel tratto respiratorio superando la laringe, se non in piccola parte.[7]
  • PM10 – particolato formato da particelle inferiori a 10 µm, è una polvere inalabile, ovvero in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore (naso e laringe). Le particelle fra circa 2,5 e 5 µm si depositano prima dei bronchioli.[7]
  • PM2,5particolato fine con diametro inferiore a 2,5 µm, è una polvere toracica, cioè in grado di penetrare nei polmoni, specie durante la respirazione dalla bocca.

Per dimensioni ancora inferiori (particolato ultrafine, UFP o UP) vi sono discordanze tra le fonti per quanto riguarda la loro definizione:

Sembra che sia più comune e accettata la definizione di UFP come PM0,1 piuttosto che come PM1 (di cui comunque sono un sottoinsieme).
Hinds [13] [14] suddivide il particolato in tre categorie generiche, anche a seconda del meccanismo di formazione:

  • particolato ultrafine (UFP), con diametro < 0,1 μm e formato principalmente da residui della combustione
  • particolato formato dall'aggregazione delle particelle più piccole, compreso tra 0,1 and 2,5 μm in diametro
  • particolato formato da particelle più grossolane (> 2,5 μm) generate mediante processi meccanici da particelle più grandi.

Si tratta in questo caso di polvere respirabile, cioè in grado di penetrare profondamente nei polmoni fino agli alveoli.

Le tecniche gravimetriche (basate quindi sul peso delle polveri) non riescono a misurare con la precisione e sensibilità sufficiente i quantitativi di particolato ancora più fine. Sono state però messe a punto tecniche ottiche basate sull'uso del laser e in grado di "contare" il numero di particelle presenti per unità di superficie di caduta.[15] Scendendo ancora di diametro, all'interno del particolato ultrafine ricadono le cosiddette nanopolveri, che sono polveri con un diametro compreso circa fra i 2 e 200 nm.

Il PTS, così come ogni suo sottoinsieme, è caratterizzato da una distribuzione statistica dei diametri medi, ovvero è composto da diversi insiemi di particelle di diametro aerodinamico variable da un minimo rilevabile fino al massimo diametro considerato: ad esempio il PM10 è una frazione del PTS, il PM2,5 contribuisce al totale del PM10 e così via fino ai diametri inferiori (nanopolveri).

La distribuzione dei diametri aerodinamici medi è variabile, ma alcuni autori ritengono di poter valutare il rapporto fra PM2,5 e PM10 compreso fra il 50% e il 60%. In particolare Harrison[citazione necessaria] valuta il PM2,5 come il 60% del PM10, mentre Kim[citazione necessaria] lo valuta come un valore variabile dal 52% al 59%. Questo significa che – ad esempio – di 10 µg di PM10 contenuti in un metro cubo di aria mediamente 6 µg sono di PM2,5.

In un'inchiesta sul campo condotta dall'associazione di consumatori Altroconsumo nel gennaio del 2007 fra le 9.00 e le 17.00 in vari punti del centro di Milano, tali da simulare il comportamento medio di un cittadino, si è registrata una media di 451 µg/m³ per il PM10 con picchi di oltre 700 e di 408 µg/m³ per il PM2,5, che è risultato essere perciò il 90% del totale, più elevato dei dati medi di letteratura [16].

Legislazione europea e italiana

Al PM10 fanno riferimento alcune normative (fra cui le direttive europee sull'inquinamento urbano 1999/30/EC e 96/62/EC e quelle sulle emissioni dei veicoli), tuttavia tale parametro si sta dimostrando relativamente grossolano, dato che sono i PM2,5 ed i PM1 (anche se comunque correlati al PM10) ad avere i maggiori effetti negativi sulla salute umana e animale. Per le emissoni di impianti industriali (fabbriche, centrali, inceneritori) il riferimento è ancora più grossolano (le Polveri Sospese Totali PTS), e si riferisce solamente al peso totale delle polveri e non alla loro dimensione.

La sensibilità degli attuali strumenti di controllo sulle emissioni apprezza ordini di grandezza del micron (millesimo di millimetro - µm). Per rilevare particelle ancora più fini è necessario utilizzare strumenti di laboratorio molto sofisticati e costosi, e su questa categoria di polveri non esistono limiti di legge (che operativamente non potrebbero essere fatti rispettare alla luce della tecnologia attuale).
Nel 2006 l'OMS, riconoscendo la correlazione fra esposizione alle polveri sottili e insorgenza di malattie cardiovascolari e l'aumentare del danno arrecato all'aumentare della finezza delle polveri, ha indicato il PM2,5 come misura aggiuntiva di riferimento delle polveri sottili nell'aria e ha abbassato i livelli di concentrazione massimi "consigliati" a 20 e 10 microgrammi/m³ rispettivamente per PM10 e PM2,5.[17]

Nelle direttive europee 1999/30/EC e 96/62/EC, la Commissione Europea ha fissato i limiti per la concentrazione delle PM10 nell'aria:

Fase 1

dal 1 gennaio 2005

Fase 2 termine indicativo

dal 1 febbraio 2010

Valore massimo per la media annuale 40 µg/m³ 20 µg/m³
Valore massimo giornaliero (24-ore)

Numero massimo di superamenti consentiti in un anno.

50 µg/m³

35

50 µg/m³

7

Il DM 60 del 2 aprile 2002, che accoglie le direttive europee, identifica come limite giornaliero di PM10 nelle aree urbane il valore di 50 µg/m3 (milionesimi di grammo al metrocubo, vedi Sistema internazionale di unità di misura#Prefissi) ed è dunque conforme ai parametri indicati nella fase 1 della 96/62/EC.

Effetti sulla salute

Il particolato ha effetti diversi sulla salute umana ed animale a seconda dell'origine (naturale, antropica ecc.) e delle dimensioni delle polveri. In taluni casi (si pensi all'aerosol marino), l'effetto può addirittura essere benefico.

Tra i disturbi attribuiti al particolato fine e ultrafine (PM10 e soprattutto PM2,5) vi sono patologie acute e croniche a carico dell'apparato respiratorio (asma, bronchiti, enfisema, allergia, tumori) e cardio-circolatorio (aggravamento dei sintomi cardiaci nei soggetti predisposti).[18] [19]

Il meccanismo dettagliato con cui il particolato interferisce con gli organisimi non è ancora chiarito completamente: è noto che al diminuire delle dimensioni la possibilità di interazione biologica aumenta, in quanto le più piccole particelle possono raggiungere laringe, trachea, polmoni e alveoli, e qui rilasciare parte delle sostanze inquinanti che trasporta (ad esempio idrocarburi policiclici aromatici, SOx e NOx).

Le cosiddette nanopolveri arriverebbero addirittura a penetrare nelle cellule, rilasciando direttamente le sostanze trasportate, con evidente maggior pericolo. Secondo alcuni esse sarebbero pertanto responsabili di patologie specifiche (cosiddette nanopatologie), ma finora gli studi (oggi ancora ad uno stadio iniziale, e legati non solo allo studio delle polveri disperse in aerosol ma in generale alle nanotecnologie) non hanno portato ad alcuna prova epidemiologica definitiva. Secondo lo SCENHIR attualmente "gli studi epidemiologici riguardo l'inquinamento atmosferico non forniscono evidenze che le nanoparticelle siano più dannose di particolato di maggiori dimensioni" [2].

Per approfondire, vedi la voce nanopatologia.

Effetti sull'ambiente e sulla meteorologia

Il pulviscolo ha effetti nella propagazione e nell'assorbimento delle radiazioni solari, sulla visibilità atmosferica e nei processi di condensazione del vapore acqueo (favorendo smog e nebbie).
L'aumento dell'inquinamento ha causato negli ultimi anni la formazione di un fenomeno noto come oscuramento globale[citazione necessaria], che consiste in una graduale riduzione dell'intensità dell'irraggiamento diretto sulla superficie terrestre (a causa della maggior diffusione della luce dovuta ad una maggior quantità di aerosol atmosferico), risultante in un lieve raffreddamento della superficie terrestre. Tale fenomeno, che varia a seconda delle aree coinvolte, è stato osservato a partire degli anni '50 ed ha fino ad ora compensato (e dunque attenuato) parzialmente gli effetti del riscaldamento globale, in termini difficilmente quantificabili. La riduzione dell'emissione di particolato in atmosfera in aree come l'Europa sta riducento tale fenomeno.

Note

  1. ^ Particolato atmosferico
  2. ^ a b (EN) europa.eu "The appropriateness of existing methodologies to assess the potential risks associated with engineered and adventitious products of nanotechnologies", SCENIHR 2006 (PDF)
  3. ^ a b (EN) europa.eu "New evidence of air pollution effects on human health and the environment", SCHER 2005 (PDF)
  4. ^ I dati su entrambi gli studi sono tratti da la Repubblica Salute anno 13 n. 524 del 22 febbraio 2007.
  5. ^ Presentazione dello studio del Centro Ricerche Euron - Agip Petroli sulle emissioni dei motori diesel.
  6. ^ Università degli Studi di Pisa
  7. ^ a b OMS - Air Quality Guidelines - Second Edition - Particulate matter, 2000 - p. 7.
  8. ^ Progetto PARFIL, p. 22.
  9. ^ Particolato
  10. ^ Convegno nazionale contro lo smog, Legambiente Piemonte, pag. 30
  11. ^ Studio dell'Univ. della California "Emerging issues in nanoparticle aerosol science and technology" (2003)
  12. ^ [1] Definizioni adottate dall'AGIP-ENI, pag. 40
  13. ^ Hinds WC. 1999. Aerosol Technology. 2nd ed. New York:John Wiley & Sons
  14. ^ "Exposure Assessment for Atmospheric Ultrafine Particles (UFPs) and Implications in Epidemiologic Research", Constantinos Sioutas, Ralph J. Delfino and Manisha Singh, 2005
  15. ^ Diego Barsotti, Misurate le nanopolveri dell'inceneritore di Bolzano. Presentati in un convegno i dati comparati sulle emissioni delle nanopolveri rilevate con tecnologia tedesca
  16. ^ Altroconsumo n. 201 di febbraio 2007; vedi anche pagina del sito dell'associazione.
  17. ^ (EN) OMS: 2006 Air quality guidelines executive summary, PDF
  18. ^ (EN) Donaldson K, MacNee W. Potential mechanisms of adverse pulmonary and cardiovascular effects of particulate air pollution (PM10). Int J Hyg Environ Health. 2001 Jul;203(5-6):411-5. Sunto
  19. ^ (EN) Francesca Dominici, PhD; Roger D. Peng, PhD; Michelle L. Bell, PhD; Luu Pham, MS; Aidan McDermott, PhD; Scott L. Zeger, PhD; Jonathan M. Samet, Fine Particulate Air Pollution and Hospital Admission for Cardiovascular and Respiratory Diseases, MD – JAMA. 2006;295:1127-1134. Sunto

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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