Bifosfonati
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I bifosfonati (detti anche bisfosfonati o difosfonati) sono una classe di farmaci in grado di inbire il riassorbimento osseo.
Indice |
[modifica] Storia
I bifosfonati vennero sviluppati nel XIX secolo ma fu solamente negli anni 60 del secolo successivo che vennero studiati in relazione alle patologie del metabolismo osseo. Il razionale per l’uso sugli esseri umani era costituito dalla loro capacità d’impedire la dissoluzione dei cristalli d’idrossiapatite, il principale costituente minerale dell’osso. Negli anni 90 tale meccanismo d’azione venne finalmente dimostrato.[1]
[modifica] Chimica
I bifosfonati sono derivati del pirofosfato a cui è il ponte P-O-P è stato sostituito con un ponte P-C-P non idrolizzabile. La presenza di due soli gruppi fosfati rende ragione del nome dato a questo gruppo, bifosfonati appunto.
A questo ponte sono collegate due catene laterali:
- la catena laterale lunga determina le proprietà chimiche, la modalità d’azione e la potenza del farmaco,
- la catena laterale corta è responsabile delle proprietà chimiche e della farmacocinetica del composto.
[modifica] Farmacocinetica
I bifosfonati, tranne il palendromato che si utilizza per infusione endovenosa, vengono somministrati per bocca sebbene meno del 10% della dose utilizzata venga assorbita.
L’assorbimento dei bifosfonati risente assai dell’assunzione contemporanea di cibo (in particolari di alimenti contenenti calcio) per cui si consiglia di assumerli a stomaco vuoto insieme a 1 o 2 bicchieri d’acqua.
Orientativamente, metà della dose assorbita viene escreta in forma immodificata nelle urine. Il rimanente si lega fortemente ai cristalli d’idrossiapatite, soprattutto nelle aree di rimodellamento, da cui viene allontanato in un periodo di mesi od anni.
[modifica] Farmacodinamica
I bofosfonati, sono in grado di aumentare la densità ossea tramite l’inibizione dell’azione degli osteoclasti che appaiono la localizzazione elettiva di tali farmaci. A seguito dell’attivazione dell’osteoclasto e della conseguente dissoluzione dell’idrossiapatite, si determina la liberazione dei bifosfonati precedentemente legati.
Una volta liberato dalla matrice ossea, il farmaco viene a contatto con gli osteoclasti di cui inibisce l’azione.
I meccanismi soggiacenti ad un tale fenomeno sembrano essere differenti a seconda dei diversi tipi di bifosfonati. Essi, infatti, possono essere suddivisi in bifosfonati contenenti o non contenenti azoto.
I bifosfonati che non contengono azoto vengono metabolizzati, a livello cellulare, in composto in grado di competere con l’adenosina trifosfato (ATP), responsabile del metabolismo energetico della cellula, presentandosi come analoghi non idrolizzabili. A seguito di ciò l’osteoclasto va incontro ad esaurimento energetico e conseguente apoptosi.
I bifosfonati contenenti azoto (detti anche aminobifosfonati) sono in grado di bloccare l’enzima farnesil difosfato sintasi, facente parte della via metabolica dell’idrossimetilglutaril-CoA reduttasi (o via del mevalonato). Il blocco di tale via fa sì che non vengano sintetizzati alcuni metaboliti (il farnesolo ed il deranilgeraniolo) essenziali per consentire la modificazione post-traduzionale (detta anche prenilazione) di alcune piccole proteine che, in questo modo, possono legarsi alla membrana cellulare.
Tutto ciò causa una serie d’interferenze nella proliferazione e trasmissione dei segnali nella cellula ed alterazioni della sua morfologia fino alla morte per apoptosi.
[modifica] Usi clinici
I bifosfonati vengono utilizzati per il trattamento dell’osteoporosi, dell’osteite deformante (malattia di Paget dell’osso), delle metastasi ossee (in presenza o meno d’ipercalcemia), del mieloma multiplo e di tutte le altre condizione che possono indurre fragilità ossea. Trovano, in effetti, un ruolo importante nel prevenire l’osteoporosi indotta da un uso cronico di corticosteroidi.
L’acido alendronico e risedronico sono attualmente considerati i farmaci di prima linea. In caso d’insuccesso o di effetti avversi si può ricorrere all’acido etidronico od all’acido pamidronico per infusione endovenosa.
[modifica] Effetti avversi
I principali effetti avversi che si possono verificare consistono in diarrea, nausea e dolori addominali. Con alcuni aminobifosfonati si sono avuti casi di infiammazione ed erosione dell’esofago. Per tale motivo è bene rimanere in posizione seduta od eretta per 30 minuti dopo l’assunzione e si sconsiglia l’uso di questi prodotti in persono con problematiche esofagee.
Un uso continuativo di acido etidronico può interferire con la normale mineralizzazione dell’osso ma tale fenomeno con gli altri bifosfonati è assai contenuto e solo in caso di dosaggi molto elevati.
In rari casi l’uso dei bifosfonati, soprattuto quelli per via iniettiva, è stato associato ad osteonecrosi della mandibola. Per tale motivo alle persone sottoposte a terapia antiblastica ed ad assunzione di corticosteroidi, specie se con scarsa igiene orale, si consiglia di effettuare una visita odontoiatrica prima di assumere tali farmaci.
Raramente i bifosfonati possono determinare la comparsa di disturbi oculari: congiuntivite, uveite, sclerite, episclerite, fotofobia, dolore, anomalie nella visione. In tali casi è bene rivolgersi ad un oftalmologo e valutare la sospensione del farmaco (necessaria in caso di sclerite).
In caso di utilizzo per via endovenosa di bifosfonati si possono verificare effetti avversi in meno del 2% dei casi: infiammazione sistemica (spesso autolimitante) simil-influenzale (febbre, milagia, artralgia, dolore scheletrico), insufficienza renale, sindrome nefrotica (dovute spesso ad un’infusione troppo rapida), alterazioni elettrolitiche (soprattutto ipocalcemia) nonché l’osteonecrosi mascellare ed i problemi oculari precedentemente descritti.
I bifosfonati sono condtroindicati in corso di gravidanza ed allattamento, anomalie esofagee o dello svuotamento gastrico, insufficienza renale, presenza di ipocalcemia.
[modifica] Interazioni
L’assunzione di antiacidi, di calcio o di ferro in contemporanea può limitare l’assorbimento dei bifosfonati.
L’associazione con gli antibiotici aminoglicosidici può aumentare il rischio di ipocalcemia.
L’uso di indometacina può aumentare la biodisponibilità dell’acido tiludronico.
[modifica] Collegamenti esterni
- Guida all'uso dei farmaci: bifosfonati
- Gruppo Italiano per lo studio dei Bisfosfonati
- Farmacovigilanza: patologia oculare da bifosfonati
[modifica] Bibliografia
B.G. Katzung: Farmacologia Generale e Clinica. Quarta edizione italiana; Piccin, Padova.
Mycek MJ, Harvey RA e Champe PC: Farmacologia. Seconda edizione italiana; Zanichelli Editore, Bologna
- ^ Fleisch H. The role of bisphosphonates in breast cancer: Development of bisphosphonates. Breast Cancer Res 2002;4:30–34. PMID 11879557.
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