Precessione del perielio dell'orbita di Mercurio
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Tra tutti i pianeti del sistema solare, Mercurio è quello che presenta la precessione del perielio più accentuata, essendo il più vicino al Sole.
Il fenomeno è previsto dalla teoria della gravitazione universale di Isaac Newton, ma Urbain Le Verrier, per primo, scoprì che questo pianeta avanza più velocemente di quello che prevede la teoria stessa: dalle osservazioni infatti è risultato che la longitudine del perielio, cioè la somma della longitudine del nodo ascendente e l'argomento del perielio, aumenta di 574" (secondi d'arco) ogni secolo. Il dato previsto teoricamente tenendo conto dell'interazione con gli altri pianeti è invece di 531"/secolo, con uno scarto di 43".
Nel 1919 Albert Einstein annunciò che la sua teoria della relatività generale prevedeva una precessione del perielio dei pianeti anche in assenza di interazione tra di essi (mentre la meccanica classica prevede in tal caso che l'orbita sia un'ellisse fissa e immutabile), e che l'entità di questa precessione per Mercurio corrispondeva allo scarto osservato.
Il valore dell'avanzamento previsto da Einstein è:
ΔπR = valore dell'avanzamento del perielio dato dalla relatività generale, da sommare a quello previsto dalle perturbazioni newtoniane
n = moto medio del pianeta
a = semiasse della sua orbita
e = eccentricità
t = tempo
c = velocità della luce nel vuoto.
Dunque il termine correttivo viene introdotto per un corpo celeste in movimento; la correzione riguarda il cubo del rapporto fra velocità del corpo e la velocità della luce, quindi i valori saranno apprezzabili solo quando la velocità del corpo sarà elevata; ora fra tutti i pianeti Mercurio è quello che ha la velocità maggiore e quindi risulta quello dove è stata riscontrata l'anomalia.
La precessione del perielio di Mercurio viene perciò considerata la prima conferma sperimentale della teoria della relatività generale.