Cavalletto
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Il cavalletto era uno strumento per infliggere una pena corporale affine alla flagellazione.
Il reo era legato ad una sorta di banco su cui era piegato mostrando la schiena al flagelatore, da cui veniva colpito con uno scudiscio.
Questa pena era in uso a Roma fino all'Ottocento.
Così commenta Giuseppe Gioacchino Belli nel sonetto 844 'Piazza Navona' (Roma 1 febbraio 1833):
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« Ccquà s’arza er cavalletto che dispensa sur culo a chi le vò trenta nerbate » |
(Giuseppe Gioacchino Belli)
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e circa gli effetti soggiunge nel sonetto 253 'La corda ar corzo' (Roma 21 novembre 1831):
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« che for de quer tantino de brusciore
un galantuomo, senza stacce a letto, pò annà per fatto suo come un signore. » |
(Giuseppe Gioacchino Belli)
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